A Brancaleone si parla di letteratura tra gli ulivi e il mare - Lucy sulla cultura
LetteraTour

Marco Cassini

A Brancaleone si parla di letteratura tra gli ulivi e il mare

03 Settembre 2025

LetteraTour è una nuova rubrica, a cura di Marco Cassini, in cui si racconta l’Italia attraverso i festival letterari. La prima tappa è Brancaleone, in Calabria, che ospita il festival Paesi tuoi.

LetteraTour è una nuova rubrica a cura di Marco Cassini in cui si racconta un pezzo del nostro Paese attraverso i festival letterari e culturali italiani. Festival piccoli e grandi, in provincia e in città, in centro e in periferia, saranno di volta in volta l’occasione per parlare di programma, ospiti, temi, ma anche di luoghi, idee, persone.

L’industria culturale sembra costantemente sull’orlo del fallimento o dell’implosione, ma continua a rigenerarsi e a offrire contenuti di incommensurabile valore. I festival letterari, invenzione relativamente recente, hanno cambiato il modo di concepire la lettura, che da atto individuale si è fatto pubblico, condiviso. Sono così tanti e diversi che non hanno cambiato soltanto il panorama culturale intorno a noi: hanno cambiato noi.

Senza pretesa di esaustività, senza voler fare una cronaca – arriveremmo più tardi dei quotidiani e saremmo più lenti dei canali social di chi ne cura la comunicazione – questo spazio sarà un diario di ciò che vede chi al festival va a volte come ospite, a volte come editore di ospiti, a volte da spettatore. Sempre animato da curiosità verso il pensiero di chi sale sul palco e forse ancor più da chi quel palco lo ha costruito e reso possibile.

Prima tappa: Brancaleone (RC)

Festival: Paesi tuoi

sabato 2 agosto 2025

Sono combattuto fra continuare a leggere I detective selvaggi, che ho appena cominciato, e scrivere questi appunti. Se arrivo anche alla fine di questa frase, vorrà dire che la scelta è stata fatta in favore del restare qui, con buona pace di Bolaño: troverò il modo di farmi perdonare da lui.

Sono a Brancaleone Marina, in provincia di Reggio Calabria. Dopodomani saranno passati esattamente novant’anni dal giorno in cui Cesare Pavese arrivò in treno, destinato a tre anni di confino, nel piccolo centro che allora si chiamava Brancaleone Calabro; poi, Brancaleone Marina, con l’aggiunta aggettivale comune a molti altri centri della zona, dove i paesi e le comunità, di natura e origine contadina, si spostarono via via verso il mare non tanto per una propensione marinaresca (del mare bisogna sempre diffidare: porta nemici e invasori, e in cambio si porta via figli e mariti) quanto per avvicinarsi alla ferrovia, arrivata qui a fine Ottocento: il primo e il secondo tratto della Ferrovia Jonica, rispettivamente da Reggio a Lazzaro e da Lazzaro a Bianco – l’attuale Brancaleone Marina si trova lungo questo secondo segmento – furono ultimati pochi anni prima dell’Unità d’Italia, nell’arco di appena un triennio, 1865-68, mentre l’intera tratta Reggio-Taranto fu conclusa in dieci anni, tempi ben più rapidi di quelli che sarebbero stati necessari, con tecnologie aggiornate di un secolo, a ultimare l’autostrada Salerno-Reggio Calabria: trentadue anni tra costruzione e ammodernamento, per una estensione chilometrica non dissimile.

“Cara Maria,

Sono arrivato a Brancaleone, domenica 4 nel pomeriggio e tutta la cittadinanza a spasso davanti alla stazione pareva aspettare il criminale che, munito di manette, tra due carabinieri, scendeva con passo fermo, diretto al Municipio. Il viaggio di due giorni, con le manette e la valigia, è stato una impresa di alto turismo”.

Ancora oggi, in epoca di overtourism o di, come si dice con un’espressione insopportabile ma efficace, “turismo mordi e fuggi”, arrivare qui se non è (come scriveva Pavese alla sorella nel 1935) “un’impresa” necessita almeno di una buona dose di forza di volontà. Un ragazzo appena conosciuto è partito ieri sera con un pullman notturno impiegando poco meno di nove ore per arrivare da Roma Tiburtina. Io ci sono arrivato ieri con Alessio Torino. Lui, che vive a Urbino, era venuto a Roma, in circa sei ore, l’altro ieri per parlare del suo ultimo romanzo, Il palio delle rane, a Fahrenheit, il programma di libri di Radio Tre Rai, poi dopo una serata con molti dei nostri brindisi dedicati, come da tradizione, “al Console!” ossia al Geoffrey Firmin di Sotto il vulcano (a cui idealmente brinda anche Bolaño nell’esergo del romanzo che ho proprio qui accanto a me mentre scrivo) e una sveglia alle 5.55 (questo, senza aver avuto il coraggio di confessarlo ad Alessio, era un omaggio a Oronzo Canà, L’allenatore nel pallone interpretato da Lino Banfi, ideatore del modulo 5-5-5), abbiamo preso insieme un treno per Reggio che da Termini ha impiegato altre sei ore, e a seguire – al netto della pausa per una mastodontica brioche con gelato al chiosco «Cesare dal 1918», dal quale la costa siciliana sembra distare solo un paio di bracciate: un altro Cesare che nei primi decenni del Novecento ha incrociato la sua storia con questa terra – con un passaggio in macchina di un’ulteriore oretta buona siamo arrivati a Brancaleone. Si viaggia sulla celebre 106, la strada statale che corre parallela alla Ferrovia Jonica. E insomma cosa siamo venuti a fare Alessio e io, come l’anno scorso, nel primo fine settimana di agosto, a Brancaleone?

Paesi tuoi è il nome di un piccolo festival organizzato qui con caparbietà da Livia Condemi (nata a Roma da una famiglia che a Brancaleone ha le sue radici dal lato paterno) con la collaborazione di Cecilia Ricciarelli, titolare della libreria italiana di Barcellona Le Nuvole. Conosciutesi in libreria, Livia ha collaborato al FLIB, Festival di letteratura italiana di Barcellona creato da Cecilia, e in questa avventura calabrese si trovano di nuovo insieme. La prima edizione di questo coraggioso microfestival si è svolta l’anno scorso, nell’agosto 2024, e nonostante alcune difficoltà “ambientali” oggi si apre la seconda edizione. Con un budget perfino ridotto rispetto alla già simbolica cifra messa insieme faticosamente lo scorso anno, anche qui come altrove si sopperisce alla totale assenza di finanziamenti con molta manodopera volontaria e grandi cene collettive in casa della famiglia dell’organizzatrice (tutta con passate esperienze a vario titolo nel mondo dello scoutismo e forse per questo particolarmente predisposta all’ospitalità e all’accoglienza). 

Un paio d’anni fa, Alessio e io siamo stati invitati alle Nuvole per una presentazione incrociata: io presentavo il suo romanzo Cuori in piena (Mondadori) e lui la mia traduzione di Salvo il crepuscolo di Julio Cortázar (SUR). Qualche mese dopo, ho ricevuto una telefonata: “Ciao Marco sono Livia ci siamo conosciuti a Barcellona sto organizzando un festival letterario in un paesino calabrese mi piacerebbe che tu e Alessio poteste venire e poi vorrei chiederti anche se possiamo collaborare con la Scuola del libro per un corso di scrittura da tenere durante il festival”. Ho omesso la punteggiatura per provare a dare un’idea della quantità di parole che Livia riesce a infilare in mezzo minuto di conversazione. Ovviamente la curiosità di conoscere il posto e il piacere di ritrovare Livia e Cecilia mi fece accettare subito l’invito. E quest’anno per la seconda edizione c’è una ciliegina non prevista: alloggeremo nella dimora pavesiana.

“Ho affittato una camera con letto per 45 L., ma tutti i giorni c’è una spesa nuova, e la luce e il catino e lo spirito e lo zucchero ecc. Mi faccio io da mangiare, cioè mangio roba fredda. È brutto metter su famiglia, senza la famiglia”.

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La stanzetta da quarantacinque lire di cui Pavese, pochi giorni dopo il suo arrivo qui, scrive alla sorella in una lettera datata 9 agosto – la data del mio compleanno, nel ’35 e trentacinque anni prima che io nascessi – è accessibile (oltre che dall’ingresso indipendente da un cortile) da una porticina che la collega alla camera in cui alloggio (e in cui nel pieno solleone estivo mi sono rifugiato adesso per scrivere trovando il refrigerio dell’aria condizionata, un bel vantaggio rispetto a come doveva essere questa casa nove decimi di secolo fa); nella mia stanza, a sinistra c’è la porta che la collega a quella che occupò Pavese; e a destra un’altra porta la divide dalla stanza ora occupata da Alessio. Io poi ho una terza porta: dà nel cortiletto che affaccia sulle rotaie del treno locale; oltre le rotaie – come succede in gran parte delle coste italiane, e in tutto questo tratto ionico – c’è il mare: quello che Pavese nel romanzo Il carcere definisce “la quarta parete della sua prigione” (non c’è un errore nella mia citazione: il romanzo è scritto in terza persona).

Ora mi interrompo: la prima lezione del corso “Riscrivere il mito”, tenuto da Alessio, sta terminando, e il programma del festival prevede un pranzo sotto gli ulivi e davanti al mare: un chiosco i cui prodotti sono, senza iperboli di marketing, davvero a chilometro zero, basta misurare la distanza tra i tavoli e l’orto.

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domenica 3 agosto

Anche oggi Alessio e io abbiamo iniziato la giornata di primo mattino, un bagno nel mare ancora deserto di bagnanti e non più attraversato dalle barche pescatori, alcuni dei quali alle sette e mezza hanno già improvvisato, chissà da quanto, una piccola rivendita del pescato del giorno su un tavolino di plastica a ridosso della parte di spiaggia “destinata alla rimessa di natanti”. Intravedo piccoli pesci grigi di cui ignoro il nome, un polpo e quello che credo di identificare come un rombo, tenuto per la coda, a mostrarlo a chi passa sul lungomare, da un uomo ricciuto in canotta (di cui non vorrei dire altro perché come è noto si dice il pescato ma non…) 

Giornali e colazione, come ieri, ma con maggior fortuna: dopo la delusione di un sabato senza inserti («La Stampa» e «il manifesto» qui non arrivano proprio, ci dice la signora), stamattina l’edicola è stata la nostra prima tappa così siamo riusciti ad accaparrarci qualche quotidiano “Oggi però «sia Repubblica» che «Corriere»”, ​​ci avvisa la cassiera-barista-edicolante, “hanno gli inserti, se li volete dovete aspettare che ve li trovo”). Abbiamo passato quasi due ore a leggere gli approfondimenti culturali con diversi giri di colazione, mentre intorno a noi i tavolini si riempivano di famiglie pronte a riversarsi sulla spiaggia libera dove hanno piantato, immaginiamo a inizio stagione, tre o quattro file disordinate, disomogenee di ombrelloni privati, spaiati, ciascuno con incatenato, legato o incastrato qualche accessorio vacanziero: sedioline, sdraio, gonfiabili che riproducono coccodrilli, ciambelle morsicate, unicorni e qualche rara variante più originale (oggi abbiamo visto un materassino a forma di arcobaleno contornato da nuvole bianche); qualcuno ha lasciato accanto all’ombrellone addirittura un rastrello da giardino, per ripulirsi l’indomani il proprio angolo di spiaggia (io mi figuro un paradossale giardino zen che ricompone in scala 1:1 ciò che siamo abituati a veder riprodotto in miniatura).

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Del resto il clima afoso della stanza, unito ai suoni che già presto ci arrivano dagli immediati dintorni (campane domenicali, primi treni del mattino, vociare sommesso di passanti mattinieri lungo Corso Umberto I) ci obbligano a non indugiare oltre a letto, nonostante la nostra serata si sia prolungata parecchio: ieri Alessio ha aperto la sezione letteraria del festival, subito dopo l’inaugurazione di una mostra fotografica di Martina Palumbo dedicata alla sua esperienza alla periferia di Dakar dove insegna italiano a classi di senegalesi. Prima in dialogo con Cecilia Ricciarelli e poi con una lettura accompagnata dalla tastiera di Paolo Casali, Alessio ha idealmente teletrasportato una cinquantina di persone dal giardino della dimora pavesiana, dove erano sedute all’ombra di alberi da frutta tipici della zona (bergamotto, fico, ulivo), nelle strade di Luceoli, un altro “paese tuo”, stavolta appenninico e forse inventato: il dialogo fra due province è sembrato un ottimo modo di sottolineare il tema che sta a cuore a questo festival, appunto esplorare i territori meno battuti ma sempre nostri. “Un paese vuol dire non essere soli”, diceva Pavese, “sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Di paese in paese, è qui che un anno fa ho conosciuto Pierluigi Vaccaneo, il direttore della Fondazione Pavese di Santo Stefano Belbo, e come succede spesso nei festival, dove ogni incontro è occasione di nuovi progetti, gemellaggi, amicizie, è capitato che io sia andato già due volte nell’ultimo anno a Belbo, dove non ero mai stato in vita mia.

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Dopo il reading di Alessio, vista la qualità e quantità del pranzo (olive, formaggi e salumi locali, vino della casa e fatto in casa, sia bianco che rosso, maccheroni con ragù di capra, e – quando eravamo già pronti al caffè – fiori di zucca indorati e fritti, polpette di melanzane, peperoni ripieni e dulcis in fundo ossia proprio come se fosse un dessert, parmigiana di melanzane) abbiamo optato per una cena a base di granita: il pacchetto ospitalità includeva il prestito di una macchina per arrivare a Palizzi – Palizzi Marina, ça va sans dire – dove siamo stati ben indirizzati verso la granita fichi e ricotta, prima di rientrare a Brancaleone per l’atteso concerto (non nel programma di Paesi tuoi, ma in qualche modo “gemellato”) di Mimmo Cavallaro, acclamato interprete della tradizione musicale calabrese. Arrivati sull’affollatissimo lungomare ci siamo resi conto che il palco era esattamente all’altezza della dimora di Pavese, così che, una volta rientrati in camera, il lungo bis ha fatto da colonna sonora a qualche capitolo dei Detective selvaggi, con cui mi sono ricongiunto, tanto da meritare i rituali fuochi d’artificio a conclusione di serata.

Il festival Paesi tuoi – che ha una programmazione solo pomeridiana e serale, per ovvie questioni climatiche – prosegue oggi con la seconda e ultima lezione del corso di scrittura tenuto da Alessio (alla prima edizione la docente era stata Nadia Terranova, e il corso sulle ambientazioni delle storie), con la presentazione dell’ultimo romanzo di Giuseppe Zucco, autore locral, potrei dire neologisticamente, essendo nato a pochi chilometri da qui, a Locri: l’incontro si terrà nella piazza della stazione. 

Dato che ogni festival letterario è occasione per conoscere i territori che lo accolgono e animano, ho visitato l’edificio della stazione perché ospita la sede del Centro recupero tartarughe marine, attivo da vent’anni a Brancaleone, sul cui litorale le caretta caretta depongono le uova, da proteggere prima della schiusa. Blue Conservancy, l’ente di terzo settore che gestisce il centro, ha una missione anche didattica, informativa, curativa:  si propone di salvare le tartarughe “vittime della pesca, dell’inquinamento e del traffico nautico, con il fine di farle tornare in libertà una volta guarite”. Tematiche non troppo distanti dal festival, dato che il romanzo di Zucco – Il signore delle acque, pubblicato da Nutrimenti – è una distopia ambientata in un mondo in cui non piove più: l’acqua resta accumulata nel cielo, diventato una sorta di oceano al contrario. Chissà che quel materassino a forma di arcobaleno non sia un qualche segnale.

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lunedì 4 agosto

È oggi l’anniversario dell’arrivo di Cesare Pavese qui a Brancaleone, e anzi proprio qui in questa casa. La Pro Loco ha organizzato delle celebrazioni che hanno prolungato di fatto con una giornata extra il programma del festival, che si è concluso ieri col concerto di un altro importante musicista di questa terra: Alessandro Santacaterina, maestro riconosciuto, ancorché molto giovane, della chitarra battente, uno strumento a quattordici corde che in passato fu definito anche “chitarra italiana” per distinguerla dalla francese, ovvero la classica. Non esiste una datazione precisa, potrebbe essere nata nel Cinquecento o nel Seicento, quel che è certo è che appunto ha avuto origine in Italia, e – adottata soprattutto come strumento di accompagnamento al canto nel mondo contadino – si è diffusa principalmente nell’Italia meridionale e ha avuto i suoi migliori esecutori proprio in Calabria. Per questo ieri sera, presentando al pubblico Santacaterina, ho aggiornato la definizione in: “chitarra battente bandiera calabrese”).

Prima dell’ipnotico, esaltante concerto finale, mi è toccato l’onere di aprire la serata finale con una mia lettura, il motivo principale per cui ero invitato al festival: ho letto una selezione delle poesie del libro di esordio di Lawrence Ferlinghetti, Fotografie del mondo perduto, un libro del 1955 che non era mai uscito in italiano e che non solo ho pubblicato con SUR, ma ho anche tradotto. Mi ha accompagnato con la tastiera Paolo Casali, che finora avevo conosciuto come enciclopedico animatore di serate canterine, pur in assenza di falò, nell’accogliente giardino di casa Condemi – la famiglia dell’ideatrice di Paesi tuoi – ma che in realtà è un affermato compositore e autore di colonne sonore diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia. Siamo riusciti a stare entro i trenta minuti che ci eravamo posti come limite, e che per me è la misura ideale per incontri del genere.

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Altra colazione mattiniera: Alessio doveva ripartire per le Marche alle 7.30: a me resta da decidere cosa fare per dare inizio alle mie ferie estive. Come regola, cerco di rendere ogni invito a un festival l’occasione per esplorare almeno un po’ il territorio; così, animato dallo spirito beat ferlinghettiano, ho portato con me solo uno zaino essenziale e non ho fatto alcun programma.

Prima di andar via dal bar, però, mi sono fatto coraggio e ho chiesto al titolare di sciogliere l’enigma che mi attanaglia da giorni. Tutti i bar di Brancaleone espongono un cartello che intima perentorio: “Vietato offrire”. La prima volta che l’ho visto, ho pensato fosse uno scherzo. Poi quando l’ho visto in ogni altro bar del paese, accanto alla cassa, o sulla parete dietro al bancone, o comunque in buona evidenza, ho iniziato a interrogare Livia, la sua famiglia, e ovviamente google. Ho raccolto risposte di ogni tipo, quasi sempre in contraddizione fra loro, per cui non sono riuscito a capire se il divieto tutela l’esercente, l’avventore offerente o quello “offerto”, il buon nome di una o l’altra di queste categorie. Mi sono così posto, durante il festival, l’obiettivo di scoprirlo; ma in ogni bar ho raccolto risposte diverse, poco chiare, farfugliate confusamente. 

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Credo che la cosa migliore sia lasciare questo mistero irrisolto, tornare alla dimora pavesiana a prepararmi per il viaggio e, augurando lunga vita a Paesi tuoi, aspettare la terza edizione per approfondire la questione.

Paesi tuoi festival, seconda edizione, 2-4 agosto 2025

Comune: Brancaleone

Provincia: Reggio Calabria

Regione: Calabria

come ci sono andato: in treno

quanti giorni ci sono stato: da venerdì 1 a lunedì 4 agosto 2025

cosa ho fatto: organizzato un corso di scrittura; un reading da Fotografie del mondo perduto di Lawrence Ferlinghetti

che incontri ho seguito: Alessio Torino, Giuseppe Zucco, Alessandro Santacaterina

highlights: granita a Palizzi Marina; bagno mattutino al mare; pranzo sotto gli ulivi; la casa di Pavese; la chitarra battente di Alessandro Santacaterina, quella aggregante di Paolo Casali.

Marco Cassini

Marco Cassini ha fondato le case editrici SUR e minimum fax, la Libreria Trastevere  e la Scuola del libro. Il suo ultimo libro è Fascette oneste. Se gli editori potessero dire la verità (Italo Svevo, 2020).

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