La redazione di Lucy
15 Ottobre 2024
L’Italia è paese ospite alla Buchmesse di Francoforte. Una grande opportunità che il mercato del libro italiano non riuscirà a sfruttare per l’incompetenza e gli errori della politica.
Domani a Francoforte inizia la Buchmesse. È la fiera editoriale più importante del mondo. L’Italia sarà il paese ospite. L’ultima volta è successo nel 1988. Essere paese ospite alla Buchmesse più che un onore è soprattutto un’opportunità, sia sul piano industriale sia per ciò che riguarda il soft power legato ai libri e alla loro diffusione. Il paese ospite, nell’anno in cui riveste questo ruolo (nonché negli anni immediatamente precedenti, e in quelli successivi) dovrebbe in teoria saper moltiplicare le traduzioni dei propri libri all’estero, rafforzare l’industria editoriale nazionale, favorire la promozione della lettura, rilanciare (nel migliore dei casi “far esplodere”) la propria immagine nel mondo.
L’Italia rischia invece di arrivare a Francoforte più sgangherata che mai, al culmine di una serie di pasticci istituzionali, incidenti diplomatici, ingorghi burocratici, scontri politici e lotte di potere capaci di monopolizzare le attenzioni della stampa internazionale che segue l’evento, e degli addetti ai lavori. Il timore è che la nostra spedizione si riduca a una passerella fatta di gradevoli scenografie (firmate Stefano Boeri), buon cibo italiano, musica orecchiabile e un centinaio di autori impegnati a parlarsi tra loro, bucando clamorosamente i veri obiettivi dell’evento.
Francoforte è una buona cartina di tornasole per capire di cos’è fatta la debolezza della nostra cultura quando a occuparsene sono le istituzioni. Proviamo a ripercorrere le tappe che hanno portato il nostro Paese ad arrivare malmesso alla vigilia di un appuntamento così importante. (E no, i problemi non cominciano con il governo Meloni, il quale però si è molto impegnato a complicare la situazione.)
Dall’inizio. È il 31 dicembre del 2014, al governo c’è il centrosinistra. Con una mossa strategicamente incomprensibile, il nostro Paese chiude l’Istituto Italiano di Cultura di Francoforte. Bisogna ridurre la spesa pubblica, il che è sempre un buon argomento, ma si decide di farlo cancellando l’IIC della città dove si tiene la fiera. La sede di Francoforte è stata tra l’altro inaugurata proprio nel 1988, perché quell’anno l’Italia era il paese ospite alla Buchmesse.
Come si diceva, essere paese ospite a Francoforte significa aumentare potenzialmente le traduzioni all’estero. Di conseguenza, i futuri paesi che saranno al centro della scena rimpinguano per tempo i fondi a sostegno delle suddette traduzioni. Come funziona? Prendiamo una casa editrice francese che voglia tradurre e pubblicare il libro di un autore spagnolo. Il governo spagnolo, avendo a cuore la diffusione dei libri scritti da autori appartenenti al popolo che rappresenta, partecipa alle spese di traduzione, versa cioè una somma di denaro alla casa editrice francese. L’Italia, in questi ultimi anni, si è dotata di fondi per la traduzione resistibili, se paragonati a ciò che succede in altri paesi. Si tratta poi di contributi la cui erogazione è affidata a meccanismi sfiancanti. Innanzitutto, non è stato possibile accorpare le competenze del Ministero della Cultura con quelle del Ministero per gli Affari Esteri (entrambi gli organi stanziano fondi per le traduzioni, con regole e tempistiche diverse, creando una certa confusione). Inoltre, in molti casi, il meccanismo di distribuzione dei fondi precipita i “beneficiati” in una situazione più disagevole che vantaggiosa. Supponiamo che Gallimard voglia tradurre il libro di un autore italiano pubblicato da Bompiani per il quale sia previsto il contributo. Non sarà il governo italiano a pagare direttamente le spese di traduzione a Gallimard. Non pagherà neanche Bompiani perché le giri a Gallimard. Sarà invece Bompiani ad anticipare la somma, dovrà pagare cioè i soldi a Gallimard (perché l’editore francese traduca il libro di cui ha acquistato i diritti proprio da Bompiani), per poi attendere (e le attese, in questi casi, possono non essere brevi) che il governo italiano rimborsi la quota. A parte la bizzarria di una casa editrice italiana (o di un agente italiano) che paghi, per la traduzione di un proprio libro, la casa editrice straniera che ne ha acquistato i diritti, ma se sostituite a Bompiani (o a Mondadori, o a Einaudi, o a Feltrinelli) una casa editrice indipendente (o un piccolo agente editoriale), e quindi economicamente più fragile, capirete come in molti casi questo meccanismo non promuova la traduzione di libri italiani all’estero, ma rischi di disincentivarla.
Veniamo ai pasticci istituzionali, e agli scontri politici.
Commissario per la spedizione italiana a Francoforte è in origine Ricardo Franco Levi. La nomina è governativa. Poiché siamo nel marzo del 2022, Levi è investito del suo ruolo dall’allora Ministro della Cultura Dario Franceschini. Levi però è anche Presidente dell’AIE, l’Associazione Italiana Editori. Come ogni associazione di categoria, l’AIE trova nel governo, a seconda dei momenti, un interlocutore ma più frequentemente una controparte. Non è proprio come se Confindustria, Cgil e Ministero del Lavoro nominassero la stessa persona per regolare una delle loro tante questioni, ma il conflitto di interessi non è, diciamo, impalpabile. Tra le prime mosse di Ricardo Franco Levi nella sua veste di Commissario, c’è quella di chiedere al fisico Carlo Rovelli di rappresentare l’Italia alla cerimonia di apertura. Dovrà tenere il discorso inaugurale. Rovelli accetta. Arriviamo intanto al settembre del 2022. In Italia ci sono le elezioni. Le vince Giorgia Meloni. Ricardo Franco Levi rimane in carica, almeno per ora. Nel 2023 Carlo Rovelli viene invitato al Concertone del Primo maggio, in piazza San Giovanni a Roma. Sale sul palco, tiene un discorso molto duro sulla guerra in Ucraina. È critico con il governo Meloni, in particolare attacca il Ministro della Difesa Guido Crosetto. Se Rovelli ha fatto questa sparata al Concertone, che cosa potrà mai combinare in un contesto come quello di Francoforte? Questo sembra pensare Ricardo Franco Levi. Imbarazzato, pieno d’ansia, contatta allora privatamente il fisico. Non gli telefona, gli scrive una mail. Tra molti imbarazzi, lo disinvita da special guest di Francoforte. Siamo nel terzo decennio del XXI secolo, è l’epoca dei social. Rovelli pubblica sul suo profilo Facebook la mail del Commissario. Scoppia, com’è prevedibile, un putiferio. Levi fa retromarcia, ma è tardi. Le polemiche lo investono. Il Commissario si dimette. Poco dopo, Levi lascerà anche la presidenza dell’AIE.
“L’Italia rischia invece di arrivare a Francoforte più sgangherata che mai, al culmine di una serie di pasticci istituzionali, incidenti diplomatici, ingorghi burocratici, scontri politici e lotte di potere”.
Serve un nuovo Commissario per la spedizione italiana a Francoforte. A nominarlo è il neo Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. La scelta cade su Mauro Mazza, un giornalista che ha diretto il TG2. Uomo vicino al governo, di editoria legata ai libri Mazza sa poco. Cognomen omen, mormora qualcuno. Mazza straccia il disinvito di Levi, reinvita cioè Rovelli per l’inaugurazione della fiera. Il fisico accetta per la seconda volta. Per evitare lo sbilanciamento a sinistra, Mazza invita anche, per la medesima inaugurazione, la scrittrice Susanna Tamaro e il filosofo Stefano Zecchi. Tre al posto di uno. In un paese che potrebbe schierare, ad esempio, Carlo Ginzburg, è una scelta singolare sul piano dell’autorevolezza.
Arriviamo (con molta fatica) al 28 maggio del 2024. Siamo a Francoforte, è il giorno della conferenza stampa in cui viene presentata finalmente la missione italiana alla Buchmesse. A presiedere l’incontro ci sono Jurgen Boos (padrone di casa, Presidente della Fiera), il Commissario Mauro Mazza e il nuovo Presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta. L’AIE, insieme con il governo, ha avuto il compito di stendere il programma culturale della manifestazione. È qui che scoppia un altro caso. Riguarda Roberto Saviano. La sua esclusione dal programma culturale è eclatante. In Germania Saviano è molto noto. Cosa sta succedendo? chiedono i giornalisti tedeschi. Il pasticcio a questo punto si fa supremo. Il Commissario (governativo) e il Presidente (dell’AIE) si smentiscono tra loro, proprio durante la conferenza stampa. Mazza, per farsi forse bello con il governo che l’ha nominato, e in particolare con Gennaro Sangiuliano, allora volenteroso propalatore dell’egemonia culturale, si intesta l’esclusione di Saviano. L’abbiamo tenuto fuori perché plagia, è la nemmeno velata spiegazione. Cipolletta dice che no, le cose non sono andate così: nessuno dei presenti si è sognato di escludere Saviano, lo scrittore napoletano non è invitato alla Buchmesse perché non s’è trovato un editore italiano che lo proponesse (l’AIE co-organizza sì il programma culturale, ma di fatto lo subappalta agli uffici stampa delle singole case editrici. Se credete che tutto questo sia complicato, lo è). Alcuni editori italiani smentiscono un po’ fumosamente Cipolletta, che poi sarebbe il loro rappresentante. (Non è vero che non abbiamo invitato Saviano, anzi lo invitiamo proprio adesso). Juergen Boos – uomo abituato a dipanare matasse –, per togliere tutti dall’imbarazzo invita allora lui Saviano alla Buchmesse. Lo dice sempre lì, in conferenza stampa. Saviano a Francoforte ci sarà, non però sotto le insegne italiane.
A questo punto succedono rocambolescamente altre cose più o meno importanti, non in questo ordine cronologico.
La prima: Gennaro Sangiuliano si dimette dal suo incarico, travolto da una delle più grottesche e disdicevoli vicende della recente vita politica italiana.
La seconda: una quarantina di scrittori e scrittrici italiani, invitati a Francoforte, escono formalmente allo scoperto con una lettera in cui biasimano l’operato del governo e criticano l’AIE – che della spedizione a Francoforte è co-organizzatrice – per le modalità con cui è stato costruito il programma, considerato a seconda delle sfumature sovranista o autoriferito (gli autori italiani a Francoforte sono chiamati a dialogare tra di loro, esattamente come potrebbero fare a Bologna, a Firenze, a Molfetta, a Rho).
La terza: in seguito a questa lettera, l’AIE porge le proprie scuse, nella persona del Presidente Ignazio Cipolletta, agli scrittori contestatori, e lavora alla parziale modifica del programma.
La quarta: la stessa AIE, fin qui come s’è visto molto cauta nei confronti del governo, esce a propria volta allo scoperto con una lettera fortemente critica nei confronti dell’esecutivo, in particolare viene attaccato l’ormai decaduto Sangiuliano, colpevole in due anni di lavoro (fa intendere la lettera) di essersi quasi completamente disinteressato dell’editoria legata ai libri, delle biblioteche, delle librerie. Il danno subito dall’intero comparto sarebbe enorme: 100 milioni di euro. Il settore è in difficoltà, arranca più che mai, e questo proprio nell’anno in cui l’Italia è paese ospite alla Buchmesse. La lettera – firmata anche dalle associazioni di categoria di biblioteche e librerie – è rivolta al nuovo Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il quale taglierà il nastro inaugurale della Buchmesse insieme con la sua omologa tedesca Claudia Roth. Aspettiamo il suo discorso.
La quinta: il PEN Berlin offrirà i suoi spazi alla Buchmesse agli scrittori critici verso il governo Meloni (ma anche critici verso l’AIE) per degli incontri pubblici da tenersi nei giorni della fiera, una sorta di programma alternativo.
La sensazione è che si arrivi a Francoforte in un consueto clima di tutti contro tutti. Conoscendoci, non è detto che la cordialità alla fine non prevalga. Come diceva Umberto Saba siamo il paese di Romolo e Remo (i veri “fratelli d’Italia”), ma l’aiuola che ci fa tanto feroci è anche il tinello – Longanesi – in cui non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti. Le debolezze italiane avranno la meglio sul fascino irresistibile del paese in cui Cristoforo Colombo si affida ai consigli di Galileo Galilei? Buona Fiera del Libro di Francoforte.
La redazione di Lucy
La redazione di Lucy è composta dalle persone che lavorano nella redazione di Lucy.
newsletter
Le vite degli altri
Le vite degli altri è una newsletter che racconta di vite che non sono la nostra: vite straordinarie, bizzarre o comunque interessanti.
La scriviamo noi della redazione di Lucy e arriva nella tua mail la domenica, prima di pranzo o dopo il secondo caffè – dipende dalle tue abitudini.
Contenuti correlati
© Lucy 2024
art direction undesign
web design & development cosmo
sviluppo e sistema di abbonamenti Schiavone & Guga
00:00
00:00