Alessandro Fabi
Tra bestseller, classici da ombrellone e gialli intramontabili, una mappa delle letture balneari in Italia.
In quanto osservatorio privilegiato, le spiagge rappresentano una smentita dell’assunto secondo cui si sarebbe smesso di leggere. Una simile constatazione potrà risultare indigesta per chi (me compreso) adotterebbe d’istinto posizioni apocalittiche, ma il dato è oggettivo: non solo al mare si legge (e molto), ma il cartaceo gode di una vitalità sorprendente. È cambiata se mai la qualità della lettura, pratica non da oggi in crisi di identità. Lungi dall’essere un indicatore attendibile circa l’effettivo stato del mercato librario, forte di stime ufficiali che peraltro certificano una crisi, la prospettiva fornita dalla sdraio permette di isolare tendenze e linee generali. Ciò tenendo presenti – in parallelo – altre casistiche tipiche: penso ai lettori da treno, che se non alle prese con dispense o manuali sembrano aver calibrato la propria scelta in base alla peculiarità della tratta, e al sottobosco delle stazioni di book crossing, dove la statistica vuole finiscano mattoni indesiderati, tomi di scarsa fortuna ed edizioni in traduzioni ormai datate (e dove, senza volerlo, ho scoperto validi b-sides di cui avrei altrimenti ignorato l’esistenza: esempi in tal senso possono essere il Saul Bellow de Il dono di Humboldt o l’Umberto Eco di Numero Zero).
Quanto alla spiaggia, la situazione è senz’altro complessa. Tramontata l’epoca in cui il lettino fungeva da pretesto per aggredire il malloppo da cinquecento pagine che mai si sarebbe trovato il tempo di consumare, non si è comunque arrivati al trionfo di giornali di gossip o altri prodotti frivoli, che pure non mancano: mi pare piuttosto che al libro si richieda sempre più di fluire, di “andare giù” con facilità per favorire il contesto vacanziero. Poste queste premesse, e appena tornato – confesso – da due settimane di Riviera Adriatica in cui ho avuto modo di rafforzare alcune convinzioni ma soprattutto di demolirne, distinguerei quattro macro-categorie che mi paiono racchiudere in sé – anche se in modo sommario – i tratti principali del panorama libresco che si è delineato ai miei occhi. Solo un’ultima avvertenza: tenderei a considerare a parte l’universo giovanile – o meglio adolescenziale –, dato che si tratta di un mondo in via di definizione e condizionato dagli immancabili compiti per le vacanze, in cui ad oggi è d’obbligo la mitologia filtrata da Madeline Miller (cui si devono i fortunatissimi The song of Achilles e Circe), così come non mancherà mai una copia de Il giovane Holden sfogliata controvoglia per colpa di un insegnante ancorato alla tradizione (ma merita una menzione l’esemplare de Le avventure di Tom Sawyer che ho adocchiato sul telo da mare di una giovane lettrice: con ogni probabilità, un’altra assegnazione estiva).
Il primo gruppo di opere, che non passano inosservate poiché è lo stesso oggetto ad essere stato concepito per questo scopo, include autori “di genere” e, nel rispettivo genere, immortali. Tra colori accesi e caratteri cubitali, non di rado con riflessi dorati, troneggiano i nomi di colossi del mondo anglofono che hanno partorito un’infinità di best-seller. Mi riferisco in particolare a Patricia Cornwell, Ken Follett, John Grisham e Wilbur Smith. Quali le ragioni? Forse, dando uno sguardo a quante trame si siano poi trasformate in sceneggiature, un punto forte potrebbe essere proprio la natura “adrenalinica” delle stesse, di norma a cavallo tra l’avventuroso e il poliziesco.
“Tramontata l’epoca in cui il lettino fungeva da pretesto per aggredire il malloppo da cinquecento pagine che mai si sarebbe trovato il tempo di consumare, non si è comunque arrivati al trionfo di giornali di gossip o altri prodotti frivoli, che pure non mancano”.
E in effetti Cornwell, statunitense pubblicata in esclusiva da Mondadori fin dal 1992, deve molto alla sua Kay Scarpetta, medico legale che risolve casi di omicidio; il gallese Follett si è barcamenato tra spionaggio e ricostruzioni storiche, così come Grisham, dall’Arkansas, è a sua volta un punto fermo del cosiddetto “giallo giudiziario” (e per entrambi si parla di uscite a cadenza annuale e di esclusiva Mondadori); Smith, unico sudafricano della lista (ma originario dello Zambia) e morto nel 2021, si è specializzato in romanzi storici e in Italia ha avuto una vicenda editoriale più variegata (lo hanno pubblicato Tea, Longanesi, HarperCollins e Mondadori). Pur dovendo confessare di non aver mai letto una sola riga degli autori in questione, mi riservo di farlo in futuro. Il punto è non degradarli a semplice letteratura di consumo: se anzi assolvono il compito di alimentare l’interesse per la lettura, va dato loro pieno merito. Lo stesso può dirsi di Danielle Steel, che con la sua narrativa “rosa” continua ad attrarre nuovi seguaci e a non deludere quelli di lungo corso, o Sophie Kinsella, il cui successo è ben attestato anche in Italia.
Il secondo blocco – anch’esso appannaggio di autori stranieri in traduzione italiana – ha un prezzo ben preciso, che coincide con gli 11.90 con cui Feltrinelli – molto presente nelle località balneari – mette in vendita due libri della Collezione Universale Economica: si tratta perlopiù di nuovi classici del secondo Novecento. Dunque, anche nell’estate del 2025, è possibile veder circolare copie di Kitchen di Banana Yoshimoto, de Il buio oltre la siepe di Harper Lee, di Tropico del cancro di Henry Miller e de La casa degli spiriti di Isabel Allende. Lo stesso vale per Jonathan Coe, che oltre a La casa del sonno compare spesso con La banda dei brocchi, Marguerite Duras, con il suo L’amante, e Joseph Conrad, a sua volta presente con due titoli quali Cuore di tenebra e La linea d’ombra, senza dimenticare Crash di Ballard. Posso, ancora, basarmi sulla mia esperienza: mi è capitato di leggere per la prima volta molti dei titoli qui elencati proprio durante l’estate o in villeggiatura. E una volta vinte le mie resistenze, il risultato è stato regolarmente uno: lo smantellamento – pezzo per pezzo – di pregiudizi che avevo costruito nel corso di anni per tutto ciò che apparteneva al mainstream.
Mi pare invece che la terza categoria, esclusivamente italiana, includa pubblicazioni etichettate come “casi letterari”, con riferimento non solo all’estate in corso ma in generale all’ultimo decennio. La definizione è nebulosa e può voler dire poco o nulla: spesso si tratta di autori che hanno avuto a che fare con la televisione o hanno, in vario modo, conosciuto una significativa risonanza mediatica. Nel novero dei titoli estivi, è possibile scorgere qualche volume proveniente direttamente dallo Strega: solo limitandomi all’ultima edizione, ho avuto modo di registrare l’apparizione di un Andrea Bajani e un Paolo Nori. Proprio quest’ultimo mi sembra rappresentare un caso esemplare: senza entrare nel merito del suo libro più recente, Chiudo la porta e urlo, un picco di popolarità è stato raggiunto a partire dal celebre caso delle lezioni milanesi di letteratura russa “cancellate” nel 2022.
In modo analogo, ma per ragioni diverse, mi sento di includere nella stessa risma due autrici i cui libri ho visto circolare nella stessa spiaggia, a pochi passi l’uno dall’altro, quasi a riprova del segno che il legame tra le due ha lasciato impresso nella mente di molti: prima ho notato un esemplare di Tre ciotole di Michela Murgia; poco dopo, una copia di C’è chi dice e c’è chi tace, di Chiara Valerio. Un discorso simile, quanto a popolarità, può essere fatto per singoli libri come La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano o Le piccole libertà di Lorenza Gentile, ma anche per personaggi come Massimo Recalcati e Giorgio Faletti (non solo con Io uccido), più che presenti nelle estati italiane e, davvero, “televisivi” in senso ampio nel corso della propria carriera. E se recentemente ho visto qualcosa di Chiara Gamberale e Nadia Terranova, un posto d’onore spetta a Gianrico Carofiglio, che a partire da La manomissione delle parole è entrato di diritto tra i più letti nell’Italia contemporanea.
“C’è, infine, un calderone che riunisce italiani e stranieri: mi riferisco, come è ovvio, alla giallistica, che non smette di esercitare un fascino irresistibile su un pubblico sempre vasto”.
C’è, infine, un calderone che riunisce italiani e stranieri: mi riferisco, come è ovvio, alla giallistica, che non smette di esercitare un fascino irresistibile su un pubblico sempre vasto. Il trionfatore assoluto del settore è ben noto, trattandosi di Andrea Camilleri: contribuisce – assieme ai già citati Valerio e Carofiglio (giallista a sua volta), o a colleghi come Marco Malvaldi – ad alimentare lo strapotere di Sellerio. Rispetto ai numeri collezionati da Montalbano in spiaggia, impallidiscono persino istituzioni come Agatha Christie: si può concorrere solo per il secondo posto. Il quale è, mi pare, oggetto di un ex aequo: di molto staccati, ma comunque ampiamente diffusi, risultano Georges Simenon e Manuel Vázquez Montalbán. Per entrambi mi ha colpito un fatto: c’è una vita oltre Maigret e Pepe Carvalho, che per giunta si ricollega a filoni tematici a oggi molto molto battuti e di cui gli scrittori in questione sono stati dei precursori. Dunque, accanto alle storie del commissario, Simenon è particolarmente apprezzato per i reportage diaristici legati al viaggio (per esempio Mediterraneo in barca) e per trame di tenore sentimentale (Tre camere a Manhattan); a proposito di Vázquez Montalbán, d’altra parte, è evidente il grande peso riservato al cibo, elemento centrale del quotidiano di Carvalho e Biscuter, ma anche argomento di opere come Ricette immorali.
E io cos’ho letto? Senza fare eccezione, questi mesi mi hanno portato tra l’Enrico Brizzi di O la va o la spacca, il Nicolai Lilin di Spy story love story, il Luciano De Crescenzo di La distrazione e una rilettura di Agostino di Moravia. Poi è toccato a Gianni Brera, Jorge Luis Borges, Valerio Aiolli, Carlo Levi: senza fare eccezione, sono andato alla ricerca di una certa godibilità. E, anche nel mio caso, non ho potuto prescindere dai veri dominatori di ogni viaggio, vacanza e spiaggia d’Italia: sto parlando della famiglia Bartezzaghi, e della benemerita Settimana Enigmistica.
Alessandro Fabi
Alessandro Fabi è docente di liceo e dottore di ricerca in filologia classica. Collabora con alcune riviste, su cui scrive di libri, sport e cultura di massa.
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