05 Novembre 2025
Terza tappa della rubrica "LetteraTour": è il turno di Mantova e del Festivaletteratura
terza tappa: Mantova
festival: Festivaletteratura
date del festival: 3-7 settembre 2025
date del diario: 3-8 settembre 2025
mercoledì 3 settembre 2025
Con l’arrivo di settembre è terminato l’unico mese in cui l’editoria italiana – come molti altri settori, ma forse con maggior decisione e trasversalità – si ferma.
Eccolo, il popolo dell’editoria: rinfrancato dal recente avvistamento di sparuti libri nelle spiagge o sulle montagne che abbiamo visitato e nei vagoni di treno su cui abbiamo viaggiato per raggiungerle; appagato dalle letture “non di lavoro” per le quali siamo riusciti prima a conquistarci del tempo, e poi a difenderlo col coltello fra i denti e il cellulare spento; confortato da dati di vendita che fanno dell’estate l’altro periodo, insieme a dicembre, in cui si riaccende una fiammella di speranza che non tutto sia perduto. Insomma, eccoci pronti a scattare ai posti di partenza e incassare le stagionali delusioni con appena un pizzico di nonchalance e buon umore, che ben presto si infrangeranno sulla prima inchiesta dedicata alla posizione che l’Italia tradizionalmente occupa nei dati di lettura.
In Francia questo periodo lo chiamano “La Rentrée”, termine che sottintende l’aggettivo “littéraire”. Non è solo un’intenzione, un’onda di entusiasmo (basti pensare che quest’anno per la Rentrée Littéraire francese sono censiti ufficialmente 484 nuovi titoli, di sola narrativa).
Da noi, almeno a partire dal 1997, c’è un’occasione che il mercato editoriale ha implicitamente adottato come equivalente della rentrée, ed è il Festivaletteratura di Mantova.
Qui infatti ci si ritrova – noi, le popolosissime maestranze dell’editoria, un comparto che coinvolge diverse decine di migliaia di persone sommando chi scrive, chi traduce, chi pubblica, chi recensisce, chi comunica, chi stampa, chi vende, chi distribuisce, chi influenza… – con le facce un po’ più abbronzate e rilassate rispetto, che so, a quelle che si incrociano al Salone di Torino, perché se a metà maggio agogniamo una salvifica vacanzetta, a inizio settembre godiamo ancora dell’onda lunga delle nostre inebrianti pause estive. Se siamo qui vuol dire che stiamo lavorando, ma è come all’epoca di quei primi giorni di scuola in cui, anche se già si studiava, sembrava di stare ancora in una coda di vacanza, per cui ci si andava volentieri.
Appena ricevuta conferma del calendario degli appuntamenti delle due ospiti di SUR, Ali Smith e Camila Sosa Villada, mi era sembrata una disgrazia che fossero ai due poli opposti del programma: una il mercoledì e l’altra la domenica. Io e le mie colleghe Giulia Zavagna, Maria Galeano, Selena Daveri avremmo dovuto mettere in conto una settimana di trasferta. Poi, una volta arrivato qui, mi sono reso conto che questa forchetta ci permetteva una permanenza più distesa, e anche questo mio diario se ne sarebbe potuto avvantaggiare.
Oggi sono arrivato da Matera esattamente all’orario previsto per il check in nell’appartamento che abbiamo affittato. Ho preso le chiavi e aspettato Maria, che nel suo ruolo di ufficio stampa è la prima ad arrivare: oggi ha programmato le prime interviste per la nostra autrice scozzese e un paio di set fotografici. Il tutto si svolge nel cortile di Palazzo Castiglioni: nelle stanze al primo piano ci sono gli attivissimi (ma cionondimeno serafici) uffici della macchina organizzativa del festival, il giardino è stato trasformato in una rilassante lounge open air per ospiti, stampa, case editrici. Non è un segreto: questo è il miglior evento letterario italiano quanto ad accoglienza, attenzione nei confronti di tutte le professionalità coinvolte, riscontro di pubblico, vendite, risonanza mediatica.
Al crepuscolo, l’incontro con Ali è un successo, le domande di Gaia Manzini accendono l’intelligenza di Smith che a sua volta contagia il pubblico. “Ci scontriamo con una società che ci vuole superficiali, a scrollare continuamente qualsiasi cosa ci appaia su uno schermo: perdiamo la capacità di spaventarci, di ricordarci che uno schermo è la barriera che si mette tra una persona e la realtà. È una divisione. Le storie invece sono parte dell’umanità, sono un regalo che dura da sempre, e sono plurali, perché sono il contrario della divisione: sono ciò che ci tiene insieme”. Quasi un’ora di firmacopie e poi si va a cena. Possiamo dare il via all’abituale dieta a base di tortelli e salumi di questa settimana dell’anno. Solo Viola, la figlia di Maria, quattro anni (“e mezzo!”) non gradisce il ripieno (“ma questo è un primo, non un dolce!”). Noi siamo in sollucchero e pronti a chiudere la prima giornata di Festivaletteratura, salutando Ali, che domattina deve già tornare a casa.
giovedì 4 settembre
La mia seconda giornata a Mantova inizia con un’intervista per la Rete Due della Radio Svizzera, alle 8.45. Hanno apprezzato l’idea di questa rubrica e mi chiedono di parlarne nello spazio quotidiano “La rivista”. Aspettiamo notizie da Camila Sosa Villada, che sta arrivando a Mantova con un transfer da Malpensa dopo un lungo volo dall’Argentina. Quando riceviamo un suo messaggio in cui dice che andrà a dormire per riposarsi dalla traversata oceanica, decidiamo di approfittare di queste ore libere per andare a fare un giro in battello. Ufficialmente, perché Viola vorrebbe vedere le ninfee; in realtà perché io vengo al festival dal 1997 e ho sempre desiderato farlo, senza mai riuscire a trovarne il tempo. È una splendida mattinata di sole, un giorno ideale per i pesci-sbrisolona. Approfitto del tragitto a piedi verso l’imbarco per collegarmi alla riunione settimanale della Scuola del libro che stamattina si sta svolgendo a Roma, la prima dopo la pausa estiva. Sul battello incontro Stefano Liberti, scrittore e giornalista che esordì con la mia casa vecchia editrice ormai quindici anni fa: ci incrociamo continuamente in festival e fiere ma sempre di fretta, e ci confessiamo vicendevolmente il guilty pleasure di questa insperata pausa fluviale, ma finiamo per trasformarla comunque in una riunione di lavoro facendo, come sempre capita negli incontri festivalieri, tanti progetti per corsi, eventi, libri, articoli…
C’è anche il tempo di seguire qualche incontro, così riesco ad ascoltare Benedetta Tobagi parlare dello storico voto delle donne nel 1946 e Antonio Moresco di Leopardi. Tutto sembra filare liscio, finché commetto l’errore ingenuo di passare per le bancarelle di libri usati di piazza Sordello, con il solito duplice effetto di appesantire il mio bagaglio e alleggerire le mie finanze. Ma potevo mai lasciarmi sfuggire questi acquisti?
Il tempo di passare a lasciare il corposo bottino a casa, ed è già l’ora dell’aperitivo nel cortile di palazzo Castiglione: ieri coincideva con l’incontro di Ali Smith e lo abbiamo mancato ma oggi vogliamo assolutamente passarci per salutare ospiti, uffici stampa, amici e amiche del mondo dell’editoria. Insieme beviamo più di un bicchiere, in attesa della cena con Camila. Dopo cena (ancora tortelli ma stavolta invece di burro e salvia optiamo per il ragù mantovano), la scrittrice si scatenerà nelle danze coinvolgendo la più sveglia e pimpante fra noi, Viola. Eletta ormai mascotte ufficiale della brigata, è da una sua uscita estemporanea che i nostri brindisi mantovani sono sempre al grido di: “Libertà!”.
venerdì 5 settembre
È difficile non notare che, anche nelle vie principali, ci sono diverse vetrine vuote, negozi sfitti, cessioni di attività.
Negozi sfitti.
Nel centralissimo corso Umberto I c’è un intero tratto con tre o quattro locali consecutivi disponibili alla vendita o all’affitto. Pur nell’osservatorio parziale, e perciò miope, di una settimana per certi versi scintillante come quella del Festivaletteratura, nel corso degli anni si era rafforzata in me un’idea (perlopiù condivisa) di una città “ricca”, dall’economia stabile. Invece, negli articoli della Gazzetta di Mantova come nelle chiacchiere origliate nei bar mantovani o nei dibattiti online, la litania non è diversa da quella che ormai ascoltiamo nei centri storici di ogni città d’arte italiana ed europea, dove gli appartamenti sono in gran parte diventati b&b svuotandosi di residenti, di conseguenza c’è meno necessità di esercizi di vicinato e chi può indirizza la sua proposta ai turisti: le caffetterie si trasformano in cocktail bar, macellerie e salumerie in gastronomie chic, e dopo una resistenza che è durata decenni iniziano ad arrivare anche qui i franchising che omologano una città all’altra. Di conseguenza i canoni di locazione si impennano e i negozi storici devono chiudere, ed è probabile che solo altri negozi per turisti potranno permettersi di pagarli. È un circolo vizioso che conosciamo bene. Per un periodo è sembrato che almeno il settore librario qui ne fosse esente: la storica libreria Nautilus, nata nel 1994 e ai cui proprietari Carla e Luca Nicolini, tra gli altri, si deve la nascita del primo e più importante festival letterario del Paese, ha perfino rischiato di subire il successo della sua stessa iniziativa. Nel corso degli anni infatti ogni catena libraria ha voluto aprire un suo store nella città del Festivaletteratura: Feltrinelli (con una superficie di 380 mq, inaugurata nel 2006), Libraccio (800 mq, nata nel 2010 come Mel Bookstore), Mondadori (170 mq, 2019), Paoline (attiva dal 1956, cambia gestione nel 2021), oltre a una Giunti al Punto nel centro commerciale La Favorita e un punto vendita della catena di fumetti, manga e games Funside. Cui si aggiungono, per fortuna, anche delle librerie indipendenti (Space Comics, un tempo Libreria Fumettistica, attiva dal 1990; Scriptorium dal 1995; Il piccolo giardiniere; Mondo Fumetto). Il rischio di una concorrenza così agguerrita suggerì ai fondatori di Nautilus di cercare un’alleanza, risultata vincente, con librerie.coop, e più recentemente (2022) di spostarsi di qualche centinaio di metri in una sede ancora più centrale, in via Roma. Sono comunque lontani i tempi in cui una libreria, come fu per la Nautilus, poteva rilevare i locali precedentemente affittati a un negozio di abbigliamento: oggi, salvo eccezioni come nel centro storico mantovano, il percorso sembra ovunque destinato a essere in senso opposto.
Anche ora che il festival è entrato nel pieno del suo svolgimento, le strade e le piazze formicolano di turisti della letteratura, e spuntano in ogni dove chioschetti e gazebo di sponsor, partner, o di esercenti locali che approfittano del sovrappiù di clientela di questa settimana speciale. La città torna a essere di nuovo “ricca”, se non altro di iniziative, fermento, desiderio di incontrare il pubblico. E per un attimo – fra un firmacopie e un evento letterario – si può perfino dimenticare il problema della gentrificazione.
E così riesco ad ascoltare le interviste a Teresa Ciabatti e al cileno Alejandro Zambra; Maria concorda con le sue omologhe di Sellerio di unire le cene delle rispettive case editrici per far incontrare Zambra e Sosa Villada. Il finale prevede, come ogni sera, un gin tonic (o due, o tre) a piazza Alberti alla consueta festa di fine serata con dj set. Al nostro rituale “Libertà!” Camila aggiunge “y dinero!”, altrettanto ritualmente. Buonanotte.
sabato 6 settembre
Breve momento turistico: con Mariana Enríquez e la sua agente María Lynch andiamo a vedere Palazzo Te. È un altro lusso di questa edizione dai tempi rilassati: il Palazzo festeggia 500 anni, il festival annuncia la sua trentesima edizione (9-13 settembre 2026) e io ancora non ci ero mai andato. Faccio qualche foto nella Sala dei Cavalli, da mandare ad Ali Smith, dato che al centro sia di Gliff, il libro che ha presentato qui, sia del suo prossimo romanzo, c’è un cavallo; e riguardando la foto scopro solo dopo che quello nell’affresco di Giulio Romano che ho fotografato si chiama Morel, come il protagonista di un altro romanzo del catalogo di SUR, L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares. Questo tipo di coincidenze mi illuminano sempre: metto in memoria per il mio diario.
Il cavallo Morel nell’affresco di Giulio Romano.
È il giorno del primo dei due incontri di Camila Sosa Villada. Il dialogo con Teresa Ciabatti è ricchissimo, commovente, esaltante: il firmacopie – un termometro sempre accuratamente attendibile dell’effetto sul pubblico – occupa almeno un’ora. Possiamo andare di nuovo a ballare e chiudere anche questa giornata con un brindisi. A domani.
Camila Sosa Villada al firmacopie.
domenica 7 settembre
È la giornata finale del festival, per noi si apre con il secondo incontro pubblico di Sosa Villada, straripante di gente e ad altissima temperatura emotiva. Una frase detta da Camila durante la vivace conversazione con Elsa Riccadonna è stata scelta dal profilo Instagram del festival come messaggio di chiusura: “Io credo che letteratura sia più potente dell’amore”. C’è bisogno di aggiungere altro?
L’evento conclusivo del festival è un dialogo tra Laura Imai Messina ed Elizabeth Strout. Mentre mi dirigo al Castello per ascoltarlo, intorno ognuno smonta il suo pezzettino di festival (bancarelle, chioschi, striscioni, totem, ombrelloni vengono riposti – tutto molto Righeira), e così fa ognuno dei soggetti che ha dato vita a questa grande festa: case editrici, autrici e autori, interpreti, uffici stampa, sponsor e così via. Tutto questo mi fa pensare a una delle Città invisibili.
Il giorno in cui gli abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, (…) allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella città vicina che è lì ad aspettarli, vuota e come nuova (…) Così la loro vita si rinnova di trasloco in trasloco, tra città che per l’esposizione o la pendenza o i corsi d’acqua o i venti si presentano ognuna con qualche differenza dalle altre.
Finito il Festivaletteratura, ognuno ripone i suoi attrezzi nella cassetta, chi ordinatamente chi alla rinfusa, e si prepara a spostarsi insieme al resto della grande comitiva letteraria – con gli stessi ruoli ma con persone diverse a interpretarli – nella prossima città dove si svolgerà il prossimo festival.
lunedì 8 settembre
In treno, di ritorno verso Roma, condivido la prima tratta, fino a Bologna, con Paola Gallo e Stefano Jugo di Einaudi. Commentiamo il programma, l’intervista di Strout, la temperatura glaciale del vagone, la bellezza dei treni di ritorno dai festival sempre pieni di libri aperti, poi ciascuno s’immerge comodamente nelle sue letture. Io pesco tra i miei acquisti e leggo un capitolo del libro di Corrado Alvaro che ho comprato a Mantova, scegliendo dall’indice quello che riguarda i viaggi in treno. Sembra un I-ching:
Ci trovavamo sul marciapiede della stazione di una linea secondaria, in attesa del treno. (…) C’era anche un gruppo di ragazze ciarliere, una con un romanzo, un’altra con un giornaletto, e parlavano ad alta voce; sembrava di ascoltare una commedia nota, recitata su un palcoscenico di provincia, dove c’è più slancio, più candore, più credulità.
Impagabile, il dio delle coincidenze mi fa sapere che non ha finito i suoi regali, e per sigillare questa tappa manda una famiglia – figlio, mamma e nonno – a sedersi proprio di fronte a me per mettere in scena una pièce dal titolo Il mio primo viaggio in treno. Il bambino, caschetto identico a quello della madre, stilla emozione a ogni raffica di domande: “Quando parte? Andrà velocissimo? Perché sul treno non ci sono le cinture? Cos’è questo suono?” La famiglia – a cui istantaneamente voglio tantissimo bene per questo – non ha un obiettivo pratico per la sua trasferta: non devono andare a fare qualcosa e quindi hanno deciso di prendere il treno: hanno preso il treno, da Carpi a Modena, solo per questo viaggio inaugurale, per far fare al protagonista una scoperta che già immagino, nel bagaglio di memoria del futuro adulto, di una forza analoga a quella del ghiaccio fatta da Aureliano Buendía (mi auguro solo che saranno diverse le circostanze in cui, molti anni dopo, se ne ricorderà). E così stanno decidendo cosa fare una volta arrivati: “Vuoi prendere un gelato? Andiamo al parco?” “No, nonno, io voglio solo riprendere il treno e tornare a casa”.
Come non essere d’accordo con lui, mi appunto mentalmente. E la sua interpretazione, seppure mi distrae al punto da lasciare, tragicamente, sulla cappelliera la mia torta delle rose della pasticceria Scaravelli (con tanto di apposito barattolino di zabaione), mi ha regalato una storia. E cosa volevo di più dalla vita?
Festivaletteratura, 29.a edizione, 3-7 settembre 2025
comune: Mantova
provincia: Mantova
regione: Lombardia
come ci sono andato: bus + aereo + navetta + treno da Matera; in treno verso Roma
quanti giorni ci sono stato: da mercoledì 3 a lunedì 8 settembre 2025
cosa ho fatto: ho accompagnato due autrici della mia casa editrice: Ali Smith e Camila Sosa Villada
che incontri ho seguito: Ciabatti, Moresco, Tobagi, Strout, Zambra
cosa sto leggendo: William Shakespeare, Sonetti e Poesie politiche di Lawrence Ferlinghetti, Un treno nel Sud di Corrado Alvaro
highlights: gita in battello, mercatino dei libri usati, Palazzo Te, l’accoglienza top del Festivaletteratura, tortelli di zucca, torta delle rose, “Libertà!” (“y dinero”)
Marco Cassini
Marco Cassini ha fondato le case editrici SUR e minimum fax, la Libreria Trastevere e la Scuola del libro. Ha tradotto Salvo il crepuscolo di Julio Cortázar e Fotografie del mondo perduto di Lawrence Ferlinghetti. Il suo ultimo libro è Fascette oneste. Se gli editori potessero dire la verità (Italo Svevo, 2020).
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