Ester Viola
11 Aprile 2025
Paziente, discreta, allergica al melodramma. A vent’anni dal matrimonio con l’amore di sempre, Carlo, quella che oggi è la regina consorte del Regno Unito merita una riscrittura della storia di cui non è stata protagonista. Fino a ora.
Carlo e Camilla in viaggio in Italia, Carlo e Camilla insieme dal Papa, Carlo e Camilla re e regina d’Inghilterra. Non siamo ancora abituati. Pare una coppia antica o una coppia improvvisata, è la stessa cosa, stanno nella memoria collettiva ma poco stabili, senza colla.
Se Diana pareva scritta per una favola triste di Andresen, Camilla invece a che storia appartiene?
Si comincia da lei, la moglie. Diana sorriso di vetro. Andrew Morton, che ha rimesso in ordine i pezzi della biografia e del carattere della principessa del Galles, la racconta come una specie di nata infelice. La madre a un certo punto sparisce quando è una bambina, lei resta per anni, ogni pomeriggio, sui gradini di casa ad aspettarla.
Abbiamo cambiato talmente tante bambinaie! La nostra impressione era che certe bambinaie accettassero l’incarico più per sedurre nostro padre che per badare a noi. A quelle che non ci piacevano, mio fratello e io conficcavamo degli spilli nella poltrona e scaraventavamo i vestiti fuori dalla finestra. Le vedevamo sempre come una minaccia perché cercavano di prendere il posto della mamma.
Almeno questo è quel che raccontava quando già si era fatta il genio dei media che conoscevamo. Una ragazza un po’ più energica di quando era solo la moglie disperata. Diana diventerà con gli anni meno delusa e più abile, capace di piegare ogni racconto a proprio vantaggio e farsi credere. Un riscatto minimo a discapito del marito − se lo è meritato e ha deciso (bene) di sfruttarlo.
Fatto sta che come pensi di uscirne, da un’infanzia abbandonata? Non ci sono due possibilità, ma una sola. Miserabile. Iperemotiva, dipendente dalle attenzioni, col destino di farsi disamare. Nessun Carlo poteva essere abbastanza, o migliore dell’altro.
Per colmo di sfortuna le toccherà il Carlo reale, costretto a una famiglia di forma, e Diana aveva poca sostanza di nervi. E vent’anni sono troppo pochi per qualsiasi reazione sensata.
Il giorno del tour stampa del fidanzamento, in una gelida intervista prematrimoniale chiedono a Carlo come si sente, e quanto sono innamorati. Sembra una domanda che non prevede possibilità di scampo dall’ipocrisia da buon marito. E invece lui risponde: “Sì, qualunque cosa significhi amore”.
E lì fu il debutto di Diana. Il gesto di lei subito dopo è quello che poi è diventato cliché, martello e incudine. La sventurata inclina la testa, inventa e brevetta quel sorriso opaco, piccolissimo e distruttivo che poi ha imparato a usare come una spada. Un sorriso a punta. Calamita per i fotografi e marchio di ricatto.
“Se Diana pareva scritta per una favola triste di” Andresen, Camilla invece a che storia appartiene?”
È una lunga premessa, questa, perché la storia di Camilla non esisterebbe senza la storia di Diana. Carlo e Camilla, e l’amore invincibile di due, non può essere raccontato senza farli diventare tre.
Carlo e Camilla.
Intanto non esistono le relazioni resistenti a tutto: al tempo, all’istituzione, all’imbarazzo, ai matrimoni dei due con altre persone. Carlo e Camilla stanno insieme anche per una serie di circostanze agguerrite. Relazioni che si reggono bene su quel che non accade altrove. Camilla Parker Bowles − senza la regia devastatrice della moglie tradita − poteva restare con ogni probabilità lontana dal racconto ufficiale. Sì, era amatissima da Carlo, ma la monarchia inglese sarebbe rimasta stabile dentro protocolli ordinati. Camilla avrebbe dovuto generare il tipo di disamore che rende al disamato insopportabile restare. E lo ha fatto, lentissima e immobile, un ghiacciaio che cresce.
La relazione con Carlo inizia nei primi anni Settanta: lei, ancora Camilla Shand, è una ragazza di buon cognome. La raccontano − allora e ancora adesso − colta e di spirito. Carlo è il principe del Galles, appena ventitreenne, educazione all’impassibilità a casa e apprendistato militare fuori. Si conoscono, si piacciono, è escluso sposarsi. Carlo è mandato a servire nella Marina e Camilla, nel frattempo, sposa Andrew Parker Bowles, ufficiale dell’esercito.
Tra Carlo e Camilla non si interrompe niente. Restano legati. Anni e anni e anni. Il non poter fare niente per sfamarsi di stare insieme è il più forte eccitante in natura, quindi i due sono la coppia perfetta. Lontani e contrastati, diverranno amanti a fianco del meno dissolubile dei matrimoni.
La stampa ha trattato Camilla − non poteva essere diversamente − come l’altra indefinita. Senza aggettivi. Diana è l’icona pop, quella a cui stavano bene i vestiti, la tradita, l’innamorata, la protagonista di copertine, la bella inutile, la predestinata alla sciagura. Ha preso tutte le parti disponibili della storia. E quindi a Camilla restava cosa?
Ora si potrebbe pure cedere al verso romantico, dire che Carlo l’ha amata per sempre e nonostante. Ma resta un’altra, mi sembra, la struttura più salda che li ha tenuti. Non li guardi, quei due, come la coppia ideale, quella imboccata da commedia romantica che contro ogni previsione si riscatta e fa quello che le era stato negato: esistere. Di Camilla è interessante non la parte dell’amata, ma l’operazione indipendente, quella di sottrazione. È un costante numero negativo, Camilla. Interviste, repliche, tentativi di grazia sull’opinione pubblica, non c’è nulla. Solo una gestione in laboratorio delle attese. Neanche Penelope è un paragone sensato, il comportamento è più naturale che determinato, più freddo. Lo scopo anti ingenuo e parecchio meditato è essere dimenticata. Solo così poteva aspirare a un diritto di presenza.
Quando nel 1992 i tabloid pubblicano il “Camillagate”, una telefonata registrata in cui Carlo, con tono affettuoso e ridicolo, le confessa di voler essere reincarnato nei suoi tamponi, l’Inghilterra ride, si indigna, poi si scorda tutto. Trascorrono trentacinque anni dal primo incontro.
Sempre irresistibilmente affascinante, incredibilmente spontanea, divertente, una calamita per gli uomini in ogni momento – Camilla lo è stata davvero. E, in effetti, anche suo fratello e sua sorella erano molto attraenti. Li chiamavano i “Sexy Shand”, perché la famiglia Shand – Camilla si chiamava appunto Camilla Shand – era una famiglia ben vista, tra le favorite dell’alta società. Camilla era una donna di grande charme, avrebbe potuto sposare chiunque − racconta Tina Brown.
Un’ironia disarmante, allergica al melodramma, dotata di raro istinto di sopravvivenza da ragno nelle maglie della corte. Sa che in quelle reti sottili vince l’antidiana, chi non s’avvelena nelle attese, chi non chiede niente, chi non pretende amore, chi insomma non se ne va.
Il potere di non andarsene: io non ho mai saputo se è un talento per la vita o per l’autodistruzione. Probabilmente la risposta è dipende. A resistere son buoni tutti, è sapere quando resistere, l’impresa.
Ester Viola
Ester Viola è avvocata, giornalista di costume, scrittrice. Il suo ultimo libro si intitola Voltare pagina. Dieci libri per sopravvivere all’amore (Einaudi, 2023).
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