Iconografie XXI
30 Ottobre 2024
La salute mentale è uno dei temi cardine dell'ultimo ventennio. La reclamiamo come un diritto e allo stesso tempo la sentiamo sgretolarsi. Iconongrafie ha raccolto per Lucy dieci immagini iconiche che riflettono il rapporto che il mondo di oggi intrattiene con il disagio psichico e le sue manifestazioni più cupe.
Guerre, crisi sociali e culturali, collasso climatico, rivoluzioni tecnologiche, polarizzazioni politiche: il mondo di oggi fa paura, quello di domani è più incerto che mai e per le nostre teste non è mai stato così difficile stare al passo con quello che ci circonda. Contestualmente, le società contemporanee hanno sviluppato una maggiore sensibilità per l’equilibrio mentale, rivendicandolo come un diritto. Il nostro stato di salute mentale diventa però anche una lente attraverso cui esplorare da una parte i traumi collettivi e individuali che derivano dal mutamento del mondo e delle nostre vite; dall’altra l’impatto che le nostre fragilità a loro volta hanno sulla società, che ne viene di conseguenza modificata. Dal Brasile a Gaza, da Kiev a Oslo, abbiamo raccolto per voi dieci momenti chiave della contemporaneità in cui la salute mentale è stata al centro del racconto.
Gaza, Palestina, ottobre 2024
Da molto prima del 7 ottobre 2023 i cittadini e le cittadine palestinesi hanno sofferto le condizioni disumane in cui vivono da molti anni a causa del controllo e della violenza israeliana.. Uno degli aspetti meno analizzati del conflitto è proprio quello delle sue ripercussioni sulla salute mentale dei gazawi. Nel novembre 2013 il giornalista Jonathan Cook ha scritto su «al-Jazeera» la storia del neologismo zenana, con cui gli abitanti di Gaza indicano il fastidio provocato dal rumore dei droni israeliani, un suono che accompagna ogni minuto della vita nella Striscia e che per migliaia di palestinesi rappresenta il suono della morte. “C’è un grande senso di insicurezza”, dice a Cook Ahmed Tawahina, uno psicologo che gestiva cliniche a Gaza. “Nessun posto è sicuro per i bambini e sentono che nessuno può offrire loro protezione, nemmeno i loro genitori. Questo traumatizza sia i bambini sia i genitori, che sentono di fallire nella loro responsabilità più fondamentale”. Nella foto si vedeRenad Atallah, in posa con traccianti sganciati da droni israeliani.
Kiev, Ucraina, febbraio 2022
La guerra e le sue conseguenze per la tenuta mentale di chi la vive non sono una triste esclusiva dei palestinesi. Nel febbraio 2022, con l’inizio dell’invasione russa, la vita degli ucraini è stata stravolta: c’è chi è rimasto ferito, chi oggi è sfollato, chi – come in foto – ha passato interminabili ore nei rifugi. Tutto questo ha avuto un grave impatto sulla salute mentale degli ucraini, come si legge dai dati del Ministero della Salute ucraino: nel 2024 il numero di pazienti che lamentano disagi psichici è raddoppiato rispetto al 2023, mentre le vendite di antidepressivi sono aumentate di quasi il 50% dal 2021. Uno studio della rivista medica The Lancet rivela che il 54% degli ucraini oggi soffrirebbe di disturbo da stress post-traumatico.
Stati Uniti, giugno 2024
Il 27 giugno 2024 si è tenuto il primo dibattito tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti Joe Biden e Donald Trump. Doveva essere il momento nel quale si iniziava a fare sul serio, ma per il candidato democratico ha rappresentato la fine della sua carriera politica e del suo ruolo istituzionale.. Fin dall’inizio del dibattito Biden è apparso confuso nell’esposizione delle idee; ha iniziato a balbettare, incapace di proseguire, e Trump non si è fatto sfuggire l’occasione di evidenziare la fragilità del rivale: “non so cosa abbia detto e credo non lo sappia neanche lui”, ha commentato a un certo punto, dopo una risposta particolarmente incomprensibile di Biden. La tenuta mentale del presidente degli Stati Uniti era stato il grande tabù che aveva accompagnato la sua campagna elettorale, e da quel momento è stato ufficialmente rimosso. . Il dibattito ha definitivamente convinto il Partito che Biden non fosse fisicamente in grado di servire come presidente, e ha aperto la strada alla candidatura di Kamala Harris.
Tel Aviv, Israele, novembre 2023
Con la nuova attenzione delle società occidentali per la salute mentale, si è assistito a un sempre maggiore incremento delle attività che servono a prendersene cura. Tra queste, la più fortunata è probabilmente lo yoga, capace di ridurre i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), migliorare la concentrazione e promuovere una sensazione di calma e benessere generale. Curiosamente, per tanti dei suoi praticanti, lo yoga è diventato un vero e proprio tratto identitario, in grado di definire e strutturare un gruppo di persone e, di fatto, sostituirsi alla politica. Aancora più curiosamente, questa pratica ha avuto un ruolo nelle proteste del popolo israeliano all’indomani del rapimento degli ostaggi da parte di Hamas il 7 ottobre: nel novembre 2023, a Tel Aviv, è stato organizzato un flash mob per chiedere la liberazione degli ostaggi consistente in una sessione di yoga collettiva.
San Diego, California, Stati Uniti, aprile 2020
Durante la pandemia di Covid-19 nel 2020, ogni Stato ha subito un rapido e pericoloso processo di polarizzazione; inviti a “restare uniti”, all’empatia e alla solidarietà umana hanno presto lasciato il posto ad un noi contro voi: da una parte chi si affidava alla comunità scientifica e prendeva sul serio la pericolosità del virus, dall’altra chi pensava fosse una banale influenza – e questo già molto prima che entrassero in gioco elementi effettivamente politici, come le discussioni su obbligo vaccinale, green pass e misure per arginare la pandemia. In questa sua prima fase, lungi dall’essere una posizione politica, il cospirazionismo pandemico è somigliato molto di più alla patologizzazione di una paranoia legata alla crisi delle istituzioni.
São Carlos, Brasile, aprile 2021
Morire durante la pandemia di Covid-19, specie durante la sua prima fase, non voleva solo dire polmonite e respiro corto, ma anche isolamento e solitudine: per tutelare la salute di chi non era contagiato e per evitare la diffusione del virus i malati non potevano ricevere visite dai loro cari, venendo di fatto condannati a morire soli, in ambienti sterili e in mezzo a infermieri che li guardavano da dietro maschere protettive. L’impatto sulla salute mentale di questa condizione è incalcolabile, e la cicatrice che ha lasciato sul mondo post-pandemico è drammaticamente evidente. Nell’ospedale di São Carlos, in Brasile, il personale forniva guanti in lattice pieni d’acqua ai pazienti per riprodurre la sensazione di una mano che stringeva la loro.
Sublimity, Oregon, Stati Uniti, settembre 2020
Immagini come quella del furgone UPS che consegna “all’inferno” – ovvero a Sublimity, una cittadina dell’Oregon dove il cielo è rosso a causa degli incendi boschivi – sono cartoline di un mondo che sta collassando a causa del cambiamento climatico. Tra attivisti e scienziati si è iniziato a parlare di ecoansia, una forma di ansia che si lega alle preoccupazioni per il futuro del pianeta. I più colpiti sono i più giovani e i membri delle comunità più esposte alle conseguenze della crisi climatica. Chi soffre di ecoansia si sente impotente di fronte al collasso, è triste pensando a chi ne paga maggiormente le conseguenze e ha paura del futuro: timori che si aggiungono ai traumi di subisce le conseguenze materiali della crisi climatica – come gli abitanti di Sublimity.
Beirut, Libano, novembre 2019.
Nell’ultimo decennio i temi relativi alla salute mentale hanno iniziato anche a prendersi le piazze: il disagio mentale non è più visto solo come un problema che impatta la quotidianità di individui e comunità, ma anche come una diretta conseguenza di politiche governative e organizzazione del sistema economico-produttivo. Si ha l’ansia per una cultura dell’efficienza dedita al profitto, si è depressi perché le nostre città non hanno più alberi, si sviluppano angosce e relativi sintomi perché manca il lavoro e non andremo mai in pensione. Così la lotta per la salute mentale si può intrecciare alla critica contro un governo autoritario, contro le politiche ultra-liberiste o contro l’esistenza stessa del capitalismo.Durante le manifestazioni che nel 2019 hanno infiammato il Libano, in un graffito lasciato da chi protestava si legge proprio “abbasso l’ansia”.
Zaporizhia, Ucraina, marzo 2022
La guerra è oggi costantemente sotto i nostri occhi. Copertura minuto per minuto su social media e media tradizionali, canali Telegram dedicati alla pornografia della violenza bellica, subreddit che raccolgono filmati girati da soldati in prima linea con delle GoPro, dirette Instagram dai bunker di Kiev o dalle strade distrutte di Gaza. Il punto più surreale è stato toccato nel marzo 2022, in occasione dei combattimenti tra russi e ucraini nella centrale nucleare di Zaporizhia, la più grande d’Europa; le schermaglie tra i due schieramenti sono state trasmesse in diretta su YouTube, con milioni di persone collegate. Il pericolo portato da questa sovraesposizione del conflitto ha un nome preciso: desensibilizzazione emotiva. Diversi studi hanno evidenziato non solo che la sovraesposizione a questo genere di contenuti può provocare disturbi d’ansia o da stress post-traumatico proprio come se li si stesse vivendo direttamente, ma anche che guardandoli su uno schermo si diventa sempre più indifferenti alla violenza, più inclini ad accettarla e meno restii ad utilizzarla.
Oslo, Norvegia, luglio 2011
La salute mentale e la sua assenza si prestano anche a essere chiavi interpretative di fatti, eventi e personaggi politici che ci sembrano inspiegabili. Da un lato abbiamo processi come quello allo stragista Anders Breivik, autore del massacro di Utøya nel 2011, tutto giocato sulla sua capacità di essere capace di intendere e di volere – inizialmente Breivik era stato diagnosticato con una schizofrenia paranoide, poi la diagnosi è cambiata in disturbo narcisistico della personalità e “sano di mente e quindi penalmente responsabile”. Dall’altro abbiamo riflessioni che provengono da pensatori di sinistra che vanno dagli scritti di Wilhelm Reich fino alle tesi di Franco “Bifo” Berardi, per cui l’estremismo politico di destra sarebbe una “forma psicopolitica del corpo demente della razza bianca che reagisce rabbiosamente al suo inarrestabile declino”.
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