Alessandro Beretta
Dato per perso e ritrovato dopo più di un secolo in una soffitta in Cile, "The Scarlet Drop" è il vecchissimo-nuovo film di John Ford. La vicenda ha dell'incredibile e dimostra quanto grande sia ancora l'influenza del regista americano.
Ritrovare una pellicola del grande John Ford dopo 106 anni, dimenticata in un magazzino in via di demolizione a Santiago del Cile in un mucchio di film insieme ad altre bobine, è quel genere di cose per cui i cinefili si commuovono, piangendo in bianco e nero di gioia. Si tratta di The Scarlet Drop (La goccia scarlatta), un western muto di Ford, che al tempo si firmava ancora Jack, girato insieme al suo primo attore feticcio: Harry Carey, protagonista di ben ventisei film del regista (con l’altro e ben più noto attore fordiano per eccellenza, John Wayne, saranno quattordici i titoli).
Il film è stato proiettato per la prima volta il 20 settembre 2024 in apertura del del 28º Festival de Cine Recobrado de Valparaíso in una copia digitale in 4K che, a parte minimi ritocchi, rispetta lo stato di deterioramento della pellicola originale e di cui, per ora, non ci sono progetti di distribuzione. Un’anteprima unica, dato che del lungometraggio si erano perse le tracce già dall’uscita ufficiale, nell’aprile 1918, fino a quando nel gennaio 2023, a un giorno dall’abbattimento del deposito, il padrone dell’immobile ha dato un’occhiata a quanto rimaneva lì dentro e ha trovato una pila di vecchie pellicole, abbandonate dopo la morte di un collezionista locale di film muti quarant’anni prima. Il sospetto che ci fosse qualcosa di prezioso è stato confermato da Jaime Cordova, professore all’Università di Vina del Mar e Valparaiso e direttore del Festival cileno dedicato al cinema ritrovato. Il tesoro era una copia, comunque mancante di uno dei tre rulli originali, di questo western considerato disperso per decenni: uno dei buchi nella sterminata filmografia del regista, 137 film dal 1917 al 1970, e di cui si avevano dei frammenti conservati al Getty Archive di Los Angeles (visionati solo da Joseph McBride e Michael Wilmington per l’ultima edizione del loro monumentale John Ford, uscito a marzo per la University Press of Kentucky).
La copia era probabilmente per il mercato sudamericano, priva di didascalie (consumate dal tempo), molto rovinata (segno che era stato proiettato molte volte), ma finalmente visibile. Cordova, parlando con la rivista di cinema online Cinentransit, ha aggiunto romanticamente: “Ci sono film che decidono di vivere. Questo che ha 106 anni ed è stato conservato in condizioni ignote, ha deciso di farsi conoscere e l’ho trovata una cosa miracolosa”. Il film in sé, peraltro, conferma dei tasselli dell’immaginario fordiano, fin dalla prima inquadratura che mostra un riconoscibile e crucciato Abramo Lincoln nel suo ufficio. Lincoln, infatti, tornerà in ben cinque titoli di Ford, tra cui l’indimenticabile Young Mr Lincoln (1939) dove a vestire i panni del giovane presidente, nei suoi anni da avvocato militante, troviamo un giovane Henry Fonda. Altri tratti poetici, costanti nell’opera di Ford, come sciogliere dei momenti di tensione con dei lampi di commedia, sono già presenti e Ford, per dirla con un mantra da appassionati, sembra già John Ford (anche se il regista, nato come Sean O’Feeney nel 1894, firmerà così il suo primo titolo nel 1923).
“Ritrovare una pellicola del grande John Ford dopo 106 anni, dimenticata in un magazzino in via di demolizione a Santiago del Cile in un mucchio di film insieme ad altre bobine, è quel genere di cose per cui i cinefili si commuovono”.
Riguardo alla storia, è poi uno scontro tra sinossi differenti, dato che la copia riversata in digitale e mostrata in Cile manca comunque del rullo centrale tra i tre che componevano il film. Di certo, il personaggio interpretato da Harry Carey, Kaintuck, è parte di una famiglia povera, cerca di arruolarsi per la Guerra Civile, viene deriso e rifiutato e diventa un bandito. Successivamente, a guerra finita, un altro episodio ne dimostrerà l’originale bontà. Già in questo caso, come in tanto successivo cinema di Ford, il carattere del personaggio principale non è mai manicheo, impostato su un netto contrasto tra bene e male, ma in evoluzione e conflitto. Inoltre – un dettaglio da filologi del western – il fatto che il cattivo di turno sia nascosto in soffitta viene svelato da una goccia di sangue (ovvero “la goccia scarlatta” del titolo) che cade in un bicchiere. Un espediente che verrà ripreso ben quarant’anni dopo in una celebre scena di Un dollaro d’onore (Rio Bravo, 1959) di Howard Hawks.
Che il fascino di John Ford sia intramontabile, oltre agli apprezzamenti storici di altri grandi maestri – a partire da Orson Welles che divorò Ombre rosse (Stagecoach, 1939) per girare il suo Quarto Potere (Citizen Kane, 1941), fino al cameo di David Lynch che lo interpreta in The Fabelmans (2022) di Steven Spielberg – lo confermano anche le continue pubblicazioni che ne indagano l’opera anche in ambiente italiano. Tra queste, segnaliamo il recente Ford: Sentieri selvaggi (Corbaccio) di Giaime Alonge dedicato a The Searchers (1956) e il brillante Il mondo secondo John Ford (Jimenez edizioni) di Alberto Crespi, uscito l’anno scorso per il cinquantenario della morte del regista, che ne attraversa l’opera con un appassionante taglio tematico a partire dai personaggi di Stagecoach.
La coerenza del mondo di Ford, regista schivo nelle rare interviste, dove il mito della frontiera abbraccia le lotte dell’animo umano tra tagli di inquadrature perfetti, rimane salda e inimitabile, come il suo mito. Ford è tuttora imbattuto come vincitore di quattro Oscar alla regia (più altri due per dei documentari) e, giusto per rafforzarne la leggenda e l’unicità all’interno di Hollywood, nessuno dei quali ricevuto per un western.
Alessandro Beretta
Alessandro Beretta è organizzatore culturale e critico freelance. Collabora al «Corriere della Sera», dal 2001, e all’inserto “La Lettura” occupandosi di narrativa italiana.
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