Detestare la violenza eppure disegnarla. Intervista a Usamaru Furuya - Lucy
articolo

Matteo Grilli

Detestare la violenza eppure disegnarla. Intervista a Usamaru Furuya

21 Giugno 2024

Uno dei più importanti fumettisti della nuova scuola giapponese racconta la sua arte. I lavori di Furuya contraddistinti da un segno durissimo, personaggi atipici e vicende dolorose, hanno il coraggio di interrogarsi sui temi morali del nostro tempo.

Il fumetto giapponese ha già dentro di sé i semi del perturbante. Quando in fumetteria si esaurivano le possibilità offerte dal fumetto occidentale – che fosse il supereroismo marveliano oppure i fumetti “adulti” della DC Comics – dagli anni ’90 in poi potevi scegliere di pescare nel crescente settore “manga” e imbatterti in storie in apparenza innocue, disimpegnate, disegnate spesso con un tratto delicato, ma che riuscivano a lanciarti in mondi di pura violenza e orrore.

Un manga come Devilman di Go Nagai ti traeva in inganno con una storia che scatenava reminiscenze superomistiche (Superman, Spiderman etc.) per poi immergerti in una storia mostruosa e ferocissima; ancora più recente, un autore che sembra perfetto per i Young Adult come Inio Asano ti inganna con Buonanotte Punpun che inizia come un dolce racconto di formazione per poi trasformarsi in un abisso nichilista dove l’animo del protagonista viene fatto a pezzi volume dopo volume. Certo, esistono manga innocui, ma di base – come per tutti i fumetti – sono quelle storie emotivamente e graficamente perturbanti, ambivalenti e strane, a colpirci davvero, a rendere l’esperienza letteraria indimenticabile. 

Nella nuova ondata di autori di manga pochi stanno rivoluzionando l’orizzonte delle possibilità offerte da questo formato come Usamaru Furuya. Mi vengono in mente altri due nomi, Taiyō Matsumoto e Shūzō Oshimi – il primo autore di capolavori come Ping Pong e Sunny, il secondo che con Tracce di sangue ha creato un thriller psicologico capace di rivaleggiare Il silenzio degli innocenti – ma nessuno riesce a scatenare il potenziale del perturbante come Furuya.

Utilizzando una vasta gamma di stili artistici, che spaziano dal disegno fotorealistico a personaggi simili a mascotte, dagli esordi nella rivista Garo – incubatore di talenti underground del fumetto giapponese assimilabile alla nostra Frigidaire – al successo di opere come l’adattamento del romanzo culto Lo squalificato di Osamu Dazai, Furuya ha toccato e raccontato generi diversissimi tra loro: racconti di formazione splatter, storie d’amore imbevute di mitologia cristiana, fantascienza steampunk, horror grottesco. 

Quasi impossibile inserire Furuya in una nicchia, essendo un autore così trasversale e dallo stile denso, poliedrico e impressionante; noi appassionati di manga, diciamo, “perturbanti” restavamo spiazzati quando riuscivamo a procurarsi scan sgranatissime delle sue storie, aspettandoci il pazzo adismo granguignolesco di Paleopoli per poi trovarci La musica di Marie, un kolossal fantascientifico e struggente che pone interrogativi profondissimi tipo: Qual è il senso del divino? Dio siamo noi o noi siamo un riflesso di Dio? Ha senso la nostra esistenza o è solo una violenza contro il creato?

Fortunatamente, l’opera di questo autore straordinario sta venendo pubblicata anche in Italia grazie a Coconino, all’interno della collana Doku – in compagnia di altri mangaka incredibili come Masaaki Nakayama – consentendoci di dismettere gli archivi digitali di dubbia provenienza e immergersi nel meraviglioso, strano, dolcissimo e terrificante universo di storie di questo autore unico.

Detestare la violenza eppure disegnarla. Intervista a Usamaru Furuya -

Potete immaginare la mia emozione, da appassionato e ossessionato lettore, quando mi è stato chiesto di intervistarlo. Fortunatamente tutto è avvenuto via mail, altrimenti avrei rischiato una paralisi. Le sue risposte sono state generose e sorprendenti come la sua produzione, mostrando un artista con una visione limpida ed empatica nei confronti dei personaggi delle sue storie – spesso ragazzini spezzati da varie forme di violenza – e del mondo nella sua totalità.

Sei un artista molto poliedrico con una carriera atipica. I tuoi primi interessi hanno coinciso con la pittura a olio, a scultura, il teatro, la danza. Cosa ti ha spinto a realizzare manga?

Dopo essermi laureato in un’Accademia di Belle Arti, ho iniziato a lavorare come artista mentre insegnavo alle scuole superiori. Tuttavia, anche se ero un “artista”, non avevo alcun guadagno economico: ero solo una persona che cercava di esprimersi. Poi ho iniziato un lavoro part-time che mi ha portato a illustrare alcuni libri di testo. In quel momento ho provato un tale piacere nel disegnare con una penna, che mi sono ricordato dell’iniziale motivazione che mi aveva spinto a frequentare un liceo artistico: mi ero messo a dipingere perché mi piaceva disegnare i manga. Ecco perché mi ero iscritto in un liceo artistico. È stato allora che ho iniziato a disegnare manga. Un altro fattore è legato a un certo senso di insoddisfazione, quasi di soffocamento, legato all’arte concettuale che stavo studiando all’epoca. 

Hai esordito con la rivista «Garo». Come ci sei arrivato? Cosa ha significato per te questa esperienza?

Ho letto «Garo» quando ero uno studente. Era una rivista che ha ospitato molti autori di grande spessore che ammiravo. Quindi, anche se sapevo che non sarei stato pagato per il mio lavoro, ho deciso di fare quello che volevo con tutto me stesso. Per me era un hobby, anche perché all’epoca lavoravo come insegnante. Disegnare per «Garo» mi ha permesso di far emergere con più forza il mio lato artistico e credo che sia stata una scelta molto significativa perché ha determinato la direzione della mia carriera.

Palepoli è un vero e proprio laboratorio di piccoli esperimenti, con un notevole flusso di riferimenti alla cultura giapponese ma anche all’iconografia occidentale. Si tratta di un’eredità diretta dei tuoi studi? Come nasce questa opera?

Ho iniziato a disegnare manga all’età di 24 anni e non avevo alcuna tecnica di fumetto alle spalle. Le mie armi sono state le conoscenze e le tecniche artistiche sviluppate all’Accademia di Belle Arti. Avevo visto molti film, dipinti e opere teatrali, quindi ho inserito tutti questi elementi in Palepoli. Ho anche deciso di iniziare con uno yonkoma (fumetto in quattro vignette; n.d.t.), che è la base dei manga, proprio poiché non bisogna usare le tecniche di impaginazione delle vignette alla maniera dei “manga”, ed è così che mi è venuto in mente questo stile.

Quali sono le tue principali influenze? Autori, musica, film…

Le mie prime esperienze di lettura sono state con i manga di Tezuka Osamu: ho amato La fenice, Black Jack, Dororo, L’imperatore della giungla, ecc. Quando ero alle elementari, mi sono per la prima volta commosso leggendo un manga di Tezuka Osamu. Per quanto riguarda la musica, quando ero alle medie ero fan di un gruppo inglese chiamato Japan e sono rimasto affascinato dalla loro visione del mondo unica e cupa. Per quanto riguarda i film, invece, quando ero al liceo ho visto Morte a Venezia e sono rimasto ammaliato dalla sua bellezza decadente. Allo stesso tempo, la mia curiosità estetica è stata stimolata dalle opere di registi dal forte carattere autoriale, come Godard, Tarkovskij, Fellini, Suzuki Seijun e Terayama Shūji.

Hai partecipato anche a diversi film, tra i quali Love Exposure di Sono Sion. Com’è stata quell’esperienza? 

Quando ero uno studente universitario facevo teatro e non avevo paura di esibirmi davanti alla gente. Conosco il regista Sono da quando avevo vent’anni e ho recitato nel film in qualità di amico. È stata un’esperienza entusiasmante perché Sono è un regista interessante e di grande umanità. I film sono per me un’esperienza di apprendimento e di divertimento. A volte mi viene chiesto se sono interessato a dirigere film, ma quando vedo un set, comprendo quanto sia difficile quel tipo di lavoro e desisto. 

Come pensi che i tuoi studi (pittura, scultura, teatro, ecc.) incidano sulla tua carriera di artista?

Credo che la cosa più importante per un artista sia esprimere il modo in cui sta vivendo in quel momento, in qualsiasi forma esso sia. All’epoca poteva essere la pittura, la scultura, la recitazione, ma sostanzialmente la passione nell’esprimerli è rimasta la stessa. Sono orgoglioso di non aver perso la mia passione dalla tarda adolescenza fino a oggi, all’età di 55 anni.

Nei tuoi manga i giovani sembrano molto tormentati e mossi da traumi, oppure hanno segni fisici molto marcati o patologie. Come mai?

La mia teoria è che dove non c’è conflitto, non c’è storia. A volte è sofferenza fisica, a volte è sofferenza mentale, a volte è il divario tra l’ideale e la realtà. Il vero fascino di una storia sta nel modo in cui i personaggi superano questi conflitti e raggiungono i loro obiettivi: è per questo che oso scegliere personaggi che soffrono e scrivere di loro.

“La mia teoria è che dove non c’è conflitto, non c’è storia. A volte è sofferenza fisica, a volte è sofferenza mentale, a volte è il divario tra l’ideale e la realtà”.

In alcune tue opere, i personaggi non hanno solo dei disturbi, ma sentiamo anche fortemente che questi disturbi possono danneggiare le loro interazioni sociali, minandoli dall’interno. Come è possibile comprendere meglio gli altri? Esiste un modo?

Spesso delle difficoltà mentali degli adolescenti, ma dalla mia esperienza di lavoro come insegnante di scuola superiore e di vita come padre di adolescenti, trovo molto difficile risolvere quello che stanno affrontando. Ho difficoltà nell’aiutarli perché, anche se cerco di essere comprensivo, hanno una mentalità così chiusa che rende difficile capirci a vicenda. Penso che se li ascoltassimo con pazienza, senza rimproverarli e stando vicino ai loro sentimenti piuttosto che cercando di capirli, potremmo guadagnare un po’ di connessione emotiva con loro. Tuttavia, questo è un desiderio: in realtà i bambini e gli adolescenti costruiscono relazioni solo all’interno della loro comunità, quindi anche se noi riusciamo a comprenderli, loro potrebbero non capire noi. Le difficoltà di comprensione reciproca tra genitori e figli, tra uomini e donne, tra insegnanti e studenti, tra nazioni e religioni, danno origine a molti conflitti e, quindi, a storie.

Pensi che le tue opere siano una testimonianza della società attuale?

Nessuna delle opere è stata scritta per criticare o fare satira sulla società contemporanea, ma ritraggono l’atmosfera e il clima del tempo, come ad esempio la versione moderna di Ningen shikkaku (trad.it. Lo squalificato, dal romanzo di Dazai Osamu; n.d.t.), o la storia di un insegnante di scuola superiore che vuole essere ucciso dalle ragazze del liceo, o quella di un gruppo di liceali che commette un suicidio di massa. In questo senso, si potrebbe dire che le mie opere siano una testimonianza della società contemporanea. Per quanto riguarda la società di oggi, ho l’impressione che tutto si svolga in segreto: le persone sono connesse con i telefoni cellulari, si scambiano denaro e beni e le conversazioni sono condotte su base individuale. Nonostante questo, le persone sono ancora connesse come in passato. 

Credo che i bisogni umani di base non siano cambiati, ma sono cambiati i modi di connettersi e di esprimerli. In altre parole, anche lo sviluppo delle storie e i metodi di espressione nei fumetti sono mutati in modo significativo.

Che importanza attribuisci alla messa in scena e al montaggio? Molte scene delle tue opere stupiscono per la loro maestria quasi “cinematografica”. Come hai potuto affinare così bene questo modo di pensare allo spazio e al movimento?

Non importa quanto sia bella la storia che ti viene in mente: penso che tutto dipenda dalla regia, da come si presenta una storia ai lettori e da come gliela si fa leggere. Sono dell’avviso che queste tecniche siano molto importanti per gli scrittori. Penso anche che il modo per impararle sia per metà allenamento e per metà sentimento. Per quanto riguarda l’allenamento, bisogna guardare molti film, leggere molti romanzi e disegnare molti fumetti. Per quanto riguarda i sentimenti, è come un’abilità motoria, non è qualcosa che si può esprimere bene a parole.

Come hai ideato e costruito la storia di La musica di Marie?

La prima immagine che mi è venuta in mente è stata quella di una gigantesca dea meccanica che volteggiava lentamente nel cielo. Poi ho ristretto il tema a “amore, religione e tecnologia” e ho costruito una storia su un ragazzo e una ragazza. Inoltre, fin da adolescente guardavo i film di Miyazaki Hayao e volevo scrivere almeno una volta un’opera con un’atmosfera ultraterrena come la sua. Contiene anche un punto di vista cinico sul fatto che una visione ideale del mondo comunista sarebbe impossibile nella realtà senza la presenza di una divinità.

Detestare la violenza eppure disegnarla. Intervista a Usamaru Furuya -

Riflettendo sugli anni trascorsi dalla scrittura dell’opera, cosa ne pensi del tuo messaggio riguardo ai temi dello sviluppo tecnologico e della malvagità umana?

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale sembra un altro passo avanti nella distruzione dell’umanità. Un piccolo numero di persone sta monopolizzando la ricchezza e il divario si sta allargando sempre di più. Mi chiedo fino a che punto gli esseri umani possano spingersi nel loro egoismo e penso che questa catena di eventi probabilmente continuerà fino alla fine della razza umana.

Inoltre, mi rattrista molto quando vedo i miei figli studiare duramente, disegnare ogni giorno e migliorare a poco a poco. Questo perché l’intelligenza artificiale supererà facilmente le competenze apprese in un lungo periodo di tempo. Non è che si diventa felici se si usa l’IA. Credo che sia un peccato che gli esseri umani abbiano scelto di lasciare che la tecnologia porti via loro il lavoro e lo scopo delle loro vite. A volte mi chiedo se potesse apparire ora Marie nel cielo sopra di noi per disabilitare l’IA.

Una curiosità: ci sono elementi autobiografici nella tua opera?

In molte delle mie opere, compaio come una proiezione. Lo si può intuire benissimo da un mio manga intitolato Genkaku Picasso. All’epoca mi chiedevo cosa dovessi aspettarmi dalla pittura. Oggi come oggi, invece, sono riuscito a entrare in contatto con molte persone attraverso la pittura e sono sostenuto da persone di tutto il mondo. All’epoca avevo scritto Genkaku Picasso per dire a me stesso, al Furuya studente liceale, che andava tutto bene. Ho anche scritto un’opera intitolata Sodoma 1985, che sarà pubblicata a giugno 2024 da Coconino Press, sugli anni della mia adolescenza, dalle scuole medie all’università. Si tratta di un’autobiografia vera e propria.

Nei tuoi manga la violenza a volte è estrema, ma sembra quasi una forza che muove il mondo e i personaggi. Soprattutto in Emi, contenuta nella raccolta Garden, nell’edizione originale bisognava aprire le pagine con un taglierino. Quasi come a voler imprigionare i contenuti estremi della storia. Che significato ha la violenza per te?

Non sono una persona violenta. Anzi, desidero sempre soluzioni pacifiche. Tuttavia, il mondo è pieno di violenza e di conflitti irragionevoli. C’è un limite a ciò che può essere risolto attraverso la discussione e, al di là di questo, il progresso può essere fatto solo attraverso l’azione violenta, che è il modo in cui il mondo è strutturato, anche se io non voglio che sia così. Credo che la violenza nelle storie crei oppressione e che la liberazione da questa oppressione sia ciò che crea emozione.

Detestare la violenza eppure disegnarla. Intervista a Usamaru Furuya -

Come percepisci l’Italia e la cultura Manga nel nostro paese? Come ha influenzato le tue opere (se le ha influenzate)?

Ho partecipato due volte a Lucca Comics & Games. C’erano molti fan entusiasti e mi sono innamorato dell’Italia. Inoltre, in Giappone le restrizioni relative alla libertà di espressione diventano di anno in anno più severe, mentre in Italia e in Europa sembra esserci una maggiore tolleranza. Infatti, sto attualmente discutendo con un editore italiano in merito a un’opera che sto scrivendo e che mi è stata rifiutata da un grande editore giapponese. Se il progetto andrà in porto, credo che potrò scrivere ciò che voglio e disegnare più liberamente. In questo senso, tutto ciò avrà un grande impatto sul mio lavoro futuro.

La traduzione dell’intervista è a cura di Paolo La Marca, che ringraziamo.

Usamaru Furaya sarà ospite del Coconino Fest a Ravenna il 22 giugno. Alcune delle sue tavole faranno parte della mostra Usamaru Furuya: il lato oscuro del Giappone visitabile al MAR di Ravenna durante il festival.

Matteo Grilli

Matteo Grilli è social media manager di Lucy e scrittore. Il suo ultimo romanzo è Muori Romantica (effequ, 2023).

newsletter

Le vite degli altri

Le vite degli altri è una newsletter che racconta di vite che non sono la nostra: vite straordinarie, bizzarre o comunque interessanti.

La scriviamo noi della redazione di Lucy e arriva nella tua mail la domenica, prima di pranzo o dopo il secondo caffè – dipende dalle tue abitudini.

Iscriviti

© Lucy 2024

art direction undesign

web design & development cosmo

sviluppo e sistema di abbonamenti Schiavone & Guga

lucy audio player

00:00

00:00