Valerio Magrelli
03 Novembre 2025
Un recente e mortale incidente avvenuto a Roma ha riacceso l’attenzione dei media sul fenomeno delle corse clandestine. Un tipo di scommessa che mette a rischio soprattutto la vita degli inconsapevoli automobilisti, trattati alla stregua di birilli da evitare o come il fondale inanimato di un videogioco.
Qualche giorno fa a Roma, su via Cristoforo Colombo, una macchina è stata travolta da un’altra. Pare che la morte della giovane e incolpevole conducente sia stata causata dal “gioco” criminale di alcuni automobilisti, impegnati tra loro in una gara di velocità organizzata o in una sfida decisa al semaforo.
Sapevo di corse di moto illegali, specie nel Meridione, di corse d’auto illegali, addirittura di corse di cavalli altrettanto illegali (organizzate bloccando e “sequestrando” un segmento di strada periferica). Tuttavia, che fenomeni del genere si svolgessero lungo una tra le principali arterie della capitale, francamente non ero arrivato a immaginarlo. Sul «Corriere della Sera» Rinaldo Frignani ha ricostruito le fasi di questa follia.
Due amiche avevano appuntamento per cena sulla terrazza di un ristorante davanti al Colosseo. Ed eccole, verso le 22, percorrere via Cristoforo Colombo, una delle strade più pericolose di Roma e d’Italia. È stato qui che la macchina è stata improvvisamente e violentemente tamponata da una Bmw con due passeggeri a bordo, schiantandosi contro un pino a piazza dei Navigatori. “Quell’auto andava a 150 chilometri all’ora”, dice un testimone in scooter: “Mi aveva superato poco prima insieme a un’altra vettura”. Secondo altre deposizioni, due auto avrebbero sorpassato a tutto gas, una a destra e l’altra a sinistra, la Mini Cooper delle due ragazze, prima che questa venisse centrata in pieno da un terzo veicolo sopraggiunto alle sue spalle.
Mentre prendo gli appunti che leggete, non ci sono conferme al fatto che possa essersi trattato di una corsa clandestina in senso stretto, con appuntamento e giro di scommesse, eppure, secondo i primi accertamenti, il conducente della Bmw potrebbe essersi comunque sfidato con quelli della seconda e della terza vettura, poi fuggiti.
Tutte queste, però, finora mi erano apparse soltanto come nozioni astratte; nulla a che fare, insomma con l’esperienza diretta che mi aspettava.
Se la tragedia mi ha particolarmente colpito, è appunto perché, appena pochi giorni prima dell’incidente descritto, sono finito in una situazione del genere, percorrendo la Roma-Fiumicino. Era notte, forse le 23, quando è accaduto qualcosa di apparentemente incomprensibile.
Mentre ero al volante di un’utilitaria (occhio alle dimensioni), ho avvertito uno spostamento d’aria. L’ho avvertito, cioè, prima ancora di indovinare cosa lo avesse provocato. Si trattava di un grosso veicolo, seguito subito dopo da altri due che mi sono sfrecciati davanti nella stessa modalità “prova a prendermi”.
Io guido esattamente da mezzo secolo, e non mi era mai, mai successo di provare qualcosa del genere. Non andavano a cento-centocinquanta, ma a buoni duecento all’ora. Voglio dire che appartenevano a una dimensione “esterna” alla nostra, come fossero stati partecipanti a videogiochi di cui noi altri avessimo avuto il compito di rappresentare il misero, immobile fondale.
A tale proposito, ricordo un romanzo di Victor Hugo, Novantatré, in cui l’eroe guarda il paesaggio dall’alto di una collina. Ebbene, con suo sommo stupore, “vede” le campane delle chiese suonare a stormo, ma lì per lì non riesce a cogliere alcun suono. Solo qualche istante più tardi verrà raggiunto dall’onda musicale. Ora, la mia esperienza è stata molto simile a quella illustrata dall’autore francese, come se l’effetto, vale a dire la potente ventata improvvisa, avesse preceduto la causa, ossia l’irrompere del Suv.
Ho dedicato un libro intero al concetto di “sopruso”, tema di cui mi ritengo a ragion veduta uno tra i massimi esperti in circolazione. Bene, una scena come quella descritta aggiunge un nuovo tassello a questo atroce argomento. In pratica, lo svago di tali criminali consiste nel trattare il prossimo come un birillo: “tu non ti preoccupare vai tranquillo, che io ti passo accanto”.
Mi viene in mente quello che, con squisito eufemismo, viene definito “l’incidente” della funivia del Cermis, in Trentino. Questa autentica strage venne compiuta il 3 febbraio 1998 da un aereo militare statunitense. Contro ogni regolamento, l’apparecchio volò a velocità eccessiva e a una quota inferiore a quanto concesso, tranciando con la coda il cavo della teleferica.
La cabina precipitò, provocando la morte dei venti occupanti. Ebbene, sembra che si trattasse di un gioco fra piloti, la solita scommessa.
Certo è che nel 2012 uno dei due soldati confessò di aver distrutto il video che avrebbe consentito di svelare la verità sull’accaduto. Processati negli USA, il capitano e il suo navigatore furono assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e omicidio colposo, sebbene in seguito, con l’accusa di aver distrutto il nastro registrato, vennero riconosciuti colpevoli di intralcio alla giustizia.
Alla fine, il corpo dei Marines congedò e degradò l’illustre coppia. Condannato a sei mesi di detenzione, il pilota fu comunque rilasciato dopo quattro mesi e mezzo, per buona condotta. E vorrei pure vedere! Chi si comporterebbe male, quando c’è da guadagnarci qualcosa? È appunto ciò che Kant rimprovera ai cristiani: agire bene, solo per la paura dell’Inferno o nella speranza di un futuro paradisiaco. Bastone e carota, il sistema più sicuro per animali da soma e per bambini – “minorenni”, diceva lui, ossia minori sul piano anagrafico, etico e (aggiungo io) cognitivo.
Ma abbandonando il tema dell’impunità (tanto anche i nostri tribunali avrebbero probabilmente assolto il colpevole), che dire? Intanto bisognerebbe riflettere meglio sull’aggravante dei “futili motivi“: il fatto che i motivi siano futili, non rende la colpa meno grave, anzi.
Infatti, anche se questo assunto va rapidamente sfumando, uccidere un umano o, più in genere, un vivente, costituisce un reato estremamente serio. Al limite, un gesto simile dovrebbe per lo meno scaturire da un profondo dibattito morale – pensiamo alla nobiltà del tirannicidio e al secolare dibattito che lo ha accompagnato. Viceversa, ammazzare degli sconosciuti per scommessa, è un crimine spregevole proprio per il completo disinteresse che dimostra verso il prossimo.
Mi fermo qui, perché il resto sarebbero semplici ingiurie. Cosa si prova a fare da paracarro, a essere un semplice segnale da aggirare (se ci si riesce) o da abbattere direttamente? Cosa si prova a diventare parte di un Grand Theft Auto, a essere incorporato in un videogioco action-adventure open world? Oppure a diventare come i figuranti androidi di Westworld, concepiti per fare da bersaglio per facoltosi visitatori?
Per la sicurezza dei clienti, cito, la programmazione dei residenti-robot impedisce loro di danneggiare fisicamente gli ospiti umani; ciò consente a questi ultimi la libertà illimitata di impegnarsi in qualsiasi attività essi scelgano “senza rischiare alcuna conseguenza”. Ecco, siamo arrivati ai nostri simpatici giocherelloni in auto. Buon divertimento!
Valerio Magrelli
Valerio Magrelli è poeta, scrittore, francesista, traduttore e critico letterario. Il suo ultimo libro Exfanzia (Einaudi, 2022).
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