La redazione di Lucy
01 Novembre 2024
Con Novembre su Lucy arriva anche un nuovo tema mensile. Qui iniziamo a raccontarvelo.
Ne La breve vita felice di Francis Macomber, primo dei Quarantanove racconti di Ernest Hemingway, Francis Macomber è un codardo. Durante la costosa battuta di caccia guidata dal cacciatore Robert Wilson, dà più volte prova della sua viltà fino a scappare a gambe levate quando si tratta di abbattere un leone ferito. La moglie Margot lo deride e lo disprezza, certa che tanto lui non la lascerebbe mai. La vigliaccheria, si sa, opera in tutti gli ambiti dell’esistenza.
Poi, però, succede qualcosa: in una nuova spedizione alla ricerca di bufali, Macomber scopre per la prima volta il memento mori che anima il coraggio: nella vita, la cosa peggiore che può succedere è morire, e comunque può accadere una volta sola. E così alla missione successiva, trovandosi a tu per tu con un bufalo inferocito, lo affronta senza esitazioni. Sarà quest’ultima battaglia a costargli cara, e non per colpa del bufalo.
Ad ogni modo, la porzione di vita del signor Macomber traccia una traiettoria che ci è nota: la condizione di stasi, il declino, l’ascesa, una nuova, definitiva, caduta. Queste curve ondulate definiscono la vita di tutti gli esseri umani e di molte loro imprese. A osservarle dall’esterno si percepisce quasi un senso di benevolo distacco. Si viene pervasi da una saggezza pacata, che guarda ai destini degli uomini e a quanto questi si assomiglino tutti nella loro disperata e operosa futilità. Ma quando siamo noi a scendere in picchiata, pronti a schiantarci sulla superficie del fallimento, allora non siamo poi così tranquilli. Se ogni volta che investiamo in qualcosa o in qualcuno ci troviamo a costruire una nuova porzione di noi stessi, quando perdiamo ciò che abbiamo faticosamente compiuto la sensazione è un assaggio di morte. E infatti l’aspetto più drammatico delle cadute non è tanto l’impatto, ma ciò che la caduta precede: lo dice chiaramente La Haine di Mathieu Kassovitz. Se la morte è solo morte, l’attesa della stessa equivale al morire mentre si è ancora in vita. Questo è forse il momento peggiore della vita di chiunque. Alcuni potrebbero non provarlo mai, ma è difficile dire se questa inesperienza non sia, in fondo, una sfortuna. Se il signor Macomber non avesse toccato il fondo della sua vergogna, se non avesse fatto i conti non la reale natura della morte, mai e poi mai avrebbe scoperto di possedere del coraggio. Sono spesso gli schianti a liberarci dal terrore di cadere, incoraggiandoci dunque a salire ancora, ad assaporare un’altra volta l’euforia di vedere il mondo dalla sua vetta più alta, di nuovo dimentichi della possibilità di franare giù.
Finisce l’amore romantico, crollano le città ideali, i riflettori si spengono su chi desiderava essere illuminato per sempre. Ma non c’è da disperarsi. Nello stesso istante, da qualche altra parte del mondo, uomini e donne si affaccendano per inseguire e costruire mondi meravigliosi, e altrettanto illusori.
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