Iconografie XXI
29 Gennaio 2025
I processi di trasformazione sociopolitici che ci stanno portando in un mondo nuovo si nutrono di ogni tipo di frattura: economica, politica, etnica, di genere e, naturalmente, anagrafica. Vecchi e giovani si contrappongo in quasi ogni ambito della vita, a partire da quello virtuale, dove dal 2019 è entrato in voga l’oramai famosissimo “Ok Boomer”, motto sprezzante nato per mettere a tacere la retorica dei più agée. Ma anche nella vita reale e nella politica le cose non vanno meglio. Al punto che oggi i movimenti di piazza, praticamente monopolizzati dalla questione ambientale, ricordano volontariamente o involontariamente la retorica del Free Speech Movement statunitense degli anni Sessanta e di Jack Weinberg, che invitava a “non fidarsi di qualcuno che abbia più di 30 anni”.
C’è solo un momento nel quale giovani e anziani sono uniti (oltre al pranzo di Natale): la miseria e la distruzione della guerra. Se le pandemie colpiscono uno e risparmiano l’altro, la sempre più presente e incombente guerra non conosce distinzione di età. A soffrire sono i giovani come i vecchi, che passano nottate senza sonno nel buio dei rifugi o tra la polvere delle macerie.
Abbiamo scelto 10 foto contemporanee per raccontarvi le generazioni nell’età contemporanea.
Israele, 14 marzo 2024.
Una fetta importante e maggioritaria degli israeliani è a favore (in varie sfumature) della guerra portata avanti contro i palestinesi, e le ragioni dei contrari spesso si ricollegano alla salvaguardia degli ostaggi più che alle sofferenze dei civili. Questo consenso coinvolge quasi ogni livello della società, da sinistra a destra, dai più ricchi ai più poveri, dai più giovani ai più anziani. Israele, per ragioni storiche e sociali, infatti si fonda anche su un forte legame generazionale tra i partecipanti alla sua comunità, plasmata anche e soprattutto dal racconto intergenerazionale del trauma. Sarà per questo che anche l’odio, al pari delle reminescenze delle sofferenze vissute dal popolo ebraico, segue il medesimo percorso. Il caso più evidente è la foto pubblicata sui social network dal portavoce dell’ex Ministro della sicurezza nazionale di Israele Itamar Ben-Gvir, che mostra suo figlio mentre fa il cosplay del Ministro – con tanto di pistola finta – in occasione della festività ebraica del Purim.
Khan Younis, Palestina, febbraio 2024.
Se da una parte del muro c’è una generazione di bambini che ha imparato che i palestinesi sono “animali umani” e che devono essere trattati di conseguenza (parole di Yoav Gallant, Ministro della difesa israeliano fino al novembre 2024), dall’altra parte non c’è più nessuno. È stato il Vicedirettore Generale dell’UNICEF Ted Chaiban a parlare di una “generazione perduta di bambini palestinesi, che hanno perso mesi di istruzione e subito traumi devastanti”. In foto, alcuni soldati israeliani mentre posano con dei giocattoli rubati in camerette di bambini palestinesi.
Zolochev, Ucraina, maggio 2022.
Suona come un luogo comune, ma spesso i luoghi comuni sono tali proprio perché puntuali: in guerra, coloro che pagano le conseguenze più aspre sono bambini e anziani. Se la drammaticità di un’infanzia sotto le bombe è evidente, non da meno drammatica è l’esperienza di una guerra in una fase della vita in cui serenità e stabilità dovrebbero prevalere. Lo sfollamento, la vita sotto le bombe, il costante pericolo e il distaccamento dai propri cari rappresentano un’esperienza in grado di stravolgere profondamente l’ultima fase dell’esistenza. Potremmo citare studi e ricerche per raccontare l’impatto dei conflitti sugli anziani, ma certe volte basta una storia come quella di Ivan Vasilyevich Lysun, un veterano ucraino della seconda guerra mondiale. Quando aveva 16 anni, Lysun combatté i nazisti nelle file dell’armata rossa. Ora che ne ha 97 ha perso la casa quando il suo villaggio nella regione di Kharkiv è stato bombardato dall’artiglieria russa in nome della “denazificazione”.
Corea del Nord, dicembre 2023.
Non è un segreto che la Corea del Nord sia, de facto, una monarchia fondata sul culto della personalità della dinastia Kim. Dopo i 46 anni di governo di Kim Il Sung, le redini del paese sono passate nel 1980 al figlio Kim Jong Il e ancora nel 2011 al nipote e attuale leader Kim Jong Un. Il leader supremo non ha particolari problemi di salute, è giovane (non si sa con esattezza la sua data di nascita, ma ha una quarantina di anni) ed è saldamente alla guida del paese. Nonostante ciò, tra i koreanisti una delle notizia più interessanti degli ultimi anni riguarda chi gli succederà al potere. La teoria più accreditata è quella che vedrebbe la Corea del Nord avere la prima leader femmina della sua storia: Kim Ju-ae, figlia adolescente del dittatore. La prima uscita pubblica della ragazza era già un programma: ha assistito mano nella mano col papà a un test di lancio di un missile balistico intercontinentale.
Teheran, Iran, ottobre 2022.
Nel 2022 si sono ribellate al regime teocratico in Iran in tantissimi. E c’erano principalmente due variabili ad accomunare quelle persone: il genere e l’età. Le piazze di Teheran e di tanti altri centri nevralgici della rivolta si sono riempite soprattutto di giovani donne che rifiutavano organi come la polizia morale e misure che andavano a reprimere la libertà femminile – una su tutte l’imposizione del velo. Per la Repubblica Islamica questo è stato il momento della rivelazione: le nuove generazioni, in particolare le giovani donne, stavano creando una frattura nella società, mettendo in discussione prima gli aspetti più conservatori del regime, poi il regime stesso. Simbolo di ciò è stato un trend social di quei giorni: i ragazzini iraniani si sfidavano a riprendersi mentre, passando dietro a un chierico, gli davano un colpo al turbante facendoglielo cadere per poi scappare. C’è stato poi tutto un filone estetico rappresentato dalle foto in solidarietà alle proteste scattate nelle classi di istituti scolastici femminili: una su tutte, quella in cui un gruppo di studentesse che mostra il dito medio alla scritta “Repubblica Islamica” sulla lavagna.
Berlino, Germania, settembre 2019.
Le proteste per il clima sviluppatesi dal 2018 in poi – ispirate e guidate dal movimento studentesco internazionale – hanno rappresentato il contesto dove con più forza si è palesato il conflitto generazionale. I giovani studenti sentono l’emergenza climatica come impellente e gravissima, in grado di trasformare il mondo per come lo conosciamo e mettere a rischio il futuro di tutti; gli “adulti” vengono visti come menefreghisti, interessati solo a dinamiche economiche e drammaticamente cinici. Questi ultimi, poi, quando costretti a discutere di clima, lo fanno poco e male: come avviene alle varie COP, le conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Emblematica la protesta di alcuni attivisti tedeschi di Extinction Rebellion che, di fronte alla Porta di Brandeburgo, sono saliti su un blocco di ghiaccio e si sono messi un cappio al collo: a impiccarli sarebbe stato il riscaldamento globale.
Tokyo, Giappone, maggio 2023.
Alcuni studiosi che si sono occupati di nuove generazioni hanno riflettuto sul concetto di “diritto generazionale”. A metà tra una provocazione giovanile e un legittimo desiderio di giustizia verso le generazioni precedenti – accusate di aver distrutto l’economia e l’ambiente –, tra i giovani oggi esisterebbe un sentimento che li fa sentire in diritto di vedere realizzati i loro desideri. Se questa fantasia rimane astratta per i comuni mortali, per i figli di chi detiene cariche di potere la situazione assume tratti più concreti. . È il caso delle foto diventate virali in Giappone e che hanno visto come protagonista Kishida Shotaro, figlio dell’allora primo ministro giapponese Kishida Fumio, mentre insieme a degli amici, durante una festa nella residenza ufficiale del padre, faceva finta di governare il Giappone.
Stati Uniti d’America, luglio 2024.
Nella puntata dei Simpson in cui nella scuola elementare di Springfield viene trovato un pozzo di petrolio c’è un fotogramma diventato ormai famoso: il vecchio signor Burns travestito da giovane nel tentativo di passare per uno studente e convincere il preside della scuola a cedere il pozzo di petrolio alla sua centrale nucleare. Si tratta di un meme oggi usato per prendere in giro i politici boomer che si atteggiano da giovani per recuperare i voti dei nuovi potenziali elettori, una tendenza che nell’ultimo anno, durante la campagna elettorale per le elezioni americane, ha visto diversi esempi eclatanti e disastrosi. Prima di ritirarsi , Joe Biden si è atteggiato a “Dark Brandon”, mentre Kamala Harris, che l’ha sostituito, ha provato a cavalcare il meme della “brat summer” adottandone le estetiche nella sua comunicazione.
Angola, Louisiana, Stati Uniti d’America, 2018.
Uno dei temi più interessanti e dibattuti negli studi storico-sociali negli Stati Uniti è l’impatto intergenerazionale della schiavitù nelle comunità afroamericane contemporanee. I tassi più elevati di povertà, di disoccupazione e i maggiori problemi di salute rispetto ai bianchi americani possono infatti essere spiegati sia con la chiave di lettura del trauma intergenerazionale, sia con quella dello svantaggio socio-economico tramandato di generazione in generazione. La ricchezza accumulata da alcune famiglie bianche grazie alla piantagioni di cotone dove lavoravano schiavi neri è arrivata fino ad oggi, e la miseria di quegli schiavi spesso ha seguito lo stesso percorso. Talvolta il filo che lega gli schiavi africani di ieri agli afroamericani di oggi è addirittura istituzionale. È il caso del XIII emendamento della Costituzione statunitense, che abolisce la schiavitù fatta eccezione per i lavori forzati dei carcerati – solo che in carcere ci vanno soprattutto i neri, per le ragioni contestuali di cui sopra. La foto dei carcerati impegnati nei lavori forzati del Louisiana State Penitentiary ci racconta proprio questa storia.
New York, Stati Uniti d’America, settembre 2023.
È noto che le nostre società sono sempre più polarizzate sotto ogni punto di vista: i ricchi sono sempre più distanti dai poveri, quelli di sinistra da quelli di destra, quelli che riconoscono la binarietà di genere da quelli che non la condividono, quelli che mangiano carne da quelli che hanno scelto una dieta vegetariana. La prospettiva generazionale non poteva mancare: i vecchi sono disgustati dalla trap, i giovani non capiscono come si possa votare Forza Italia. Il processo di depersonalizzazione di alienazione nei confronti di coloro che sono – in realtà o in potenza – i nostri genitori, i nostri nonni, o – dall’altro lato della barricata – i nostri figli o nipoti, è tale da aver reso quella del “boomer” una categoria sociale, culturale e addirittura politica. La nostra età ci sintetizza, al pari di ciò che mangiamo e quello che votiamo. È il caso in particolare dell’avvocata per i giovani rifugiati Adriana Figueredo, introdotta come “young person” ad un evento delle Nazioni Unite sul tema dell’inclusione giovanile.
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