Non c'è calma dopo la tempesta - Lucy
articolo

Matteo de Mayda

Non c’è calma dopo la tempesta

17 Giugno 2024

Nel 2018 uno scirocco di 200 km orari, anche noto con il nome di tempesta Vaia, ha cambiato per sempre la vita di alcune comunità montane di Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Le conseguenze sugli abitanti e sul loro territorio immortalate in questo reportage sono, purtroppo, ancora in corso.

Nell’ottobre 2018, un evento meteorologico estremo si è abbattuto sull’Italia nord-orientale. Lo scirocco ha soffiato fino a 200 chilometri orari nelle valli dolomitiche, abbattendo circa 14 milioni di alberi. La pioggia incessante ha fatto esondare i torrenti, trascinando a valle tronchi e detriti. Nel volgere di una notte, gli abitanti di alcune comunità montane di Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia si sono trovati con le cantine allagate e le case scoperchiate dal vento. 

A distanza di sei anni, le conseguenze di quella che è poi stata ribattezzata tempesta Vaia sono ancora visibili. Molti alberi sono rimasti a terra, perché raccoglierli è un’operazione complessa, che richiede esperienza e risorse. Del loro legno si nutre il Bostrico tipografo, un coleottero parassita che dalle piante morte passa a quelle ancora in piedi, generando un danno sei volte maggiore di quello della tempesta. Inoltre, gli alberi caduti non svolgono più la loro funzione di argine contro frane e valanghe, e i letti dissestati dei torrenti non sono più in grado di incanalare e contenere l’acqua. Mentre gli esperti e la gente del luogo si rimboccano le maniche per riportare la situazione alla normalità, il danno economico complessivo è stato stimato in tre miliardi di euro.

Io sono nato a Treviso, a pochi chilometri dalle zone colpite, e la mia ricerca visiva è focalizzata su cause sociali e ambientali. Da cinque anni documento le conseguenze meno visibili della tempesta Vaia, con l’intento di andare oltre la semplice rappresentazione degli alberi abbattuti. Il mio progetto – che accorpa foto d’archivio e di reportage, immagini satellitari e al microscopio, testimonianze della comunità e teorie scientifiche – si chiama There’s no calm after the storm, e si prefigge di analizzare quanto è accaduto con il distacco temporale necessario a comprendere meglio responsabilità e prospettive, sensibilizzando il pubblico sul tema dell’emergenza climatica e sull’equilibrio fragile tra l’azione dell’uomo e la tenuta degli ecosistemi.

Oggi, There’s no calm after the storm sta diventando un libro realizzato in collaborazione con il giornalista Cosimo Bizzarri, i dipartimenti TESAF e DAFNAE dell’Università di Padova e il CNR di Bologna. È possibile pre-acquistarne una copia partecipando a una campagna crowdfunding.

Non c’è calma dopo la tempesta -

Vecchie cartoline delle zone colpite da Vaia nelle regioni Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia. Oggi, cartoline come queste sono sovrapposte alle immagini del post-Vaia per valutare la superficie di bosco che è andata distrutta a causa della tempesta.

Non c’è calma dopo la tempesta -

Alberi caduti e marchiati col colore fucsia durante una serie di test effettuati con la dinamite per verificare la possibilità di ripulire il terreno da ceppaie e detriti tramite esplosioni. Altopiano di Asiago (Vicenza).

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Un’immagine dei boschi vicino a Livinallongo del Col di Lana (Belluno). Scattata con la tecnologia LIDAR ed elaborata dal Dipartimento TESAF dell’Università di Padova, permette di distinguere gli alberi caduti da quelli ancora in piedi.

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Un elicottero rimuove alcuni alberi caduti da un sentiero vicino a Digonera (Belluno).

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Gli Òlt da Riva, costumi tradizionali di Rivamonte Agordino (Belluno), una delle zone più colpite dalla Tempesta Vaia.

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I segni del Bostrico tipografo sugli alberi abbattuti, vittime designate per questo coleottero parassita che si ciba di corteccia e di piante morte o in procinto di morire.

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Test di trazione ciclici effettuati nella Foresta del Cansiglio (Belluno) per studiare gli effetti di stress ripetuti sulla stabilità dell’abete rosso. Nello specifico, i dati sono utilizzati per valutare la risposta elastica della specie ai disturbi da vento.

Non c’è calma dopo la tempesta -

Microartropodi fotografati al microscopio presso l’Università di Padova. Gli acari e i collemboli sono molto sensibili ai cambiamenti microclimatici, per questo vengono utilizzati dai ricercatori per monitorare l’evoluzione biologica degli ecosistemi forestali colpiti da Vaia.

Non c’è calma dopo la tempesta -

A sinistra: un albero sradicato dalla Tempesta Vaia in val di Fiemme (Bolzano).  

A destra: un esemplare di abete rosso appena ripiantato nel corso di un progetto di riforestazione in Val di Fiemme (Bolzano).

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L’Om Salvarech (Uomo Selvatico) è una figura ricorrente del folklore alpino, soprattutto nelle montagne bellunesi. È rappresentato come uno spirito solitario dei boschi, che funge da mediatore tra l’uomo e la natura. Rivamonte Agordino (Belluno).

Matteo de Mayda

Matteo de Mayda è fotografo, reporter, insegnante di fotografia. Suoi lavori sono usciti su importanti riviste nazionali e internazionali.

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