Diego Passoni
Quello che è successo a Padova è un precedente pericoloso, non solo per le famiglie omogenitoriali.
Quello che è successo a Padova, quando la procura ha impugnato gli atti di nascita di 33 bambini figli di coppie di due madri e concepiti all’estero tramite fecondazione eterologa, si iscrive all’interno di un contesto più ampio, fatto di bias, pregiudizi, diritti cancellati, dichiarazioni scellerate di deputati e ministri dell’attuale governo.
La vicenda è dolorosa e complessa e ci pone delle domande: quanta importanza ha il sangue nella definizione della famiglia? Quanta dovrebbe averne? Si possono sacrificare bambini e bambine in nome del sangue? E si può negare la possibilità, offerta dalla scienza, di generare figli anche quando la biologia non lo permette?
Andiamo con ordine. La gpa è la gestazione per altri – quella che è chiamata in malafede “maternità surrogata”, forse per confonderci e sovrapporre la gravidanza alla maternità, due cose ben distinte, poiché una è un dato biologico, l’altra un’assunzione di responsabilità genitoriale da parte di un adulto.
La gpa, largamente usata da coppie eterosessuali (e anche da alcune coppie omoaffettive di uomini) che hanno la disponibilità economica per permettersi una trafila molto costosa, è regolamentata a tutela delle donne che porteranno avanti la gravidanza (e dei nascituri). Questo ovviamente perché non debbano ricorrervi per necessità e perché siano libere di scegliere fino alla fine.
Nel nostro paese però la gpa è illegale; alle coppie (etero e omo) che decidono di usufruirne tocca andare all’estero e poi registrare i figli all’anagrafe italiana. La scienza consente a chi non può avere figli anche un’altra possibilità: la fecondazione assistita. Omologa ed eterologa, è detta anche procreazione medicalmente assistita (pma).
Qui, ci interessa l’eterologa che, a differenza di quella omologa, in cui si utilizzano gameti della coppia (spermatozoi e ovociti), richiede l’utilizzo di gameti donati da individui esterni alla coppia. Insomma, uno tra l’ovulo e lo sperma che si incontrano in laboratorio non appartiene alla coppia. In Italia questa pratica è consentita solo alle coppie etero.
Le coppie omoaffettive, quelle facoltose almeno, fino ad oggi sono dovute andare altrove, in paesi in cui da tempo si fa una buona politica, ovvero si riconosce un dato di fatto, regolamentandolo.
E qui, nel vuoto legislativo, comincia l’assurdo: se le pratiche di gpa e pma in Italia sono vietate a coppie gay e lesbiche, come regolarizzare i figli di quelle che si sono rivolte a cliniche all’estero? Non serve essere un luminare del diritto internazionale: un qualunque amministratore di condominio sa che la cosa più logica è che quei bambini vengano registrati all’anagrafe con i genitori che li hanno tanto desiderati e se ne vogliono prendere carico.
Ma questa disposizione in Italia non è mai stata attuata. Si è lasciato che ogni sindaco, che ha potere discrezionale sui registri degli atti di nascita, decidesse autonomamente. Molti di loro hanno scelto di registrare la famiglia per quello che era: figlio o figli, con madre e madre o padre e padre. Laddove invece i sindaci hanno negato questa possibilità, i genitori, a loro spese, hanno intentato causa, e i tribunali di competenza, con la logica di cui sopra, hanno spesso dato loro ragione.
Insomma, in questo pasticcio normativo molto frustrante e oneroso per chi lo subisce, a gennaio ha infierito (ancora) anche il nuovo governo, con una circolare ministeriale in cui si chiedeva ai sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascite ottenute all’estero per gpa in cui comparisse anche il nome del genitore non biologico. Intanto, la prefettura di Milano si spingeva oltre, includendo anche le coppie lesbiche che si erano affidate alla pma eterologa.
“E qui, nel vuoto legislativo, comincia l’assurdo: se le pratiche di gpa e pma in Italia sono vietate a coppie gay e lesbiche, come regolarizzare i figli di quelle che si sono rivolte a cliniche all’estero?”
Ed eccoci al 20 giugno, quando è arrivata la prima notifica a una coppia di mamme con un figlio che ormai ha sei anni. Il 14 novembre difenderanno in tribunale la storia della loro famiglia, affinché non smetta di esistere. La loro condizione è comune ad altre coppie: verranno infatti impugnati 33 atti di nascita, che il sindaco di Padova, a partire dal 2017, aveva deciso di registrare come famiglie legittime.
La rete sociale che cresce i bambini è fatta di persone di fiducia oltre ai genitori: nonni, insegnanti, allenatori, catechisti, capi scout, mamme dei compagni di scuola. Questi sono i rapporti che hanno davvero importanza, questa è la realtà di molte famiglie.
Ora questa idea di famiglia – che è spontanea e naturale – è a rischio per le coppie non eterosessuali. Basta incontrare sulla propria strada il burocrate sbagliato. Immagina di essere un padre o una madre e di non poter portare tuo figlio in viaggio senza la delega del genitore biologico, di non avere diritto di accompagnarlo al colloquio con gli insegnanti, di non potergli lasciare i tuoi beni in eredità. Per la legge non sei più genitore, tuo figlio diventa un estraneo. Così, dall’oggi al domani. Come ti sentiresti?
Cancellato. E per chi viene “cancellato” come genitore, l’unica speranza è iniziare una lunga e costosa procedura di “adozione in casi speciali”. Cosa c’è di naturale in un modello di famiglia dove contano solo i legami di sangue e non l’affetto e i rapporti tra le persone? È naturale sovvertire la realtà, negando l’esistenza di famiglie che già esistono? Famiglie che, d’un tratto, rischiano di perdere tutto quello che hanno costruito con amore e molti sforzi?
Questa situazione accomuna purtroppo l’Italia a Polonia, Ungheria, all’Arabia Saudita e ad altri paesi caratterizzati da un visione a dir poco retrograda della famiglia e della società. Dovrebbe farci riflettere. E con urgenza, anche.
Il giorno prima dei fatti di Padova, il 19 giugno, è iniziata alla camera dei deputati la discussione sulla proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia che intende rendere la gpa reato universale – cioè illegale anche quando la procedura avviene all’estero – costringendo chi vi ha fatto ricorso ad aspettarsi il peggio per sé e i propri figli.
Nel PD, dove pure è unanime la contrarietà al reato universale – come ha dichiarato il senatore Zan – tanti hanno sottoscritto l’appello contro la gpa lanciato da Aurelio Mancuso, ex presidente dell’Arcigay. Tra questi, anche membri di spicco del partito, come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. D’accordo anche loro sul fatto che la famiglia sia solo questione di legami di sangue. Ironico che i sostenitori della famiglia tradizionale – qualunque cosa significhi – siano molto “fluidi”, in fondo.
Diego Passoni
Diego Passoni è autore e conduttore radiofonico e televisivo. Lavora a Radio Deejay e collabora con «Il Post». Il suo ultimo libro è Isola (Mondadori, 2022).
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