Nel wrestling è tutto finto, tranne il dolore di chi combatte - Lucy
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Giuseppe Luca Scaffidi

Nel wrestling è tutto finto, tranne il dolore di chi combatte

21 Febbraio 2024

L’epoca d’oro del wrestling ci parla di un mondo bizzarro e lontanissimo: dinastie familiari, lottatori che interpretano guardie naziste, infortuni brutali e protesi. A quel tempo risale la storia dei fratelli Von Erich, straordinari atleti che hanno fatto la fortuna di questo sport e che sono tutti andati incontro a un destino tragico e incredibile.

Il 10 febbraio del 1984 David Von Erich (pseudonimo di David Alan Adkisson) fu trovato morto nella camera di albergo in cui alloggiava a Tokyo, dove si trovava per partecipare a una tournée organizzata dalla All Japan Pro Wrestling di Giant Baba, una delle più importanti federazioni di puroresu (il nome con cui il wrestling viene chiamato in Giappone) del tempo. Per un brutto scherzo del destino, la sua scomparsa coincise con il picco massimo della sua carriera: una settimana prima aveva conquistato l’NWA United National Championship, sconfiggendo in un incontro il collega Michael Hayes. Al suo rientro negli Stati Uniti avrebbe dovuto affrontare Ric Flair, in quegli anni per larghissimo distacco il lottatore più famoso al mondo , in un incontro che avrebbe decretato il vincitore del massimo riconoscimento a cui un wrestler potesse ambire: l’NWA Worlds Heavyweight Championship. 

Le cause del decesso di David non furono mai chiarite: se la stampa parlò di overdose da sostanze stupefacenti, la sua famiglia sostenne che la morte fosse dovuta a un’enterite acuta (una grave infiammazione del colon che, se non trattata per tempo, può provocare la necrosi dei tessuti). 

David era il terzogenito di Fritz Von Erich (all’anagrafe Jack Barton Adkisson), patriarca di una delle più celebri dinastie del wrestling professionistico statunitense, famosa per il grande contributo che diede alla disciplina tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta. Fritz allenò personalmente tutti i suoi figli per fargli acquisire tutti quei fondamentali che un wrestler deve possedere per poter anche solo sperare di fare carriera nel settore, come l’atletismo, la resistenza e la bravura al microfono. Nel 1966 fondò una delle federazioni più apprezzate e influenti di quel periodo, che fece da traino alla carriera di atleti e personaggi come i Fabulous Freebirds, Jake “The Snake” Roberts, Paul Bearer (che, negli anni successivi, avrebbe interpretato il manager di The Undertaker ) e Shawn Michaels.

Tuttavia, più che per i meriti sportivi e imprenditoriali, i Von Erich sono conosciuti per il tragico destino che interessò larga parte dei componenti della famiglia: alla morte di David seguirono quelle di tre dei suoi cinque fratelli, Kerry, Mike e Chris, tutti morti suicidi tra il 1987 e il 1993. Jack Jr., il primogenito, era morto nel 1959, a sette anni, inciampando su un filo della corrente durante una gita alle cascate del Niagara.

La vicenda dei fratelli Von Erich attrasse morbosamente il pubblico e la stampa specializzata.  Si arrivò persino a coniare l’espressione “Von Erich curse” (“la maledizione dei Von Erich”) come a suggerire che questa sequenza di morti ravvicinate fosse causata  da un male oscuro e invisibile. Negli anni la storia dei Von Erich ha ispirato un gran numero di opere di finzione: podcast, documentari, libri di inchiesta. 

Il regista canadese Sean Durkin ha deciso di farne un film: si intitola The Warrior – The Iron Claw, ed è nei cinema italiani da un paio di settimane. Durkin, che prima di questo film aveva diretto La fuga di Martha (2011) e The Nest – L’inganno, lo ha descritto come il lavoro più difficile della sua carriera: sono stati necessari sette anni di studio, costellati da continue riscritture. 

Alla fine, Durkin ha deciso di non includere nel film la storia di uno dei fratelli, Chris, che avrebbe appesantito eccessivamente un racconto già piuttosto gravoso dal punto di vista emotivo. In un’intervista rilasciata al Guardian poco dopo l’uscita del film, Kevin Von Erich, l’unico superstite dei sei fratelli, ha affermato di avere compreso la scelta di Durkin, dato che le morti da trattare “erano semplicemente troppe”.

“La vicenda dei fratelli Von Erich attrasse morbosamente il pubblico e la stampa specializzata.  Si arrivò persino a coniare l’espressione ‘Von Erich curse’ (‘la maledizione dei Von Erich’) come a suggerire che questa sequenza di morti ravvicinate fosse causata  da un male oscuro e invisibile”.

Nel periodo in cui i Von Erich divennero la famiglia più importante del wrestling statunitense, la disciplina era dominata da meccanismi più rigidi rispetto a cui siamo abituati oggi: veniva portata avanti da decine di federazioni locali affiliate a un organo di governo centrale, l’NWA (la National Wrestling Alliance, oggi di proprietà di Billy Corgan, cantante e fondatore del gruppo alternative rock Smashing Pumpkins), ed era sorretta da equilibri politici delicatissimi. Questo periodo viene definito “Territories Era” perché caratterizzato da un’accesa rivalità tra le varie promozioni, che competevano tra loro per ottenere visibilità, atleti, contratti con emittenti nazionali.

L’affiliazione all’NWA dava ai proprietari il diritto di prendere parte alle riunioni di un organo assembleare, il Board Governors. Chi faceva parte del Board Governors partecipava alle votazioni per stabilire quale promozione avrebbe dovuto esprimere il campione del mondo dell’associazione, ossia il lottatore che avrebbe portato in giro per gli Stati Uniti l’NWA Worlds Heavyweight Championship, un titolo che oggi ha alle spalle più di settant’anni di storia e che è appartenuto a lottatori che vengono annoverati ancora oggi tra i più grandi di sempre: Ric Flair, Terry Funk e Harley Race. 

Teoricamente, il campione avrebbe dovuto difendere il titolo in tutto il Paese, affrontando di volta in volta gli atleti più promettenti delle altre federazioni per permettere loro di crescere in termini di visibilità e status. Tuttavia, capitava spesso che i titolari delle federazioni che avevano sotto contratto il campione del momento organizzassero i suoi spostamenti in maniera tale da non farlo allontanare troppo dal suo territorio di provenienza. In sostanza, si trattava di tutelare un investimento: la mancata presenza del campione negli show settimanali aveva quasi sempre conseguenze negative dal punto di vista economico, dato che il pubblico pagava il biglietto per vederlo.

La carriera di Fritz Von Erich cominciò quindi in un  contesto molto frammentato. Nel 1953 era andato a Edermont, in Canada, per giocare come guardia nella squadra di football locale, ma un infortunio mise presto fine alla sua carriera. Dopo una lunga riabilitazione, conobbe Stu Hart, patriarca di un’altra importantissima dinastia di wrestler e titolare di quella che era allora la più grande federazione canadese, la Klondike Wrestling. Hart rimase impressionato dalla sua imponente mole fisica (un metro e novantatré di altezza per 120 chili), e decise di arruolarlo nel suo roster di atleti per fargli impersonare una minacciosa e violenta guardia nazista. Dato che il ricordo della Seconda guerra mondiale era ancora molto vivido, quale cattivo migliore di un nostalgico del terzo Reich?

Hart gli affibbiò il ring name di “Fritz Von Erich” e lo fece lottare in coppia con un ipotetico fratello, Waldo (interpretato da Walter Paul Sieber). L’espediente narrativo dell’heel (ovvero: ‘un wrestler che interpreta il ruolo del cattivo’) dalle simpatie naziste era molto ricorrente. Oggi i cattivi sono caratterizzati in modi più profondi e sfaccettati rispetto al passato: i booker collegano quasi sempre il cambio della loro inclinazione morale a un evento scatenante, come un tradimento o una sconfitta inaspettata.

Negli anni Sessanta invece le storie raccontate dalle varie federazioni erano improntate su una logica manichea molto più essenziale, che doveva rendere facilmente distinguibili il bene e il male per meglio indirizzare il tifo del pubblico. Nella stragrande maggioranza dei casi, i wrestler non diventavano heel per una qualche motivazione particolare: erano cattivi, punto. Perché? Perché sì. 

Nel wrestling è tutto finto, tranne il dolore di chi combatte -

Fritz Von Erich fece poi ritorno in patria, dove si esibì in varie federazioni locali e ottenne una discreta fama. Nel 1959, in seguito alla morte del primogenito Jack Jr., cominciò a ridimensionare il suo impegno nel ring, e sette anni dopo decise di abbandonare il wrestling lottato per diventarne un promoter. 

Accadde nel 1966, quando diede il via alla sua prima avventura imprenditoriale con la fondazione della World Class Championship Wrestling (WCCW), che nel ventennio successivo sarebbe riuscita a distinguersi nel competitivo e affollato panorama delle promozioni indipendenti, diventando una delle realtà più considerate e quotate della “Territories Era”.

In quegli anni il concetto di kayfabe (termine che indica ‘la grammatica della finzione tipica del wrestling, in cui tutto ciò che è predeterminato va presentato come spontaneo e vero’) era decisamente più presente rispetto a oggi: i lottatori mantenevano le caratteristiche tipiche della proprie gimmick (‘i personaggi interpretati’) anche al di fuori del ring, per indurre il pubblico a credere che le rivalità tra gli atleti non si esaurissero all’interno del quadrato. 

I proprietari delle federazioni assolvevano spesso alle funzioni di “booking”, ossia di sceneggiatura, presiedendo la costruzione dell’intera architettura narrativa della federazione. In sostanza, decidevano l’inclinazione morale dei wrestler (se farli diventare dei face, ossia ‘buoni’, o degli heel, ‘i cattivi’), il loro ring attire (‘gli abiti indossati sul quadrato’), la categoria in cui farli militare (singolo o tag team, ossia ‘in coppia’) e quale rivalità fargli intraprendere.

L’impianto narrativo della WCCW era simile a quello di un romanzo familiare, nel senso che era incentrato interamente sulle gesta di quattro dei sei figli di Fritz: Kevin, Kerry, Mike e per l’appunto David (partecipava in modo diverso alla vita della federazione anche l’altro fratello, Chris, che si occupava delle riprese e aiutava il padre con le beghe burocratiche e amministrative). 

Le storie proposte dalla federazione seguivano pedissequamente un canovaccio semplice, ma molto efficace. I fratelli Von Erich interpretavano il ruolo dei buoni, che  accettavano la sfida di energumeni spietati  giunti in Texas per ottenere il dominio della federazione. Diversi lottatori cominciarono dalla WCCW: Chris Adams, The Fabulous Freebirds, Jake Roberts, Mick Foley, Shawn Michaels, Gino Hernandez e Iceman King Parsons, solo per citarne alcuni. 

Anche se Kevin e Kerry erano dotati di capacità atletiche più spiccate, la vera superstar della famiglia era David, che riusciva a compensare i suoi limiti tecnici con una bravura al microfono e un carisma fuori dal comune, qualità che in uno sport predeterminato e ad alto tasso di spettacolarità come il wrestling contano più di qualsiasi prestazione sportiva. Negli anni, Fritz aveva speso molte energie per trasformarlo in una superstar di rilievo nazionale e farlo diventare campione dei pesi massimi della NWA, un riconoscimento che lui non era mai riuscito a ottenere nel corso della sua carriera da lottatore. 

Dopo la morte di David, Kerry prese il suo posto nel match con Ric Flair.Il 6 maggio del 198, Kerry  vinse l’NWA Worlds Heavyweight Championship, in un incontro che gli appassionati ricordano ancora oggi con affetto. Il match si svolse al Texas Stadium di Irving, in un evento dedicato alla memoria di David. Flair fece il suo ingresso nel ring tra i fischi del pubblico, sfoggiando una certa superbia e sfidando gli spettatori con lo sguardo per dare risalto il suo ruolo da heel. Al contrario, Kerry fu accolto dagli spettatori di casa come un eroe, e per l’occasione indossò una vestaglia su cui era stato impresso il volto del fratello. 

“Anche se Kevin e Kerry erano dotati di capacità atletiche più spiccate, la vera superstar della famiglia era David, che riusciva a compensare i suoi limiti tecnici con una bravura al microfono e un carisma fuori dal comune”.

Nelle settimane che anticiparono l’evento i promoter si trovarono in una situazione di stallo. Da un lato far perdere il titolo a Flair avrebbe significato privare della cintura il lottatore più rappresentativo dell’intera federazione, dall’altro programmare la sua vittoria avrebbe gettato nello sconforto gli oltre 30mila spettatori che avevano pagato il biglietto soltanto per vedere Kerry indossare alla vita la cintura che suo fratello non era riuscito a conquistare.

Alla fine si optò per una soluzione di compromesso: decisero di far prevalere Kerry, che dopo undici minuti riuscì a schienare Flair e vinse il titolo, provocando nei propri tifosi quell’attesa esplosione di gioia. Tuttavia, il board programmò per lui un regno brevissimo: Flair lo riconquistò dopo appena 18 giorni, in un evento che l’NWA organizzò a Okinawa, in Giappone. 

Anche se il regno durò meno di tre settimane, Kerry si dimostrò la personalità adatta per sostituire David: diventò il lottatore più importante della WWCW, ma nel 1986 la sua vita cambiò a causa di un incidente in moto che gli costò l’amputazione di un piede. L’anno dopo suo fratello Mike, che nel 1985 aveva dovuto ritirarsi dalle scene causa di una sindrome da shock tossico, morì in seguito all’assunzione di una quantità spropositata di tranquillanti. Anche se i medici gli consigliarono di smettere di esibirsi, pur di continuare a lottare Kerry decise di farsi impiantare una protesi. 

Fritz fece promettere agli specialisti che avevano operato suo figlio di non rivelare pubblicamente l’accaduto: temeva che, se gli altri promoter fossero venuti a conoscenza dell’operazione, avrebbero posto fine alla carriera di Kerry. 

Il suo contributo era necessario: dopo la morte di Mike, Kevin era ormai un lottatore scarsamente considerato, e Chris aveva accumulato un’esperienza nel ring insufficiente per competere a certi livelli. Gli affari della WCCW andavano male, e Kerry era l’unico lottatore della federazione con lo status adatto per potere ambire al titolo massimo. 

Nonostante la precarietà delle sue condizioni fisiche, il resto della sua carriera fu ricco di successi inimmaginabili. Nel 1990 debuttò in quella che, nel frattempo, era diventata la federazione più importante in assoluto, la World Wrestling Federation (che oggi conosciamo come WWE), diventando in pochi mesi uno dei nomi di punta, al punto di vincere un titolo intercontinentale in uno storico incontro con Curt Hennig, lottatore conosciuto con il ring name di Mr. Perfect, nell’edizione di Summerslam di quell’anno. Diversi atleti hanno raccontato che, pur di non rivelare l’utilizzo della protesi agli altri lottatori del roster, Kerry arrivò a tenersi addosso gli stivali in ogni occasione, anche sotto la doccia. 

Negli anni sono stati raccontati diversi aneddoti relativi al piede di Kerry. Secondo uno di questi, mai confermato, durante un incontro del 1988 a Las Vegas Colonel DeBeers lo trascinò afferrandolo per il piede e gli portò via lo stivale, rivelando al pubblico la sua protesi e costringendolo a nascondersi sotto l’apron (il tappeto del ring) per rimetterla al suo posto. 

Nel wrestling è tutto finto, tranne il dolore di chi combatte -

Per dare continuità alla sua attività di lottatore e sopportare i dolori sempre più debilitanti che accusava al collo, alla schiena e alle articolazioni, sviluppò una pesante dipendenza da cocaina e antidolorifici. Morì suicida il 18 febbraio del 1993, sparandosi un colpo alla testa nel ranch di suo padre a Denton, in Texas. 

Dopo aver lavorato per più di dieci anni come operatore di camera al fianco del padre, anche Chris (il fratello che non ha trovato spazio nel film di Durkin) provò a dedicarsi al wrestling a tempo pieno. Nel 1990 iniziò a esibirsi occasionalmente negli show della United States Wrestling Association (USWA) di Memphis, in Tennessee, dove riuscì a ottenere una discreta visibilità grazie al contratto che la federazione aveva sottoscritto con l’emittente ESPN. Soffrì per tutta la sua vita di una grave forma d’asma che lo costrinse a tenersi lontano dal ring, anche perché la continua assunzione di prednisone, un potente cortisonico, aveva reso le sue ossa molto fragili. La sua carriera come wrestler professionista durò solo un anno: si suicidò nella fattoria dei suoi genitori il 12 settembre del 1991. 

L’epilogo di questa sventurata saga familiare contrasta con alcuni aneddoti che Kevin, l’unico fratello ancora in vita, ha rivelato in alcune interviste, parlando di un’infanzia tutto sommato spensierata e felice, piena di passeggiate tra la natura, corse a cavallo, partite di football improvvisate,  gite domenicali. Kevin ha anche ridimensionato la presunta severità di suo padre, che è uno degli elementi più enfatizzati dal film di Durkin, osservando come, in realtà, le pressioni provenissero soprattutto dall’innato agonismo dei fratelli.

“Diversi atleti hanno raccontato che, pur di non rivelare l’utilizzo della protesi agli altri lottatori del roster, Kerry arrivò a tenersi addosso gli stivali in ogni occasione, anche sotto la doccia”.

Negli anni la storia dei Von Erich ha suscitato un enorme interesse non soltanto per i suoi risvolti più tragici, ma anche per la sua capacità di fotografare un periodo irripetibile della storia di questa disciplina, in cui il concetti come “famiglia” e “territorio” occupavano un ruolo centrale: il business era trainato da dinastie che trasmettevano quest’arte di generazione in generazione, e ogni federazione puntava a superare le altre per importanza e blasone. 

Fritz morì nel 1997 a causa di un cancro al cervello e ai polmoni. Nel 2009 l’intera famiglia fu inserita nella Hall of Fame della WWE. Kevin andò a ritirare gli anelli per conto di suo padre e dei suoi fratelli. 

Giuseppe Luca Scaffidi

Giuseppe Luca Scaffidi è giornalista freelance e si occupa soprattutto di attualità, politica, cultura. Collabora con «Il Post» e altre testate.

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