Credere, obbedire, votare: i volti di Giorgia Meloni - Lucy
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Marco P. Valli e Luca Santese

Credere, obbedire, votare: i volti di Giorgia Meloni

Il 22 settembre 2022, poco prima delle elezioni, il centrodestra si riunisce a Piazza del Popolo. Quel giorno la grande maggioranza appartiene a “Fratelli d’Italia”. Un racconto per immagini dei momenti che precedono il trionfo di Giorgia Meloni.

Ennio Flaiano definiva gli italiani “un popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti e di cognati”.

Quando il 22 Settembre 2022 il centrodestra si riunisce a Piazza del popolo in vista delle elezioni che si terranno il 25 settembre, la maggioranza dei presenti appartiene a “Fratelli d’Italia”.

Nonostante l’imminente plebiscito elettorale, la piazza è meno affollata del previsto: non sempre, del resto, può essere piacevole presenziare agli eventi in famiglia.

Tra la folla, tuttavia, più che l’adesione a una causa, a colpire è proprio un generico quanto autentico sentimento di appartenenza, quello del partito che si fa casa. 

L’appartenenza viene fieramente rivendicata in alcuni tatuaggi sui deltoidi, come si fa con la mamma o la passata di pomodoro “100% italiana”; la bandiera è messa a decoro di molte mascherine ffp2 (quasi a doppia protezione dal virus), e quelli del tricolore diventano i colori con cui forgiarsi dei guanti di lana: è quasi ottobre e fuori il freddo punge.

Tante le croci al collo (“sono cristiana”!), le facce allegramente stanche, mentre qualcuno si aggira per il corteo con aria furtiva – cappello a tesa larga calcato sulla testa e mise tetra da giustiziere della notte: il noir fumoso, assieme a Tolkien e Capitan Harlock, d’altronde, è da sempre il cosplayer prediletto di quelli che Umberto Eco chiamava i fascisti eterni.

I programmi elettorali vengono ignorati o ammonticchiati a terra: per manifestare certi sentimenti, d’altra parte, non servono manifesti o lettere d’amore.

Conclusasi ormai l’epoca del fu papi-Silvio Berlusconi, che pure quel giorno sale sul palco a rassicurare, l’amore, testimoniato ad esempio dal sorriso troppo largo stampato sulle magliette, come pure dai giovani che sbandierano spavaldi, ora è tutto per Giorgia Meloni.

E d’altronde, la leader, dopo essere una “donna”, è soprattutto “una madre”, come lei stessa ha  rivendicato in un discorso famigerato divenuto prima meme e poi ritornello, con tanto di variante ispanofona. Al “Meno male che Silvio c’è”, inno votato a un deus ex macchina irreplicabile, sono già subentrati altri cori, e paiono quasi involontarie ammissioni di complessi edipici se messi  in bocca alla componente più giovanile del partito “Oh mamma mamma mamma, oh mamma mamma mamma sai-che-c’è? mi batte il corazòn!”. 

La folla, in questa giornata, è accudita, rassicurata, difesa da Giorgia Meloni, l’esponente politico in cui sembra riconoscere la propria guida e la patria tutta. E in tanta riconoscenza sbandierata, sorge allora il sospetto che il tricolore significhi tutto sommato altro: un feticcio materno, per esempio.

Lo aveva capito già qualche tempo fa Giorgio Manganelli quando, facendosi beffe del reato di vilipendio –  alla bandiera, si capisce – in uno dei suoi elzeviri più paradossali annotava: “siamo riusciti ad arrivare al divorzio, ma la madre che non vuole che si dicano ‘certe cose’  è ancora lì, con le manette e la pasta fatta in casa. Il reato di vilipendio nasce dalla convinzione, del tutto ragionevole e fondata, che l’italiano, lasciato a se stesso, si abbandonerebbe ad un vilipendio virulento, sconcio, iterativo e generalizzato”.

Ma prima c’era il perfido Paolo Poli che nelle vesti di Dracula, nel suo storico programma Baubau, aveva dedicato una trasmissione intera allo studio del mammismo nei mammiferi italiani. Cesare Zavattini, intervistato in studio sul fenomeno, notava due componenti: l’affetto assoluto unito a una temibile tendenza alla sopraffazione. 

Poche settimane fa sono diventati virali i molti video girati delle sezioni del Rassemblement National in cui si assiste alla reazione dei sostenitori (spesso candidati) all’inatteso svelamento della loro debacle elettorale.

In uno di questi, due sostenitrici riprendono lo schermo per poi esplodere in insulti non appena appaiono i risultati (fils de pute!, urla una delle due rivolta ai compatrioti). Allons enfants de la Patrie recita invece il primo verso della Marsigliese.

Quel 22 settembre a Piazza del Popolo non sembrano esserci solo i Fratelli d’italia, ma con loro anche i “cognati”, “i nipoti”, “una madre”, e molti figli d’Italia: il loro ritratto un momento prima della vittoria, però, ora non fa poi così ridere.

(Testo introduttivo di Emiliano Ceresi)

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Marco P. Valli

Marco P. Valli è fotografo e reporter. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste nazionali e internazionali. Il suo ultimo libro, in coppia con Luca Santese, è Il corpo del capitano (Cesturapublish, 2020).

Luca Santese

Luca Santese è artista, fotografo e curatore. Suoi lavori sono usciti per testate nazionali e internazionali. Il suo ultimo libro, in coppia con Marco P. Valli, è Il corpo del capitano (Cesurapublish, 2020).

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