Alex Foti
La questione ecologica gode oggi di scarsa popolarità presso l’opinione pubblica. Ma l’urgenza della battaglia per il clima impone nuove modalità e strategie di lotta.
Nel 2019, Fridays for Future ed Extinction Rebellion fecero presagire una presa di coscienza climatica globale da cui non si sarebbe più tornati indietro. Oggi, a distanza di più di cinque anni dai primi grandi climate strike, questa irreversibilità non può più essere data per scontata: Greta Thunberg è oggi ostracizzata dai media per la sua posizione pro-Pal e decoloniale e si sta radicalizzando in senso anticapitalista, Roger Hallam, il cinquantenne fondatore e stratega di Extinction Rebellion (XR) e più recentemente di Just Stop Oil, Ultima Generazione e Scientist Rebellion, ha passato il Natale in prigione, condannato a 5 anni per blocco autostradale, così come le due attiviste ventenni Phoebe Plummer e Anna Holland, che compirono la famosa azione col lancio di zuppa Heinz sul vetro de I girasoli di Van Gogh nell’ottobre del 2022, anche loro rinchiuse in un penitenziario britannico (rispettivamente condannate due anni e tre mesi e un anno e otto mesi). Sono 20 le climattiviste e i climattivisti di XR/Just Stop Oil in carcere in Gran Bretagna, conseguenza del Serious Disruption Prevention Orders legge voluta e messa in atto dal governo Tories che criminalizza sit-in, blocchi stradali e tutte quelle azioni di disturbo che hanno rappresentato negli ultimi anni la principale strategia dei gruppi ecoattivisti. Anche in Italia la repressione della disobbedienza climatica è una priorità del governo Meloni, che ha varato due provvedimenti, il decreto contro l’ecovandalismo e il recente DDL 1660, entrambi fortemente punitivi nei confronti di chi compie azioni di disobbedienza civile per richiamare l’attenzione sull’emergenza climatica. La stretta poliziesca e giudiziaria ai danni del climattivismo è comune a buona parte dell’Europa, anche in Germania contro Lezte Generation, con perquisizioni in grande stile in tutta la Germania nel maggio 2023, e in Spagna contro Futuro Vegetal, dove le attiviste e gli attivisti vegani che hanno messo fuori uso pompe di benzina al confine con la Francia e imbrattato lo yacht dei Walton (i proprietari di Wal-Mart) nell’estate 2023, mentre Soulèvements de la Terre, l’ombrello di movimenti ecologisti che in Francia mette insieme zadisti, agricoltori no global e verdi contro i grandi bacini idrici dell’agribusiness, si è salvato dalla messa fuorilegge del ministro dell’interno due anni fa solo grazie al ricorso al Consiglio di Stato (era presente anche Greta all’apertura delle udienze).
Mentre avanza la repressione, dopo la crescita fortissima dei movimenti giovanili per la giustizia climatica, l’estensione planetaria dei climate strike e anche l’avanzata dei partiti verdi in Europa e nel mondo negli anni successivi al 2019, ultimamente sembra esserci un riflusso nelle proteste in difesa della biosfera e per la decarbonizzazione dell’economia. Innanzitutto, la pandemia ha sospeso le grandi manifestazioni e bloccato il ricambio dei quadri giovanili di Fridays, togliendo l’abbrivio a un movimento che ancora nel 2021 era in grado di mettere sotto accusa i potenti del mondo. Fu nell’ottobre di quell’anno che Greta tenne alla pre-COP26 di Milano il famoso discorso in cui accusava di blah blah blah i politici del mondo, che a belle parole si impegnavano per l’ambiente mentre le emissioni continuavano inesorabilmente a salire e i ghiacciai a sciogliersi. In secondo luogo, il ritorno della guerra in Europa con l’invasione dell’Ucraina e ha riportato con urgenza l’attenzione sulle questioni di approvvigionamento energetico e sui precari equilibri geopolitici, relegando la questione ecologica in secondo piano. Soprattutto la destra europea e globale nazipopulista ha avuto facile gioco a denunciare i costi della transizione energetica e a opporsi in modo elettoralmente proficuo ai piani di green deal voluti nell’Unione Europea dalla prima commissione von der Leyden e negli Stati Uniti da Biden e dalla sua amministrazione. Le elezioni europee del giugno 2024 hanno premiato le forze conservatrici dei popolari e quelle reazionarie dei nazionalisti a scapito soprattutto dei verdi e dei liberali. Anche se i verdi non facevano parte della coalizione Ursula, gli elettori meno abbienti, fra cui gli agricoltori imbufaliti che hanno bloccato le strade di mezza Europa con i loro trattori diesel, hanno ritenuto responsabili i verdi europei dei costi della transizione ecologica richiesti dal Green Deal.
L’alleanza fra capitalismo fossile e capitalismo digitale, fra base MAGA e i tech bros di Silicon Valley – con ogni probabilità altamente instabile visti gli interessi confliggenti fra nazionalisti e globalisti nella coalizione – ha riportato un Trump vendicativo alla Casa Bianca, che promette di rinnegaregli impegni di Parigi (volti a evitare un riscaldamento globale fuori controllo) e impedire il raggiungimento del net zero.Con queste premesse, combattere per la giustizia climatica e la difesa dela biodiversità si farà più complesso per le climattiviste e i climattivisti del mondo. Di fronte al chiasmo drammatico fra l’urgenza climatica che richiede una transizione ecologica radicale all’insegna dell’internazionalismo e un presente politico dominato dal nazionalismo di destre reazionarie e negazioniste, i movimenti di azione climatica si stanno muovendo verso l’anticapitalismo che tradizionalmente anima i movimenti anarcoautonomi e i centri sociali delle città d’Europa. Roger Hallam, il fondatore di Extinction Rebellion e Ultima Generazione, assieme al suo giovane collaboratore Robin Boardman sta per dare alle stampe Revolution in the 21st Century, un saggio che enuclea i temi centrali della strategia rivoluzionaria nonviolenta che l’ex anarchico, ex agricoltore ed ex dottorando ha articolate in ore e ore di podcast l’anno scorso per A22, il network internazionale che coordina le azioni di Just Stop Oil e organizzazioni sorelle in Europa e Nordamerica. A Milano nell’ottobre 2023, insieme ai centri sociali e al collettivo Ecologia Politica, col mio team attivista abbiamo cercato di avvicinare le due anime del climattivismo radicale nel World Congress for Climate Justice, che ha visto più di 1000 delegati e delegate partecipare agli incontri nei chiostri della Statale e negli spazi del Leoncavallo. Erano presenti i principali movimenti e tendenze dell’ecologismo rivoluzionario: FFF, Ultima Generazione, Ende Gelaende, Defend Atlanta Forest, Stop EACOP, e tanti altri dal Messico al Marocco, dall’Uganda alla Polonia. L’amico Roger, vero prophet of doom che pronostica un miliardo di rifugiati climatici di qui al 2050 e la prossima inversione della Corrente del golfo (AMOC) nell’Atlantico settentrionale, postula il rovesciamento delle lobby fossili (dette carbon elites) tramite la resistenza civile di massa (per cui bisogna esser disposti andare in carcere come lui, e come prima di lui Martin Luther King, Angela Davis o il Mahatma Gandhi) e l’azione politica di assemblee territoriali di cittadine e cittadini comuni che devono andare a sostituire le istituzioni parlamentari del capitalismo liberale complici dell’ecocidio. Sono queste strutture decentrate che devono organizzare la sopravvivenza e rifondare la società su criteri di partecipazione democratica e l’economia su sistemi tecnologici a bassa entropia, secondo l’interpretazione economica data da Georgescu-Roegen, l’economista che ha fondato la bioeconomia negli anni Settanta, e accelerare la transizione ecologica dal basso con sistemi energetici e agricoli che possano scongiurare la fine della civiltà verso la quale siamo altrimenti diretti: l’apocalisse ecologica è in corso fra inondazioni e roghi infernali senza precedenti, la scelta a questo punto è fra ecologismo socialmente radicale o il fascismo survivalista dei ricchi, che presidiano con ferocia risorse decrescenti in un pianeta sempre più ostile alla vita mentre preparano la migrazione verso lo spazio, oppure un ecologismo socialmente radicale.
“Nel 2019, Fridays for Future ed Extinction Rebellion fecero presagire una presa di coscienza climatica globale da cui non si sarebbe più tornati indietro. Oggi, a distanza di più di cinque anni dai primi grandi climate strike, questa irreversibilità non può più essere data per scontata”.
La disobbedienza climatica di Greta Thunberg e Roger Hallam si iscrive nella storia dell’ecologismo rivoluzionario dei movimenti che da dagli anni Novanta a oggi hanno dato battaglia contro il capitale fossile. Di particolare importanza per i movimenti anarchogreen è stato l’apporto dell’ecologia sociale di Murray Bookchin. Questo teorico autodidatta, contro il primitivismo survivalista di Zerzan e l’essenzialismo antimodernista della deep ecology altrettanto diffusi nell’anarchismo, discute il tema della tecnologia appropriata a una società ecologicamente sostenibile, facendosi uno dei primi promotori della diffusione dell’energia solare ed eolica negli anni Sessanta. Bookchin propone un modello confederalista di organizzazione politica come quello sperimentato nel Kurdistan siriano, dove la suddivisione delle varie amministrazioni territoriali dovrebbero rispettare criteri ecologici (idrogeologici ad esempio), un principio noto come bioregionalismo. L’anarchico americano è anche stato il primo proponente del municipalismo partecipativo, un movimento che ha avuto un certo successo nell’Europa degli anni ‘10 di questo secolo. In quanto ideologo involontario della rivoluzione curda in Rojava con la creazione di una provincia ecofemminista autonoma in Siria, Bookchin e il suo pensiero antigerarchico e post operaio sono in auge al momento e le sue due opere principali, Post-Scarcity Anarchism e The Ecology of Freedom, sono oggetto di studio e reinterpretazione. La lotta dei lavoratori della GKN di Bisenzio che si battono assieme a Fridays for Future per riconvertire in senso ecologico la fabbrica disertata dai padroni è alla Bookchin, che fu a lungo delegato sindacale nell’industria automobilistica americana.
Pur avendo abbandonato anche loro la classe operaia come agente di trasformazione rivoluzionaria, i marxisti non sono certo rimasti a guardare di fronte alla crisi ecologica del capitale. Due autori in particolare, Andreas Malm e Kohei Saito, hanno raggiunto le classifiche dei bestseller con le loro critiche del capitalismo fossile. Malm, a cui Greta è ideologicamente vicina, si interroga sui limiti di una strategia nonviolenta contro il capitalismo fossile nel suo How to Blow Up a Pipeline (2020) in cui critica aspramente Extinction Rebellion per essere un movimento borghese di classe media che non è disposto ad allearsi con la classe lavoratrice. D’altro canto i trotzkisti hanno dato vita a una corrente ideologica distintiva, l’ecosocialismo, che si nutre dei lavori postfrancofortesi di Saito, per articolare un approccio marxista alla questione ecologica sulla base di un programma politico intorno alla decrescita.
Un’altra corrente è quella della green anarchy, come l’Earth Liberation Front (ELF) sorto dai black bloc americani dopo Seattle che praticò azioni di ecotaggio in grande stile fra il 2000 e il 2003 (fecero saltare in aria diversi cantieri e aziende responsabili della deforestazione nel Northwest, nonché diedero alle fiamme resort di lusso montani e concessionarie di SUV). Oggi questa corrente è viva nel movimento Defend Atlanta Forest contro la costruzione di Cop City nella capitale del Sud degli Stati Uniti. Un movimento transrazziale e interclassista particolarmente determinato, con un forte componente queer e anticoloniale, che si è accampato nella foresta e ripetutamente occupato il municipio cittadino incontrando una repressione durissima, con un(‘)attivista transgender, Tortuguita, uccis@ nella notte del 18 gennaio 2023 crivellato di colpi dalla Georgia State Police mentre era nella sua tenda, assieme ad altre, a protezione degli alberi della foresta contro seghe e bulldozer. Aver difeso l’unico polmone verde per i sobborghi neri di Atlanta è valso a molte attiviste e attivisti un mandato di cattura dell’FBI. Cambiano i luoghi, cambiano i secoli, ma in nessuno stato l’anarchismo è tollerato. Anche se più di matrice autonoma antagonista, lo Zadismo francese e il movimento NO TAV italiani presentano molti tratti comuni, se non altro in termini di prassi e organizzazione delle comunità, all’anarcoecologismo militante.
A fronte quindi di una minore popolarità della questione ecologica presso l’opinione pubblica, si registra il fiorire di nuove strategie rivoluzionarie e/o di adattamento alla fine della civiltà incombente. L’idea che va prendendo più piede è che solo una rivoluzione ci può salvare dall’estinzione della specie umana. Abbattere il capitalismo, insomma, sarebbe una questione di sopravvivenza. Del resto l’IPCC e l’ONU concordano sul fatto che urge un’eutanasia delle lobby fossili per stabilizzare il clima prima che sia troppo tardi. Chi se ne occuperà? Non certo i nostri governi, ma i tanto vituperati climattivisti, quelli che per cercare di arrestare il riscaldamento globale ci fanno, alle volte, arrivare in ritardo al lavoro.
Alex Foti
Alex Foti è editor, traduttore, attivista. Il suo ultimo libro è Essere di sinistra oggi. Guida politica al tempo presente (Il Saggiatore, 2013).
newsletter
Le vite degli altri
Le vite degli altri è una newsletter che racconta di vite che non sono la nostra: vite straordinarie, bizzarre o comunque interessanti.
La scriviamo noi della redazione di Lucy e arriva nella tua mail la domenica, prima di pranzo o dopo il secondo caffè – dipende dalle tue abitudini.
Contenuti correlati
© Lucy 2025
art direction undesign
web design & development cosmo
sviluppo e sistema di abbonamenti Schiavone & Guga
00:00
00:00