Jennifer Guerra
16 Luglio 2025
Algida, imperturbabile, misteriosa e piena di contraddizioni: Melania Trump rimane una figura difficile da capire appieno.
Melania è vestita con un abito bianco senza spalline, attraversato da un nastro nero. Lo ha disegnato Hervé Pierre, suo amico, collaboratore e stylist da molto tempo. La first lady è raggiante mentre balla un valzer con un bellimbusto in alta uniforme, il sergente della Guardia d’Onore Henry Waller. I due si guardano, sorridono, mentre volteggiano sull’aquila dello stemma degli Stati Uniti che decora la moquette di un centro congressi a Washington. Più tardi ai giornalisti il sergente dirà che era molto nervoso, ma che poi è stata la stessa Melania a dirgli che potevano sorridere e che non dovevano attenersi scrupolosamente al protocollo, che prevede una rispettosa distanza. Waller, prima del ballo, si era esercitato con sua moglie, nel salotto di casa.
Accanto a loro, danzano il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il vicepresidente J. D. Vance e sua moglie Usha Vance, tutti accoppiati a un altro membro dell’esercito. Ma a catturare l’attenzione è il sorriso di Melania, che fino a pochi istanti prima ondeggiava infastidita tra le braccia del marito, in quello che i giornali hanno poi definito un momento “strano”, “imbarazzante”, “repellente” finito addirittura prima che si concludesse An American Trilogy di Elvis. Complice un applauso scrosciante della folla, Melania era finalmente riuscita a staccare un braccio dalla presa del marito, salutare il pubblico con la mano e levarsi dal volto l’espressione di chi avrebbe preferito essere altrove.
La scena che si è svolta al Commander-in-Chief Ball, uno dei tre balli inaugurali (uno in fila all’altro) della presidenza di Donald Trump, richiama alla mente un altro valzer molto famoso, tenutosi a pochi passi da lì trent’anni prima. Nel 1985 Lady Diana, invitata a un ricevimento alla Casa Bianca dal presidente Reagan, accettò di ballare con John Travolta. All’epoca lei e Carlo rappresentavano ancora l’ideale dell’amore romantico e l’opinione pubblica non prese benissimo l’entusiasmo con cui Diana si gettò fra le braccia dell’attore e provetto ballerino, mentre Carlo li osservava mesto da lontano. Anni dopo, la danza tra Lady D e John Travolta verrà ricordata come uno dei momenti più iconici della vita della principessa, triste presagio di un matrimonio cominciato male e finito peggio.
Quello tra Donald e Melania, invece, è un matrimonio cominciato bene e che, probabilmente, non finirà mai. Tutti scommettevano sul loro divorzio, letteralmente: nel 2020, mentre si avvicinava la fine del primo mandato di Trump, i bookmaker di Las Vegas avrebbero guadagnato milioni di dollari con le previsioni di separazione, stando al «Washington Post». Jimmy Kimmel mandò in onda nel corso suo Late Night Show uno sketch in cui la first lady partecipava al popolarissimo reality show The Bachelorette, la versione americana di Uomini e Donne. I segnali c’erano tutti: per tutta la presidenza, Melania non si era fatta quasi mai vedere col marito e, quando compariva, se ne manteneva a debita distanza. A novembre del 2020 sui giornali circolò molto l’indiscrezione di un presunto amico della first lady che diceva che Melania stava “contando i secondi” che la separavano dalla fine del mandato, e di conseguenza del matrimonio. Ma nonostante tutto la coppia, che sta insieme dal 2005, è resistita sia agli scandali e alle polemiche del primo mandato presidenziale, sia agli enormi problemi finanziari che Trump si è trovato ad affrontare nel 2020, con quasi 600 milioni di dollari di debiti in spese legali.
Invece di mollare il marito, che pareva sconfitto e umiliato, Melania ha fatto riscrivere per la terza volta il suo accordo prematrimoniale. Nel precedente, siglato nel 2016, aveva fatto mettere nero su bianco che non sarebbe andata a vivere alla Casa Bianca, ma sarebbe rimasta a Mar-a-Lago o, ancora meglio, a New York, scelta molto inusuale per una first lady. E anche nel corso del nuovo mandato Melania si è fatta vedere di rado al 1600 di Pennsylvania Avenue: secondo il «New York Times», dei primi 108 giorni di presidenza, Melania ne avrebbe passati meno di quattordici alla Casa Bianca, rinunciando anche ai tradizionali compiti che spetterebbero, da protocollo, della moglie dell’uomo più importante degli Stati Uniti, come ad esempio scegliere il servizio di piatti d’ordinanza. Già la prima volta Trump si era rassegnato a riciclare quelli di Ronald Reagan, interrompendo un’usanza che risale al 1917. Le rare volte che Melania si fa vedere, sempre elegantissima, a Washington D.C., svanisce con la stessa velocità con cui è arrivata. Shawn McCreesh ha scritto che, misteriosa com’è, “sembra di avere Greta Garbo come first lady”.
“Ma nonostante tutto la coppia, che sta insieme dal 2005, è resistita sia agli scandali e alle polemiche del primo mandato presidenziale, sia agli enormi problemi finanziari che Trump si è trovato ad affrontare nel 2020, con quasi 600 milioni di dollari di debiti in spese legali.”
Da un lato, Melania si nasconde dagli sguardi curiosi dell’opinione pubblica. Dall’altro, fa quel che vuole, e in maniera molto plateale: schiaffeggia la mano del marito, alza gli occhi al cielo di fronte alle telecamere, non permette di farsi baciare sulle guance. Esprime opinioni: dice di essere a favore dell’aborto e dell’autonomia riproduttiva delle donne proprio mentre il marito veniva torchiato su questo tema in campagna elettorale. Sono in molti a pensare che però i veri statement politici di Melania vengano espressi attraverso gli abiti che indossa. Nel 2018 si parlò molto della giacca di Zara con la scritta: “I really don’t care, do U?”, che indossò per visitare un centro di reclusione per migranti dove erano trattenuti anche bambini. Alcuni videro in quella scelta un moto di ribellione contro le politiche migratorie del marito, altri una semplice mancanza di tatto nei confronti dei detenuti. La risposta ufficiale di Melania (“Era un messaggio contro i giornalisti di sinistra [che] dovrebbero guardare quello che faccio e non quello che indosso”) fu la meno convincente di tutte.
Anche perché ormai l’esegesi dei comportamenti anche minimi della first lady è un genere a sé stante: perché quel cappello il giorno dell’inaugurazione? Perché non si è alzata ad applaudire il marito durante lo State of the Union? Perché regalò un pacchetto azzurro di Tiffany a Michelle Obama il giorno dell’inaugurazione del primo mandato? Ali Weiss, attrice e presentatrice, si è costruita su TikTok un micro-culto di seguaci della sua teoria (illustrata, va detto, con precisione filologica): “Dommy Mommy Melania” e Donald “DonDon” Trump sono in una relazione BDSM, dove Melania, ovviamente, è la mistress e Trump il suo money slave. I segnali ci sono tutti: le Louboutin Pigalle da tredici centimetri che indossa quasi sempre, il fatto che non si faccia mai baciare in pubblico dal marito e soprattutto il fatto che lui debba pagare per la sua presenza. Melania infatti avrebbe percepito un compenso per ogni apparizione pubblica in compagnia di Trump e per partecipare alla sua campagna elettorale. Per Weiss, questo spiegherebbe anche la durata del loro matrimonio.
È inutile tentare di capire cosa passa per la testa di Melania, enigmatica e algida matrona post-sovietica,. Cosa si cela dietro i suoi occhi azzurri spesso ridotti a una fessura e al suo sguardo meditabondo che sembra sempre impegnato a risolvere complesse equazioni matematiche? Nessuno può dirlo. Melania Trump, nata Melanija Knavs e cresciuta nell’“Utopia del Male”, rappresenta un’anomalia assoluta in un Paese che, più che costruire la propria Utopia del Bene, ha imparato a comunicarla all’esterno in maniera impeccabile, e sempre col sorriso sulle labbra. Nel Paese che ha inventato e abusato delle faccette dentali, ormai una procedura standard anche per chi ha vent’anni e i denti sanissimi, Melania è sempre composta e seria. Se proprio deve sorridere, lo fa dopo aver ricevuto un assegno da 250mila dollari e il tempo necessario di comparire davanti alla telecamera.
“Sono in molti a pensare che però i veri statement politici di Melania vengano espressi attraverso gli abiti che indossa.”
Ma anziché piegarsi ai capricci delle pubbliche relazioni, la first lady si trincera dietro all’incomunicabilità. Sarebbe un errore credere che con le sue scelte di stile o con i suoi gesti stizziti nei confronti del marito, Melania ci voglia mandare chissà quale qualche messaggio. Che l’enorme tesa del suo cappello all’inaugurazione debba evocare in noi l’immagine di una principessa triste, di una prigioniera in una gabbia dorata. Al contrario, Melania sembra volersi sottrarre al gioco ermeneutico, quasi come se non volesse essere percepita. Lo storico Siena College Expert Survey of American First Ladies, che da più di quarant’anni misura l’indice di gradimento delle mogli dei presidenti americani, l’ha vista piazzarsi all’ultimo posto. Ma Melania se ne frega. Non c’è immagine più stridente di una Melania che la mattina si sveglia, viene brieffata da una responsabile delle pubbliche relazioni, e si preoccupa di piacere alla casalinga media del Midwest.
Per anni il ruolo delle first ladies è stato oggetto di indagine politica e sociale. Le analisi femministe spesso ne hanno deprecato la funzione ornamentale, o esaltato le qualità di strateghe all’ombra dei mariti. Alcune, come Hillary Clinton e Michelle Obama, hanno stravolto la tradizione scegliendo di partecipare più attivamente alla vita politica del Paese. Altre hanno mantenuto un basso profilo, ma sempre spalleggiando con grazia il marito. Melania invece fa saltare tutti i codici della prevedibilità: il suo disinteresse esplicito, intervallato da qualche raro momento di solidarietà coniugale o da studiatissimi interventi sempre enunciati senza alcuna enfasi, la rende paradossalmente la più interessante delle ultime first ladies e, di conseguenza, la meno popolare.
Il filosofo francese Jean Baudrillard scriveva che la qualità suprema della modernità radicale degli americani, che noi europei gli invidiamo, sta nell’indifferenza. Melania, né europea né americana, è interprete di un’indifferenza ancora diversa. Mentre accumula milioni con le sue memecoin (il cui valore ora però è in caduta libera), ci guarda dall’alto del suo appartamento d’oro nella Trump Tower, con accesso diretto ai piani riservati su appuntamento di Tiffany & Co. È forse lei la vera vincitrice del sogno americano? Prima modella, poi socialite, poi designer di gioielli venduti su QVC, il più famoso canale di televendite, ora imprenditrice di memecoin e autrice di memoir, con un patrimonio personale che si aggirerebbe intorno ai 70 milioni di dollari. È bello immaginarla mentre legge divertita gli articoli che si chiedono dove sia finita. Bello, ma difficile da credere. “I really don’t care, do U?”
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