I live degli Swans sono una catarsi assordante - Lucy
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I live degli Swans sono una catarsi assordante
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Letto, visto, ascoltato

Matteo Grilli

I live degli Swans sono una catarsi assordante

Vedere gli Swans dal vivo è un'esperienza da iniziati: tra oscuri rituali, leader che si agitano sul palco come sciamani e folle di fedeli che officiano il culto segreto della loro musica. Quando la messa finisce capita, quindi, di sentirsi cambiati.

26 Novembre 2023

Le ombre della sera crollano verso l’interno e cadono tra corpi inquieti che si avvicinano sempre di più in nervosa attesa del momento in cui suoneranno gli Swans, al Conservatorio Giuseppe Verdi, Milano. 

L’aria è una lama gelata; io e il mio amico Stefano entriamo al bar per mangiare delle pizzette. È chiaramente un raduno di tutti i goth di Milano: siamo vestiti completamente di nero, pochi azzardano un colore fuori dallo spettro della pece – vuoi perché siamo in un teatro, vuoi perché c’è pochissimo di luminoso nella musica di Michael Gira. 

Attivi dal 1982, gli Swans sono passati attraverso un tritacarne di cambiamenti radicali, partendo come un gruppo che fondeva industrial, noise, rock sperimentale, folk, no wave. Ciò che è rimasto costante dei numerosi cambi di formazione – da fan, avverto ancora la lancinante mancanza della prodigiosa Jarboe, compositrice unitasi alla band nel 1986 e autrice dei pezzi più intensi e poetici della loro produzione – è il rumore, la furia. 

Il tempo avrà forse mitigato la seconda, ma il primo ha riempito tutto il teatro, costringendomi all’uso dei tappi per le orecchie (grazie Stefano).

Entriamo, ci accompagnano ai nostri posti, e penso che abbiamo un’ottima prospettiva sul palco. A breve, tutta questa cerimonialità da teatro sarà completamente vana. 

“Siamo vestiti completamente di nero, pochi azzardano un colore fuori dallo spettro della pece – vuoi perché siamo in un teatro, vuoi perché c’è pochissimo di luminoso nella musica di Michael Gira”. 

Michael Gira arriva alle masse con la presenza di un medico della peste del XVII secolo che si aggira tra malati e psicotici. La folla si agita e specula sulle sue condizioni psicofisiche (“ma quanti anni ha? Eccolo, è già incazzato”), e il silenzio piove improvvisamente quando Gira si avvicina al pubblico stringendo una cintura con sonagli da sciamano. La scuote con vigore, chiedendo al pubblico di alzarsi dalle poltrone e di addossarsi al palco. Senza esitazione, obbediamo. Liberi dalle gabbie del posto prenotato, andiamo a pochissimi metri dal palco.

Gira si siede, la chitarra acustica tenuta vicino al petto. Le grida violente degli Swans emergono dalle profondità oscure di ciò che si nasconde sotto con la traccia di apertura The Beggar, dal loro ultimo album, generando un delirio che si diffonde rapidamente tra i devoti seguaci della band.

L’esperienza dal vivo degli Swans può essere paragonata solo alla partecipazione a un rituale di purificazione: una resa per lasciarsi trasportare in una sacra coreografia di liberazione e rinascita. 

“Michael Gira arriva alle masse con la presenza di un medico della peste del XVII secolo che si aggira tra malati e psicotici”.

La band ha un legame di lunga data con temi nefasti quali la natura mortale, l’esistenza, la religione, il sesso e la filosofia, e nel loro il sedicesimo album in studio questi aspetti si dipanano e si avvolgono in spirali di rumore soffocante.

La natura catartica dell’album si esprime ancora meglio dal vivo, quando la band si riunisce per questa oscura messa pentecostale, quasi due ore di intenso disordine ed emozione per liberare le tendenze malevole insite in ognuno di noi – alcune persone inizieranno quasi ad avere le convulsioni degli estatici, qualcuno si tappa le orecchie, altri sembrano ammutoliti e sofferenti. 

Il tour europeo degli Swans presenta musicisti straordinari atti a creare un sound profondamente claustrofobico: Kristof Hahn (chitarra), Larry Mullins (effetti e percussioni), Dana Schechter (basso e chitarra), Christopher Pravdica (basso ed effetti) e Phil Puleo (batteria).

Tutta la band risponde ai gesticolii di Gira, che a volte dismette la chitarra per condurre il suono dell’apocalisse come un direttore d’orchestra impazzito. Nonostante la follia percepita, è chiaro che i musicisti lo seguono indiscutibilmente come leader maximo del loro culto, interpretando ogni gesto come un linguaggio da iniziati. 

La prima ora del set cresce e si gonfia con una tensione calcolata, che esplode sui ritmi ipnotici di The Hanging Man, tratta da leaving meaning. La voce di catrame di Gira si riversa su linee di basso anestetizzanti ispirate al dub e alla steel guitar di Hahn, il suono che ne erompe somiglia a una casa di fantasmi rabbiosa sul punto di crollare.

Gira suona, canta le tenebre, tende le mani verso di noi come per stritolarci, ci sputa sopra e si prende a schiaffi: questi sono gli spettri della gigantesca intensità degli Swans di fine anni Ottanta, di cui questa incarnazione massimalista rifiuta categoricamente di riproporre qualsiasi cosa composta pre-scioglimento nel 1996. Per alcuni fan di sicuro è una delusione, ma gli Swans sono una band che non ha mai appagato il proprio pubblico. Sono un ciclo di morte e rinascita, e ciò che è morto resta morto. La nuova incarnazione degli Swans abbraccia la consapevolezza che la fine è inevitabile

“La voce di catrame di Gira si riversa su linee di basso anestetizzanti ispirate al dub e alla steel guitar di Hahn, il suono che ne erompe somiglia a una casa di fantasmi rabbiosa sul punto di crollare”.

Quando arriva Cathedrals Of Heaven il sottotesto gotico vicinissimo a Nick Cave esplode in una potente e avvincente murder ballad che si trascina, nella scaletta funebre, come un cadavere che risale dalla terra. La loro esibizione diventa (se possibile) ancora più inquietante, inabissando il pubblico ulteriormente nelle catacombe, con canti sciamanici che si potrebbero descrivere solo come i lamenti lontani di un esorcismo. 

In piedi davanti a Gira, con la mia amica Barbara accanto e Stefano che osserva poco distante, sprofondo nel rumore totalmente immobile, ogni tanto muovo la testa e avverto il mio corpo deflagrare, come sotto una colata di lava. Quando arriva l’ultimo pezzo, l’inedita Birthing (che per intensità rivaleggia con la storica Helpless Child contenuta in Soundtracks for the blind), capisco che per noi è il momento di riemergere. Bruciati, sfigurati, ma vivi.

Alla fine, siamo tutti scossi ed emozionati. Corro verso il banchetto del merch ma c’è una fila pazzesca e sento di non avere davvero bisogno di una t-shirt degli Swans o di un loro vinile: ho già tutto dentro di me.

Matteo Grilli

Matteo Grilli è social media manager di Lucy e scrittore. Il suo ultimo romanzo è Muori Romantica (effequ, 2023).

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