Monica Mazzitelli
Jenny Nyström, vissuta tra il 1854 e il 1946, ha intuito per prima il potenziale delle cartoline di Natale, sulle quali ha edificato non solo la sua straordinaria carriera di illustratrice ma anche il modo in cui in gran parte del mondo si pensa alle festività invernali.
È quasi impossibile quantificare il peso artistico di Jenny Nyström (1854-1846) perché il suo impatto culturale nella creazione dell’iconografia nazionale svedese è persino più grande della sua pittura: Nyström ha contribuito a creare la svedesitudine e parte dell’immaginario natalizio, amato o odiato che sia.
Quel mondo di giocondi gnomi natalizi, bimbi ridanciani e arianissimi, stanze illuminate a lume di candela e alberi di Natale, nasce pittoricamente dai pennelli di Nyström che, per tutta la vita, ha disegnato la sua infanzia felice e perduta nelle sue illustrazioni per cartoline – oltre 5000 –, ricostruendo le atmosfere di Kalmar, la città natale lasciata a nove anni per Göteborg. Il distacco dalla contea dello Småland era stato traumatico per Jenny, che fino alla morte (a 91 anni) non smise mai di ritrarre la sua Arcadia perduta. La nostalgia era legata soprattutto alla fattoria in cui era cresciuta, parte di un mondo contadino che si poggiava su fiabe e misticismo pagano, credenze, rituali e scongiuri folkloristici che hanno sempre accompagnato la sopravvivenza in quelle terre dal suolo magro e ingrato, soprattutto durante le carestie. Come molti altri paesi europei, anche la Svezia ha subito una brutale emorragia umana nel diciannovesimo secolo: i cittadini andati a cercare fortuna negli Stati Uniti durante il grande esodo ottocentesco sono stati un milione e mezzo, su una popolazione che nel 1809 toccava due milioni e cinquecentomila abitanti. Il successo di Jenny Nyström ha radici in questo contesto, come vedremo.
Il suo talento si manifesta prestissimo: già a 17 anni viene ammessa alla Göteborgs Musei Rit- och Målarskola (Scuola di Disegno e Pittura del Museo di Göteborg) dove si distingue, ottenendo sostegno finanziario agli studi. Ma l’economia della famiglia è molto precaria e, per poter continuare la sua carriera, Nyström è costretta a dare un approccio auto-imprenditoriale alla sua arte.
Così contatta uno dei maggiori scrittori dell’epoca, Viktor Rydberg, proponendosi come illustratrice per il suo racconto Lilla Viggs Äfventyr på julafton (L’avventura del piccolo Vigg alla Vigilia di Natale), nel quale un bambino accompagna uno “spirito del sottosuolo” – diventato poi quello che conosciamo come “jultomte”, lo gnomo natalizio – a distribuire doni. È utile sottolineare che Rydberg era stato a sua volta ispirato dalla poesia dello statunitense Clement Clarke Moore A Visit From St. Nicholas, del 1823, che è considerata il testo fondativo della figura del Santa Claus americano – a sua volta figlio della tradizione di San Nicola come portatore di regali decembrini particolarmente diffusa in Olanda.
Jenny mostra a Rydberg le prime otto immagini che ha realizzato chiedendogli il permesso di cercare un editore che pubblichi il racconto illustrato in forma di libro. Rydberg è entusiasta e le dà il suo placet, indirizzandola al suo editore abituale, Bonniers, con una lettera di accompagnamento. Ma Bonniers prende tempo e alla fine Jenny chiede indietro le sue tavole e le offre a un editore gossemburghese, che ne pubblica finalmente la prima fortunata edizione.
Con questo primo lavoro sviluppa la passione per l’illustrazione, che in Svezia all’epoca non è ancora sviluppata (le immagini per giornali e libri arrivano infatti solo dall’estero), e inizia una collaborazione con il «Ny Illustrerad Tidning» («Nuovo Giornale Illustrato»), allargando negli anni la sua produzione a altri committenti. Senza una famiglia benestante alle spalle, è l’unico modo che ha per contribuire alla tirata economia casalinga senza dover rinunciare agli studi di pittura.
Dopo due anni alla scuola di Göteborg, i suoi maestri la esortano a trasferirsi a Stoccolma per frequentare la Kungliga Akademien för de fria konsterna (“Reale Accademia per le libere arti”), prima scuola d’Europa a aprire parte dei suoi corsi anche alle donne, dal 1864.
Grazie al sostegno di alcuni mecenati e alle collaborazioni come illustratrice, Nyström riesce a restare in Accademia per otto anni: il tempo necessario per vincere l’ambita Medaglia Reale, a cui è associata una borsa di studio per Parigi. Jenny è la prima donna a ottenere questo riconoscimento, mancato anche da alcuni dei suoi colleghi che hanno fatto la storia della pittura svedese dell’epoca.
Per concorrere era richiesto che il tema dell’opera fosse storico, e Jenny vince con il dipinto Gustav Vasa som barn inför Kung Hans (Gustav Vasa bambino al cospetto del Re Hans), un quadro a olio nello stile ultraconservatore in voga all’Accademia. Già in questa tela, però, si distingue la Nyström del futuro, considerando il fatto che il protagonista è, appunto, un bambino.
Jenny ha successo anche in Francia: due sue opere vengono selezionate per il Salone di Parigi del 1884. Tra le due, quella più apprezzata è il suo autoritratto.
Difficile capirlo da una riproduzione fotografica in piccolo formato, ma vista dal vivo questa tela (127 x 70cm) esprime una potenza e modernità sorprendenti. Lo stile è classico, ma la posa – o meglio la postura – e lo sguardo della figura sono anticonvenzionali, protofemministi. Pur nelle costanti difficoltà economiche, Jenny si ritrae elegante come una regina e quasi sfida l’osservatore con carisma e autorevolezza.
Dopo i quattro anni parigini, per Nyström è tempo di tornare in patria, dove la aspetta Daniel Stoopendaal, studente di medicina, con cui si sposa. Il marito ha salute precaria (nonché uno spiccato amore per la vita bohémienne) e Jenny si fa carico dell’economia domestica, andando di nuovo contro il costume dell’epoca. Per garantirsi un reddito continua a puntare sulle illustrazioni, pur consapevole che il mondo della critica dell’arte non l’avrebbe perdonata – come continua a essere anche oggi.
Ma Jenny ama l’illustrazione e cerca ulteriori fonti di guadagno, a maggior ragione dopo la nascita dell’agognatissimo figlio Curt, quando lei aveva già 39 anni. Aggiunge quindi alla sua produzione un prodotto di origine inglese che in Svezia non aveva ancora fatto la sua comparsa: la cartolina illustrata. È l’inizio della consacrazione: i suoi acquerelli natalizi suscitano un entusiasmo istantaneo, anche perché rispondono al bisogno degli svedesi di rafforzare la propria identità culturale dopo decenni di forte emigrazione. Le cartoline ritraggono immagini inequivocabilmente autoctone, ancorate alla tradizione svedese di cui esaltano implicitamente i valori e il tessuto sociale.
Jenny è, in questo senso, nazionalpopolare: sottolinea il folklore rappresentando un sincretismo tra la religione cristiana e il misticismo pagano – lo gnomo discende dai Lari dei Saturnali romani – e a partire dalla figura natalizia di Viktor Rydberg continua a sviluppare i suoi acquerelli da cartolina integrandoli con i ricordi del suo immaginario infantile nella fattoria dei nonni, creando un’iconografia che ha cambiato la rappresentazione del Natale. Nyström esprime il suo mondo in immagini serene e tenere ma anche spiritose e moderne, influenzate anche dalla curiosità per le scoperte tecnologiche e scientifiche più recenti, con i personaggi della tradizione alle prese con automobili, aeroplani, radio, palloni aerostatici, paracadute eccetera.
Considerando che il popolo svedese era già da fine Settecento alfabetizzato al 90%, lo scambio di corrispondenza col milione e mezzo di emigrati è sempre stato molto fitto, motivo per cui le cartoline natalizie hanno una diffusione strabiliante che continua per anni, raggiungendo anche Muskegon, nel Michigan, dove abita la famiglia di Haddon Sundblom. Sundblom non è soltanto uno dei tanti statunitensi di origine scandinava (madre svedese, padre finnosvedese) a cui arrivano le cartoline illustrate da Jenny Nyström: è anche il disegnatore e illustratore che nel 1931 creerà la prima immagine del Santa Claus utilizzata dalla Coca-Cola Company per la campagna pubblicitaria natalizia, ovvero il babbo di tutti i Babbo Natale successivi. È opinione comune che Sundblom abbia preso ispirazione dalle figure di Jenny Nyström, che fu anche la prima a rappresentare il jultomte con quel tipico copricapo rosso, a cui Sundblom aggiunse la bordatura di pelliccia del rubicondo San Nicola americano.
Il soprannome di Nyström in Svezia è “Tomtemor” (“la mamma dello gnomo natalizio”), ma è un primato che l’artista ha pagato caro. La sua vocazione commerciale è qualcosa che la critica svedese non le ha mai perdonato e che le resta ancora oggi addosso come uno stigma, con la tipica antipatia riservata a qualunque artista che riscuota un grande successo popolare. È chiaro che con una produzione di diecimila immagini nell’arco della sua vita non ci troviamo solo davanti a capolavori ma, come scrive Elsebeth Welander-Berggren “Se avesse continuato con la pittura a olio sarebbe oggi nominata alla stregua dei suoi colleghi maschi. Avendo scelto la via dell’illustrazione, i critici d’arte maschili l’hanno deprezzata”, svalutando anche le sue opere di pittura – che pure sono notevoli – come si è del resto sempre fatto per tutte opere di artiste femminili fino a una manciata di anni fa.
Innovando l’illustrazione, Jenny Nyström ha superato con un balzo il classicismo ottocentesco e, nella sua vita privata, ha avuto il coraggio di superare le convenzioni sociali pur di non rinunciare alla gioia del suo lavoro di artista.
Bibliografia selezionata:
Jenny Nyström illustratör och pionjär, AAVV, Votum och Gullers Förlag 2018;
Jenny Nyström – den folkkära, Karl och Astrid Jäder, Gummessons 1975;
God Jul med Jenny Nyström, Gunnel Forsberg Warringer, Forum 1996;
Ett år i Jenny Nyströms Sverige, Ralph Herrmanns, Lindfors 1983.
Monica Mazzitelli
Monica Mazzitelli è una regista e scrittrice italiana che vive a Göteborg (Svezia). Il suo libro più recente è Michelina Di Cesare – Briganta (Lorusso Editore, 2019; 2023).
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