Ma com'è davvero la scuola di Valditara? - Lucy
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Ma com’è davvero la scuola di Valditara?

15 Novembre 2024

Le polemiche innescate dal caso Raimo si inseriscono in una protesta più ampia: quella alle riforme del ministro Valditara. Ma in cosa consiste il progetto di scuola del politico leghista?

Il 7 novembre, lo scrittore e insegnante Christian Raimo è stato oggetto di una severa sanzione disciplinare – sospensione dall’insegnamento e decurtazione di metà dello stipendio per un trimestre – per aver criticato l’operato del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara (più precisamente, l’accusa è quella di aver violato il codice etico dei dipendenti del ministero). 

La notizia ha suscitato l’indignazione di molti, a partire dagli studenti del liceo Pacinotti-Archimede di Roma –  dove Raimo insegna storia e filosofia –  che hanno protestato una prima volta di fronte all’istituto e poi, domenica 10 novembre, in Piazza Sempione, di fronte al Municipio di cui il loro professore è stato assessore alla cultura. 

Le parole che hanno portato alla sospensione sono state pronunciate da Raimo durante e proteste contro la riforma per la scuola del ministro Valditara. Ma in cosa consiste, il progetto di scuola di Valditara? Contro cosa sono orientate le  critiche al suo operato – tra cui quelle dei docenti e gli studenti che erano in Piazza domenica?

Il primo (e più vistoso) elemento che caratterizza il programma di riforma di Valditara è l’apertura del sistema della scuola pubblica alle aziende private, un processo in realtà già avviato con la “Buona Scuola” di Renzi. Questo esito è stato accelerato, in particolare, attraverso due proposte.

La prima riguarda una riforma del percorso formativo degli istituti professionali, che è stata approvata al Senato ed è ora in discussione alla Camera. Il disegno prevede l’introduzione del cosiddetto “4+2”, un modello cioè di quattro anni di superiori adattati alle esigenze delle imprese del territorio, con esperti delle aziende a fare lezione al pari dei docenti, un incremento delle ore di alternanza scuola-lavoro, più due anni di (eventuale) formazione specialistica.

La sperimentazione di questo modello, avviata  dal ministro per dare un’accelerata all’approvazione della riforma, si è rivelata un clamoroso insuccesso: gli istituti tecnico professionali aderenti sono stati solo 171,  a fronte dei circa tremila previsti.

Lo stessa stessa sorte era già toccata al progetto del Liceo Made in Italy che, presentato dal ministro come “un percorso di eccellenza che risponde alle esigenze di un mondo del lavoro profondamente cambiato e rimasto inascoltato per troppo tempo”, ha infine registrato solo 375 iscritti, non ottenendo così i numeri sufficienti a partire. 

Il paradosso, poi, come ha rilevato a «il manifesto» la segretaria generale Flc Cgil, Gianna Fracassi, è che in molte regioni non ci sono le strutture in grado di sostenere questo tipo di percorso formativo. C’è di più: secondo Fracassi, infatti, non solo è improbabile che questa possibilità sia garantita a tutti gli studenti e in tutte le regioni italiane con la stessa qualità, ma è anche concreto il rischio che la manovra apra ai privati la possibilità di sfruttare “la scuola pubblica, pagata dai contribuenti, per farsi finanziare la formazione e avere lavoratori a basso costo”.

A sancire l’ingresso del privato nel pubblico, è stata poi la creazione della Fondazione Scuola per L’Italia, inaugurata lo scorso giugno a Milano alla presenza, tra gli altri, proprio del ministro Valditara. Si tratta di un ente no profit a cui hanno aderito Unicredit, Leonardo, Enel, Banco Bpm e Autostrade. Secondo il suo statuto, la Fondazione si pone l’obiettivo di raccogliere 50 milioni di fondi privati entro il 2029 per “contribuire a supportare il sistema scolastico, rendendolo sempre più competitivo”, come ha dichiarato il ministro; ma l’obiettivo reale, così come è stato annunciato dal presidente Simontacchi, appare soprattutto quello di “instaurare un dialogo virtuoso tra aziende e istituti”.

In questo senso, le parole di Valditara non sono mai risultate ambigue: “Lo scopo della scuola è di formare innanzitutto la persona e consentire a ogni studente di realizzarsi nella vita […]. Avevo un amico che andava male in matematica, ma sapeva costruire fioriere bellissime con gli pneumatici. I bravi professori formati adeguatamente sanno fare in modo che il ragazzo sia valorizzato quando non ha la capacità di un ragionamento astratto, ma una grande intelligenza concreta”.

Ma cosa accadrebbe qualora il desiderio astratto dello studente dovesse cozzare con la sua inclinazione pratica? Se cioè dal pneumatico dovesse originarsi, per esempio, una passione per qualcosa di più teorico e astratto? In casi del genere il ministro provvederà personalmente a convincere i genitori circa i vantaggi delle scuole professionali. “Scriverò a breve a chi ha figli in terza media, indicando i dati che devono conoscere per poter fare scelte consapevoli per non bruciare possibilità di successo lavorativo dei figli. Darò loro informazioni concrete sui fabbisogni del territorio in cui vivono, sulle prospettive occupazionali e retributive che ogni indirizzo scolastico offre”. 

Gli atenei, d’altra parte, sono tra i luoghi più colpiti dai sommovimenti introdotti dalle riforme di Valditara. Numerose sono state, quest’anno, le proteste organizzate da studenti, ricercatori e dottorandi sempre più precarizzati dalle politiche del ministro.

Su questo versante, il disegno di legge riscrive i contratti di ricerca, introducendone cinque nuove tipologie. Il problema, però, come emerso in un’iniziativa di protesta organizzata all’Università di Padova, è che “nessuna di queste figure verrà inquadrata sotto un impianto contrattuale di lavoro dipendente; nessuna potrà essere regolamentata tramite contrattazione nazionale collettiva, nessuna avrà un orario di lavoro prestabilito e regolare, né tanto meno ferie, malattie, tredicesima, rappresentanza sindacale o diritto di sciopero”. 

Come emerso sempre in quella giornata, si tratta di un passo indietro notevole rispetto alla  precedente legge 79/2022, aggravato dal fatto che, attraverso la sottrazione di queste tutele, la fase che precede l’ingresso alla carriera accademica, già di per sé complicatissima, esporrà le categorie più fragili (su tutte quella dei giovani ricercatori) al rischio concreto della ricattabilità. 

Tornando invece alla scuola, oltre al venir meno delle tutele, a preoccupare gli insegnanti sono i tagli annunciati al personale. La nuova manovra avviata dal ministro prevede infatti il blocco del turn over: è stato calcolato che questa scelta comporterà, in un anno, oltre 5000 insegnanti e 2000 collaboratori del personale A.T.A. in meno a servizio della scuola. 

Da parte del ministro non si vedono poi all’orizzonte proposte di ridistribuzione o soluzioni alternative al problema cronico della sperequazione dei fondi per le scuole a disposizione delle regioni: se il sud e le aree interne faticano ancora molto nella gestione, il nord, viceversa, possiede invece risorse ritenute ingenti.

In proposito, a ridosso della chiusura dell’anno scolastico, il 19 giugno 2024, è stato approvato il decreto Calderoli che prevede, per le regioni che ne faranno richiesta, la regionalizzazione dell’istruzione. Come ha osservato la giornalista Anna D’Auria, qualora i referendum abrogativi non dovessero andare in porto “allo Stato resteranno solo le linee generali dell’ordinamento scolastico […] nei prossimi anni il diritto allo studio sarà declinato per ambiti territoriali”. Nel frattempo è notizia di ieri che la Corte costituzionale ha dichiarato, in parte illegittima, la legge sull’autonomia differenziata.

Ma al di là delle politiche economiche e contrattuali, a destare qualche preoccupazione è in generale l’idea di pedagogia che sin qui è emersa nei discorsi pronunciati dal ministro. 

Ha fatto discutere, in particolare, la proposta di offrire maggiore agency alle famiglie nella scelta dell’insegnante di sostegno. Allo stesso tempo, il ministro ha anche ipotizzato, suffragato dall’Onorevole Roberto Vannacci, l’ipotesi di creare classi differenziate per gli studenti disabili: una scelta, a favore del primato dei normodati, che porterebbe la scuola indietro di decenni rispetto all’obiettivo di convivenza e inclusione delle divergenze che oggi appare sempre più auspicabile. D’altra parte l’intellettuale di riferimento del ministro è Ernesto Galli Della Loggia che, in un intervento recente, ha osservato come la scuola italiana sia diventata da tempo “troppo inclusiva”: ne ha scritto qui su Lucy proprio Christian Raimo, quasi un anno fa.

A ribadire un’idea di apprendimento forse retrivo c’è poi l’insistenza del ministro sul voto numerico: un sistema che secondo molti insegnanti tende a gerarchizzare la classe incrementandone le dissimmetrie. Diversi studi recenti, in materia di pedagogia e didattica, hanno in effetti dimostrato i benefici apportati da una valutazione discorsiva, autogestita o priva di giudizi.

E a proposito di ritardo, come riporta il giornalista Michele Gambirasi, il ministero dell’istruzione deve da anni aggiornare la propria lista degli enti certificatori di lingue straniere accreditati, eppure latita. L’attuale dicastero ha emanato un decreto per aggiornare il precedente elenco, ma tra domande respinte e lunghi silenzi il provvedimento è fermo. Su quella lista, come riporta sempre Gambirasi, figurano circa 20 istituti a cui fanno riferimento i concorsi e gli istituti pubblici, eppure alcuni di quegli enti si avvalgono di certificazioni che in Inghilterra sono in disuso ormai da tempo.

Al tema della pedagogia si collegano poi le idee disciplinari di Valditara, tanto che «Internazionale» ha parlato di un vero e proprio “un culto della sanzione” del ministro: le misure di sospensione che ha adottato nei confronti degli studenti che hanno occupato i propri istituti per protesta (fino a tre settimane di sospensione) e l’insistenza sul rilievo del voto in condotta con conseguente bocciatura, d’altronde, sembrano voler incoraggiare una linea sempre più punitiva

Uno dei primi discorsi di Valditara insisteva proprio sul valore dell’umiliazione dal punto di vista educativo nella correzione dei comportamenti scorretti. “Evviva l’umiliazione, che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”, aveva detto. “Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”.

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