Paul Nizan: l'antiborghese - Lucy
Compagni di strada

Goffredo Fofi

Paul Nizan: l’antiborghese

18 Ottobre 2024

Paul Nizan è stato scrittore impegnato, talentuoso e refrattario ai compromessi. Ancora oggi, i giovani possono trovare in lui un modello di intellettuale militante a cui aspirare.

Molto più di Sartre, confesso, mi ha sempre interessato Paul Nizan, suo amico almeno fino a un certo punto, credo, della loro comune vicenda politica. Di nonno contadino, di padre ferroviere che si sogna e poi diventa borghese, Nizan incrociò Sartre a Parigi negli anni del liceo, e molti anni dopo sarà proprio Sartre a scrivere la prefazione per il suo libro d’esordio, Aden Arabia (1931), riscoperto dalla sinistra e riedito (nel 1960) da Maspéro: l’edizione che anche io ho letto avidamente a suo tempo. L’incipit è diventato quasi proverbiale tanto è stato citato: “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che è la più bella età della vita”.

In verità, più che dei suoi vent’anni, Nizan in quel libro parla di colonialismo e delle responsabilità politiche europee, con una sensibilità e una sincerità che fanno pensare ai resoconti dei viaggi africani di André Gide e Michel Leiris. Nel 1932, I cani da guardia (di cui esiste un’edizione italiana curata da Rossana Rossanda) fu un attacco deciso alla cultura borghese, agli intellettuali borghesi del tempo… e soprattutto di idee comuniste. Nizan prese parte nel 1935 all’ambiguo Congresso internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura voluto dall’Urss al fine di costruire alleanze anti-naziste, e fu un anticipatore del Fronte Popolare. Ma si disgustò subito dopo il cinico patto Stalin-Ribbentrop e di quello, che riguardava da molto vicino gli intellettuali francesi di sinistra, tra Stalin e Laval, che all’epoca era a capo del governo francese. 

L’allontanamento dal Pcf fu assoluto, ma prima Nizan aveva pubblicato il suo capolavoro letterario, Antoine Bloyé (1933), che convinsi tanti anni dopo il piccolo editore veronese Bertani a far tradurre in Italia. Questo romanzo narra, in definitiva, la vita del padre dell’autore, un figlio di contadini diventato ferroviere e poi funzionario piccolo-borghese, seppure a costo di perdere l’anima e il rispetto di sé per il guadagno di una sicurezza economica dubbia. È un’opera ancora attuale, ancora appassionante: uno specchio assai probante del problema centrale della seconda metà del Novecento e di oggi: il passaggio di una massa di contadine e di proletari nelle file del ceto medio. L’opera successiva, Il cavallo di Troia (1935), è meno pessimista e malinconica, e torna alla fiducia nella Rivoluzione: ne è protagonista il figlio di Antoine Bloyé, che però somiglia in buona parte allo stesso Nizan…

“In verità, più che dei suoi vent’anni, Nizan in quel libro parla di colonialismo e delle responsabilità politiche europee, con una sensibilità e una sincerità che fanno pensare ai resoconti dei viaggi africani di André Gide e Michel Leiris”.

Il grande interesse con lui si lesse invece La cospirazione (1938), tardivamente tradotto in Italia da Mondadori, venne dal possibile paragone con una certa storia italiana di giovani ribelli dentro e dopo il ‘68… La domanda che Nizan si poneva (e che ancora ci pone) resta pivotale: “L’uomo non sarà mai altro che un frammento d’uomo, alienato, mutilato, estraneo a se stesso?” Cito a memoria, ché non è una frase diventata famosa come l’inizio di Aden Arabia, eppure altrettanto meriterebbe di esserlo. Per un destino diverso da quello di tanti intellettuali forse più abili e cinici di lui, Nizan è morto nel 1940, al fronte, dalle parti di Dunkerque…

Dopo un periodo di silenzio, il nome e le opere di Nizan hanno visto un lungo revival: questo perché tanti giovani vi si sono riconosciuti e tanti intellettuali vi hanno trovato (o ritrovato) le difficoltà del proprio cammino di militanti sinistra. Dicevo di amare più Nizan di Sartre, ma ho tuttavia ben viva negli occhi la visione di Sartre e Beauvoir, a Sessantotto finito e “recuperato”: due vecchi che nei week-end, portandosi da casa delle sedioline pieghevoli, si piazzavano all’inizio del Boulevard Saint-Michel a vendere il giornale maoista «La cause du peuple» – “ça va, monsieur Sarte?  Ça va, madame Beauvoir?” “Oui, ça va, ça va…”. 

Goffredo Fofi

Goffredo Fofi è saggista, critico cinematografico e letterario. Il suo ultimo libro è Cari agli dèi (Edizioni E/O, 2022).

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