Salvatore Papa
Nei giorni successivi all’alluvione, a Bologna si è creata una situazione quasi paradossale: mentre studenti e residenti spalavano il fango, l’amministrazione dava ai turisti libero accesso alle aree del centro.
Elena, 23 anni, è originaria di Catania e si è trasferita a Bologna quattro anni fa per studiare Filosofia: “Sabato sera – racconta – avevo organizzato una cena con alcuni amici, ma già nel tardo pomeriggio pioveva tantissimo. Alcuni non sono riusciti a raggiungerci, e con gli altri siamo rimasti incollati al telefono, increduli di fronte a quello che stava succedendo. Il giorno dopo ho comprato un paio di stivali dal negozio sotto casa e ci siamo dati appuntamento in via Andrea Costa per dare una mano”. Elena è una delle tante studentesse e studenti che hanno affrontato il fango per aiutare la città colpita dall’alluvione di sabato 19 ottobre, imbracciando pale, svuotando cantine e ammassando rifiuti ricoperti di melma ai lati delle strade, persino prima che l’intervento istituzionale potesse organizzarsi. Una scena simile si era già vista durante l’alluvione del 3 e 4 maggio 2023 in Romagna: i cosiddetti “angeli del fango” – espressione nata nel 1966 per descrivere i volontari che accorsero da tutta Italia per prestare soccorso nella Firenze alluvionata – arrivano sempre per primi, e sono per lo più ragazze e ragazzi giovanissimi.
“Questa città è la mia seconda casa: se il fango entra in casa, la prima cosa da fare è correre a dare una mano, spalando” mi dice Riccardo, 25 anni, studente di Ingegneria originario di Potenza, mentre aiuta, come anello di una lunga catena umana, a spostare una pila di fumetti fradici.
Secondo l’Arpae – l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell´Emilia-Romagna –, sabato 19 ottobre, su Bologna è caduta in poche ore una quantità di pioggia equivalente a quella di due mesi autunnali, facendo straripare i torrenti Ravone, Savena, Zena e Idice. Il Ravone, in particolare, che scorre tombato sotto gran parte della città, in alcuni punti è addirittura esploso dal sottosuolo. L’acqua – come ha spiegato il metereologo Federico Grazzini, che studia il Ravone da molti anni e che già da tempo aveva previsto i rischi –, avendo completamente riempito la tombatura e sormontato il suo imbocco, ha mandato in pressione il condotto facendolo esplodere.
Nonostante ciò, una vasta parte della città è stata risparmiata dalla furia dei torrenti, e nella quasi totalità delle vie del centro sembrava non fosse successo nulla. Il giorno dopo, domenica, il Quadrilatero attorno a Piazza Maggiore brulicava come sempre di turisti e dell’alluvione non c’era nessuna traccia; persino il canale delle Moline sotto la famosa finestrella “instagrammata” di via Piella era asciutto. Da un lato, dunque, c’erano cittadini e studenti intenti a spalare fango; dall’altro, turisti che si godevano la vacanza tra selfie e taglieri, spesso inconsapevoli della situazione. Qualcuno potrebbe aver trovato difficoltà a spostarsi o a raggiungere il proprio Airbnb, ma mentre muoversi in auto o in bus era quasi impossibile, ha funzionato perfettamente il People Mover, la monorotaia sopraelevata costruita tra tante polemiche per collegare l’Aeroporto alla Stazione Centrale.
Il turismo nel disastro
C’è un turismo dei disastri, ma esiste anche un turismo nel disastro. E Bologna, in questi giorni, è stata un esempio di come il turismo si sviluppi quasi sempre attorno a una “safe zone” capace di isolare i visitatori dalla realtà esterna, riducendo al minimo i rischi dell’esperienza vacanziera.
Qualche giorno dopo l’alluvione Mattia Santori, ex sardina oggi consigliere del PD con delega al Turismo, si è, infatti, affrettato a rassicurare che tutto era “fruibile” e che “gli impatti sono stati localizzati”. “Non abbiamo registrato flessioni dal punto di vista turistico” ha sottolineato. “Sappiamo che abbiamo alcune famiglie e alcuni territori in grossa difficoltà, però rispetto all’alluvione del 2023 questa è più circoscritta”.
Questa doppia realtà ci riporta ai paradossi delle città che mentre sostengono lo sviluppo turistico, fanno i conti con i suoi molteplici e pericolosi effetti collaterali.
Da un lato, i visitatori, che arrivano sempre più numerosi, diventano il fulcro del tessuto economico, causando un’impennata generale del costo della vita. Dall’altro, la crisi abitativa generata dalla proliferazione degli affitti brevi colpisce le fasce più deboli della popolazione e, nelle città tradizionalmente universitarie, incide soprattutto sugli studenti, trasformati anch’essi da risorsa culturale in voci di mercato (o “city users”).
“C’è un turismo dei disastri, ma esiste anche un turismo nel disastro. E Bologna, in questi giorni, è stata un esempio di come il turismo si sviluppi quasi sempre attorno a una ‘safe zone'”.
Confabitare, l’associazione dei proprietari immobiliari, stima che a Bologna ci siano oltre 4000 appartamenti destinati al turismo, e secondo uno studio di HousingAnywhere, piattaforma online per l’affitto a medio termine, nel 2024 la città ha registrato il più alto aumento dei prezzi di locazione in Europa, con un incremento del 20,2% per l’affitto di una stanza singola, che ora costa mediamente 720 euro al mese. Questo prezzo supera, secondo lo studio, addirittura quello di Milano, fissato a 715 euro, e supera anche l’aumento di città come Parigi, che ha visto un incremento del 18,3%. Di qualche giorno fa, inoltre, la notizia di un appartamento di 8 metri quadri messo in affitto a 600 euro, un caso eclatante tra quelli presenti sui vari portali di ricerca che presentano una metratura al di sotto del limite previsto dalla legge (abbassato da 28 a 20 mq dopo l’ultimo decreto cosiddetto “salva casa” presentato dal Ministro Matteo Salvini).
Eventi come l’ultima alluvione dimostrano, invece, che esistono due forme di ricchezza che difficilmente possono coesistere: quella generata dall’economia turistica, che si concentra nelle mani di pochi e sfrutta e impoverisce i territori con la consueta logica estrattiva, e quella dell’energia giovanile e studentesca, progressivamente allontanata dalle politiche turistiche, ma capace di rafforzare il tessuto vitale della città e attivarsi nei modi più originali anche nei momenti più difficili.
Quale ricchezza?
Uno dei casi più emblematici, nato grazie alla collaborazione di diverse realtà sociali e politiche di Bologna animate perlopiù da giovani studenti e studentesse, è quello di PLAT, piattaforma di intervento sociale nata nel 2020 per costruire percorsi collettivi su questioni come reddito, salario, politiche abitative e giustizia climatica. Già nel 2023 PLAT aveva coordinato gruppi e individui in iniziative di volontariato, reperimento di fondi e materiali per sostenere le comunità colpite dall’alluvione in Romagna, mettendo insieme centinaia di persone che ogni giorno, da Bologna, raggiungevano le zone allagate. “Sapevamo che sarebbe stata solo questione di tempo – racconta Giovanni – e quando la crisi climatica ha presentato il conto anche all’interno della città eravamo già pronti a intervenire. Bologna ha reagito in modo incredibile, attivandosi con migliaia giovani e giovanissimi, ragazzi e ragazze dai 15 ai 30 anni. Una partecipazione massiccia, che non si vedeva dai tempi della Strage alla stazione del 1980”. Sin da subito, grazie alla collaborazione con gli scout Agesci, che avevano costituito un presidio all’interno del cortile della parrocchia di San Paolo del Ravone in via Andrea Costa, ogni giorno dalle 9.30 PLAT ha organizzato le squadre di aiuto dopo aver raccolto direttamente le segnalazioni dei cittadini, sopperendo alle falle della macchina statale e istituzionale. “Quello che facciamo è mettere in connessione le persone per cercare di cambiare le cose tutti assieme, contro l’isolamento che la società tende a creare, addossando i problemi sui singoli”.
Non è un caso che PLAT si occupi anche di emergenza abitativa. Oltre a impegnarsi quotidianamente nei picchetti anti-sfratto, diventati sempre più frequenti con l’aumento dei canoni locativi, nel 2023 la Piattaforma ha aiutato alcune famiglie a occupare una palazzina vuota di proprietà di ASP Bologna (ente facente capo al Comune) in via Raimondi 14, nel rione Bolognina, facendo nascere un’esperienza denominata “Radical Housing Project – Condominio Sociale”. “Radical Housing – scrivevano nel documento politico – è un esperimento che vuole lottare affinché i flussi di denaro che arrivano a Bologna siano destinati a chi soffre di più le tante crisi che viviamo, e promuovere nuovi modelli di abitare che parlino anche del rilancio dell’edificazione di case popolari con assegnazione diretta, da costruire (anche) attraverso l’utilizzo delle tasse di soggiorno che invece che accelerare ulteriormente il turismo devono essere spese in questa direzione”. A luglio di quest’anno, dopo diverse minacce di sgombero, PLAT è riuscito infine a ottenere la promessa da parte del Comune di Bologna che lo stabile verrà ristrutturato e destinato a persone in difficoltà grazie a una convenzione trentennale fra Acer (la proprietà) e il Comune stesso.
È una buona notizia, che certo non basta, ma ci ricorda che, prima di Ryanair e Airbnb, Bologna ha costruito la propria storia recente grazie ai movimenti giovanili, molti dei quali oggi chiedono un cambio radicale di rotta, nonostante la costante repressione messa in atto.
Neutralità turistica
Non si può, poi, non considerare che la questione del turismo incrocia in maniera determinante quella del riscaldamento globale, responsabile delle sempre più frequenti alluvioni in Emilia-Romagna.
Secondo il rapporto “Consumo e Ambiente” dell’Unione Europea, il turismo è la quarta causa di inquinamento ambientale in termini di emissioni di gas serra, consumo di risorse naturali, produzione di rifiuti e impatto sugli ecosistemi locali. La maggior parte dell’inquinamento turistico deriva dai trasporti, con il settore aereo responsabile di circa il 40% delle emissioni globali. Si stima, inoltre, che il turismo globale contribuisca per l’8% alle emissioni mondiali di gas serra. È un dato rilevante soprattutto per una città come Bologna che basa la sua fama turistica su tipicità gastronomiche, come mortadella e tortellini, derivanti dagli allevamenti intensivi di suini, che sono a loro volta tra i maggiori produttori di metano e protossido di azoto, gas con un impatto sul riscaldamento globale rispettivamente 28 e 265 volte superiore a quello della CO₂.
Che sia stato il riscaldamento globale a causare le violente precipitazioni in Emilia Romagna l’ha spiegato bene, tra i tanti, il meteorologo Mattia Gussoni dell’Università di Torino, ricordando che a luglio la temperatura dell’Adriatico ha raggiunto i trenta gradi, trasformando il Mare in “una sorta di vaporiera che fa svanire enormi quantità d’acqua”, poi condensatesi in piogge torrenziali.
“Non si può non considerare che la questione del turismo incrocia in maniera determinante quella del riscaldamento globale, responsabile delle sempre più frequenti alluvioni in Emilia-Romagna”
Bologna è stata selezionata nel 2022 dalla Commissione Europea tra le 100 città che lavoreranno per la neutralità climatica entro il 2030, 20 anni prima rispetto al traguardo dell’Unione Europea. “L’obiettivo – si legge – è affrontare la crisi climatica, migliorare la qualità dell’aria e la salubrità dell’ambiente urbano, ma anche contrastare le condizioni di povertà energetica e assumere un posizionamento di mitigazione rispetto ai conflitti globali legati ad una economia ancora basata essenzialmente sui combustibili fossili”.
Ma siamo sicuri che sia un risultato raggiungibile senza prima neutralizzare il turismo?
Salvatore Papa
Salvatore Papa è caporedattore di «Zero» a Bologna. Si occupa e scrive di cultura, luoghi ed eventi.
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