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In un piccolo villaggio ghanese ai margini di una gigantesca discarica a cielo aperto, Sowah e Okai cercano di superare la morte per annegamento del fratello durante una battuta di pesca. È una storia di fantasmi e dolori familiari, quella di Amartei Armar, regista ghanese-americano che dopo aver studiato all’università della British Columbia è tornato ad Accra per raccontare le sue storie. Colpisce per una cosa quasi subliminale: i giochi dei due ragazzini si svolgono in una delle discariche a cielo aperto più grandi del mondo, dove la spazzatura sembra aver trovato una sua topografia che ricorda le dune sub sahariane. Dovrebbe far stringere un nodo allo stomaco, eppure la si percepisce a tutti gli effetti come una nuova flora, uno spazio accattivante che non fa che alimentare il production value del film. Lo sguardo che si evolve per assuefazione. L’unico sguardo possibile per non affogare nelle immagini oscene del mondo.