Devozione - Lucy
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La redazione di Lucy

Devozione

Oggi inauguriamo il nuovo tema del mese: qui vi anticipiamo di cosa si tratta.

La parola devozione deriva dal latino “devovere”, ossia ‘fare un voto’.

L’idea che siamo soliti associare alla devozione, però, non sta tanto nel gesto quanto nella continuità con cui lo si compie.

Nel corso della storia, in base al culto, sono mutati i modi in cui si era soliti dimostrare devozione: statue, ceri, cupole, sacrifici animali o umani.  

Eppure, sin dalla sua origine, dalla parola non si è staccato un senso: quello di atto perpetuo, ciclico e costante.

Lucrezio Caro, poeta-filosofo latino, non credeva agli dèi, riteneva anzi che fossero la proiezione delle paure degli uomini. Ciò nonostante ambiva alla devozione. In un passo in cui riflette sulla religione osserva: “Non c’è alcuna devozione nel mostrarsi spesso col capo velato, nel rivolgersi a statue di dei e ad altari, nell’inchinarsi a terra, prostrati, e tendere le mani aperte davanti a templi, o nell’offrire sangue di vittime sacrificali e accumulare promesse e voti. Devozione, semmai, è saper osservare ogni cosa con mente serena”.

Sono le parole di un ateo materialista, eppure suonano assai in sintonia con quelle di un sacerdote cristiano spagnolo vissuto nel Cinquecento, Pietro d’Alcántara, il quale riteneva che la devozione, quando è vera, “spazza dalla nostra anima ogni lentezza e difficoltà e la lascia idonea e sgombra per ogni bene”.

La devozione, dunque, passa per oggetti o gesti e si compie in un rito perenne la cui ambizione è quella di darci pace, sgombrarci dal dubbio.

È devozione quella con cui ogni giorno si estirpa la malerba da un giardino; è devozione l’ordine che vige nel tempio; devozione la fiducia che affidiamo, costanti, al nostro idolo artistico. 

E c’è una forma di devozione nei tic, nei rituali, negli appuntamenti, negli oggetti magici o nei modi in cui giustifichiamo gli errori di chi ammiriamo. C’è una forma di devozione, quindi, anche nell’abbattere le statue o nell’ uccidere i propri idoli, specie quando è il passaggio necessario a erigerne di nuovi: cos’è, in fondo, questa se non urgenza di nuove devozioni?

Non siamo solo devoti, a volte siamo oggetto di devozione. Chi possiede un cane ne fa esperienza ogni volta che varca la soglia di casa.

La devozione, lo si sarà inteso, cresce nel tempo. Scrivendo del suo cane adorato il poeta Gabriele d’Annunzio ricorda che “a  poco a poco eragli apparso negli occhi uno sguardo pieno di umanità e di   devozione”. Perché la devozione svanisca basta invece pochissimo. 

Devozione è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a capire cosa ci dà pace amare, cosa ammiriamo con immancabile costanza e, quindi, cosa è sacro per noi.

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