Un'utopia fatta in casa - Lucy
articolo

Bruce Sterling

Un’utopia fatta in casa

18 Aprile 2024

Com'è la vita quotidiana di uno scrittore di fantascienza? Bruce Sterling, promotore del cyberpunk, teorico delle utopie sci-fi, racconta la sua vita caotica e reale fatta di nonni, bambini, ristrutturazioni in casa e cibi piccanti.

Il mio articolo per Lucy può sembrare un po’ sconclusionato, perché, mentre scrivo, al piano di sotto stanno distruggendo la casa. 

Abbiamo deciso che ci servivano una stanza per gli ospiti e uno studio più di quanto ci servisse un garage per la macchina. Lo spazio del garage quindi va trasformato. Nuovo pavimento, nuova illuminazione, nuove tubature; dobbiamo spostare gli elettrodomestici. Ogni oggetto che prima era in garage adesso è impilato e ammucchiato in cataste pericolanti. 

Fanno un gran rumore laggiù, c’è un trambusto di piastrelle rotte, cemento trapanato e polvere. È uno degli ambienti meno “utopici” che si possano immaginare, perché non ha niente di razionale, statico o perfetto. È “distruzione creativa”. 

Indosso una tuta da lavoro e ho con me quattro diversi utensili multifunzione: un Leatherman Arc, un Leatherman Micra, un coltellino svizzero WorkChamp e un altro più piccolo per qualche lavoro di fino. Le conversazioni in famiglia suonano più o meno così, in un mix di spagnolo, italiano e inglese: “Abbiamo una testina più grande per trapanare il metallo?” “Come questa?” “È della dimensione giusta, però quella è per il legno”. “Questa?” “Quasi, ma è per la muratura”. “I ferramenta sono chiusi!” “Fa niente, allora uso martello e scalpello”. 

La nostra casa ospita cinque persone, una americana, una italiana, due serbe e una bambina di tre anni italo-serba che parla lo spagnolo come prima lingua. L’esistenza della bambina è il catalizzatore che ha portato all’acquisto della casa. Vive qui a Ibiza perché, data la natura poliglotta e multietnica della sua famiglia, perché no? 

“Fanno un gran rumore laggiù, c’è un trambusto di piastrelle rotte, cemento trapanato e polvere. È uno degli ambienti meno ‘utopici’ che si possano immaginare”.

La bambina è la componente più utopica della nostra famiglia; è giovane, indifferente alla tradizione e instancabilmente proiettata verso la futurità. La distruzione in atto nel garage la esalta. È galvanizzata dagli esperimenti domestici a tutto tondo. 

Oggi si è messa a letto con sua nonna con un bicchiere di latte in mano. 

“Non puoi bere il latte a letto” dice la nonna, in italiano. 

“Perché no?” risponde la bambina, in spagnolo. 

“Perché rischi di rovesciarlo”. 

La bambina rovescia volontariamente il latte sul letto.

“Non si fa così, guarda che pasticcio che hai combinato” dice la mamma. “Dì alla nonna che ti dispiace di averle rovinato il letto”. 

“A me non dispiace” ribatte la bambina di tre anni, ficcandosi subito nei guai, ma è così che a tre anni si impara a conoscere la cultura materiale. È un esperimento utopico: e se il latte avesse in qualche modo migliorato il letto? A sua discolpa, il letto rovinato era esaltante quasi quanto il garage distrutto. 

Per un paio di anni, a Torino, io e mia moglie siamo stati abbastanza conosciuti per aver curato una casa sperimentale chiamata “Casa Jasmina”. Casa Jasmina era uno spazio espositivo per tecnologie digitali open source, un progetto utopico che comprendeva molti arredi sperimentali costruiti in legno compensato e plastica stampata in 3D. 

Tuttavia, quella casa perlopiù fittizia non ha mai ospitato dei bambini. La casa attuale, “Casa Frida”, è il tentativo esplicito di un gruppo di stranieri di dare rifugio a una bambina. Ci sono i pannelli solari sul tetto. C’è uno studio di produzione video. C’è un modesto laboratorio per un maker come me, in cui uno scrittore di fantascienza americano può costruire delle repliche moderne del Versificatore, l’intelligenza artificiale di Primo Levi.  

Il letto dei nonni è anche un ripostiglio; la struttura del letto in legno è piena di buchi trapanati e ci sono ceste di metallo che contengono caricatori per quattro cellulari, tre portatili, lampadine per la lettura, ventilatori, un cuscino termico e un telecomando. Ampie collezioni di libri in inglese, serbo, spagnolo, catalano e italiano vagano di stanza in stanza, perché la bambina aveva il vizio di prendere i libri dalle mensole e mangiarli, quindi nessuno ha ancora escogitato una strategia per organizzarli. 

Viviamo così: teorici dell’utopia in una famiglia reale. I nostri ospiti non notano mai l’istinto utopico. Notano invece che una volta la bambina ha scritto sulla pareti della cucina con pastelli colorati indelebili. Quelle enormi macchie infantili nascondono l’eccentricità del resto della casa. 

A una prima occhiata, nessuno sospetterebbe che la modesta cucina sforna uno strano mix di cibo italiano, serbo, spagnolo, piatti Tex-Mex piccantissimi e una quantità sorprendente di cibo cinese che la famiglia ha allegramente concordato di mangiare, dal momento che è una scelta culinaria egualmente strana per tutti. 

In questa casa i problemi proliferano e diventano più grandi. Ce ne sono di nuovi, diversi, ogni giorno. Una bambina che cresce rende lampante che le persone non sono problemi architettonici o di design. Le persone sono entità viventi, legate al tempo, e non problemi definiti con una possibile soluzione. 

Malgrado il tumulto costante e l’oggettiva improbabilità, a Casa Frida regna una strana armonia. La famiglia è composta da adulti emigrati disposti ad abbandonare le proprie tradizioni locali al punto di sposare allegramente delle persone straniere. Perciò è una famiglia senza un’unica lingua in comune, eppure è calma e bendisposta.

Tutti i problemi importanti della famiglia, infatti, non sono interni. Si presentano alla porta, sono imposti dall’esterno. Requisiti di residenza, questioni fiscali, controlli dei passaporti, cambio valuta, regolamenti bancari, e migliaia di altri deficit (ma a volte anche qualche benefit) che derivano dal fatto che una famiglia condivida una casa in una nazione a cui nessuno dei suoi componenti appartiene davvero. 

“Una bambina che cresce rende lampante che le persone non sono problemi architettonici o di design. Le persone sono entità viventi, legate al tempo, e non problemi definiti con una possibile soluzione”.

È una situazione strana ma non insolita a Ibiza, un’isola dominata dal turismo e dai matrimoni tra gruppi diversi. Ibiza ha la reputazione di essere un luogo romantico e mistico, e come l’originale Utopia del libro di Tommaso Moro è anch’essa un’isola. Ma una volta che si inizia a conoscerla, si capisce che non è un ritiro zen cristallino. È intensamente stagionale. È dominata da contraddizioni cicliche. Enormi esotiche ondate di stranieri del jet-set e poi la placida vita rustica di una piccola isola. L’Ibiza locale e l’Ibiza globale sono come il giorno e la notte, e sono in dialogo tra loro; in qualche modo, si rinfrescano l’un l’altra. 

Questa turbolenta costruzione/distruzione si calmerà a ritmo e a tempo debito. La nostra abitazione diventerà più domestica, più civilizzata. Una bambina piccola in un’utopia fatta in casa è una figura al tempo stesso dinamica e stabilizzante; dinamica, perché cresce e cambia ogni giorno, ma anche stabilizzante perché ha sempre bisogno dell’attenzione degli adulti. Rovescia il latte a letto, ma perché c’era il latte tanto per cominciare? Perché una bambina ne ha bisogno. Ha più familiarità con questa casa di tutti noi, perché ci sta crescendo. È la sua normalità. “Chi è nato nel fuoco è a casa nel fuoco” scriveva il poeta americano Carl Sandburg. 

Il mio breve saggio si avvia alla conclusione, ma “quando la casa è finita, la famiglia muore”. Un proverbio malinconico sui limiti dell’utopia; ogni volta che si perfeziona qualcosa, la si rende più simile a un museo che a una casa. 

E quindi: ora di andare a cucinare e mangiare!

Traduzione di Alessandra Castellazzi.

Bruce Sterling sarà uno degli ospiti di Biennale Tecnologia, dal 18 al 21 aprile a Torino.
Qui il programma completo.
Venerdì 19 aprile, Matteo De Giuli dialogherà con Harry Parker, scrittore e autore di Umani Ibridi.

Bruce Sterling

Bruce Sterling è scrittore, insegnante e saggista. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Cyberpunk (Mondadori, 2021) insieme a William Gibson e Neal Stephenson.

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