Gabriele Paolocà
Lo spettacolo teatrale “La Diva del Bataclan”, dal 28 al 30 ottobre al Teatro Vascello di Roma nel corso di Romaeuropa Festival, racconta la storia di chi ha cercato e ottenuto la fama fingendosi coinvolto in prima persona negli attentati del 13 novembre 2015.
Nel mio percorso di autore e regista ho sempre posto particolare attenzione alla comprensione delle modalità esistenziali del nostro presente. Grandi questioni ci attraversano, inafferrabili e intraducibili agiscono su di noi e lentamente ci cambiano, irreversibilmente, e noi non ce ne rendiamo conto.
Ovviamente, il digitale è una di queste. Gli effetti di perfusione del web agiscono nei nostri comportamenti sociali. I cambiamenti che questa nuova era tecnologica sta mettendo in campo sono enormi, una mutazione della quale non ci stiamo ancora veramente curando (e preoccupando). Lo spazio virtuale diventa il luogo di costruzione del nostro altro digitale, un altro che agisce in un contesto diverso dal reale, con regole diverse e con la possibilità di una vera e propria sostituzione d’identità.
Gli attentati terroristici di Parigi del 2015 sono stati i primi (i primi di portata così grande) avvenuti dopo l’avvento dei social. Tutto il mondo ha condiviso sui social il proprio orrore, le proprie angosce e le proprie paure; ognuno, a pensar male, ha dato sfogo al suo “narcisismo algoritmico” e, a pensare ancora peggio, ha lucrato un po’ di fama commentando quelle immagini atroci.
Ed è anche grazie ai social media se i sopravvissuti, ma anche i parenti e i conoscenti dei morti e dei feriti, sono stati investiti da un’attenzione e da una solidarietà senza precedenti. Un gruppo di disgraziati è divenuto, tutt’a un tratto, un’élite mediatica e di conseguenza, per assurdo, un’inaspettata fonte di invidia. È famoso il caso del giornalista Antoine Leiris, che due giorni dopo l’attentato scrisse su Facebook una lettera aperta agli assassini di sua moglie dal titolo “Non avrete il mio odio”. Quella lettera venne molto ripresa e ricondivisa, permettendo poi a Leiris di diventare uno scrittore e documentarista di successo.
I social, però, hanno anche avuto un ruolo positivo all’interno di questa vicenda. Facebook ha permesso alle vittime e ai parenti – in un arco di tempo ristrettissimo, una manciata di giorni – di conoscersi, riconoscersi e unirsi in gruppi che sono poi diventate delle riconosciute associazioni di sostegno a seguito del trauma. È il caso dell’importantissima Life for Paris, nata a seguito di un testo pubblicato su Facebook da una sopravvissuta del Bataclan, Maureen Roussel:
“Mi chiamo Maureen, ero al Bataclan con mio marito la sera del 13 novembre. Noi siamo tra i sopravvissuti, non feriti, ma segnati per la vita da quanto accaduto quella sera […]. Se parlo qui è per rivolgermi a voi; tu che eri nella stanza. […] Siamo più di 1000. Più di 1000 hanno lasciato questa stanza, più di 1000 persone per le quali le cose non saranno mai più le stesse… […] So che abbiamo ancora qualcosa da dare. […] Il mondo ci ha dimostrato il suo sostegno attraverso lo slogan “Pray for Paris”, propongo di creare “Life for Paris”, un’associazione di dialogo e sostegno dove ogni persona sopravvissuta a quella notte troverà una casa. […] Viva il rock, viva la libertà, viva Parigi e soprattutto viva la vita. […] “
Quasi duemila persone commentarono quella richiesta di vicinanza.. L’account di Flo Kitty fu tra i primi a reagire: “Che bella iniziativa! Il mio migliore amico è appena uscito dal coma”. Il messaggio terminava con uno smile triste. Dietro l’account di Flo Kitty si nascondeva l’identità di Florence Munjalt che, il 22 marzo 2018 – tre anni dopo gli attentati –, venne riconosciuta dal tribunale di Créteil, comune dell’hinterland parigino, colpevole di frode, falsificazione e violazione della fiducia altrui e per questo condannata a quattro anni e mezzo di reclusione.
L’invidia scaturita dal clamore mediatico e la prospettiva di un indennizzo economico portò Florence, e almeno un’altra quindicina di persone, a provare a spacciarsi come vittime di quegli attentati. E a creare il fenomeno delle false vittime degli attentati di Parigi.
Il profilo della falsa vittima comprende mitomania, miseria sociale e narcisismo patologico. La falsa vittima racconta un paradosso che i nostri tempi hanno reso forse più evidente: per esaudire il proprio personale “sogno di gloria”, c’è chi arriva al punto di volerlo ottenere ad ogni costo, anche in modi estremi e perversi, fingendosi vittima, sopravvissuto, traumatizzato come in una sorta di sindrome di Münchhausen. . Nell’analisi di questo fenomeno , si possano individuare profili emblematici della nostra società: la falsa vittima , forse, racconta di una inclinazione che siamo in grado di riconsocere in noi, soltanto piùesagerata, più grande, più intensa e più visibile. Il desiderio di riconoscimento delle proprie fatiche e delle proprie sfortune, la tentazione di “vittimizzarsi” per ottenere l’attenzione, la compassione, l’amore degli altri.
È questo processo interiore, e le pulsioni ad esso sotteso, che ho voluto scandagliare ne La diva del Bataclan, spettacolo da me scritto e diretto.
Audrey viene da un passato che vuole dimenticare e vive un presente che non ritiene degno di essere vissuto. Per questo, da sempre, si rifugia nell’immaginazione. La sua frase preferita? La realtà uccide, la finzione salva.
Audrey abita con la madre in una banlieu alle porte di Parigi, in una condizione di ritiro sociale ai limiti della clausura. Le uniche gratificazioni che riceve le arrivano dallo spazio virtuale, attraverso il quale si relaziona con il mondo, inventando profili e vite che non sono la sua Inoltre, grazie al web, scopre di avere delle potenzialità inaspettate, tra le quali delle discrete capacità manipolatorie. Ed è su questa “qualità” che Audrey farà affidamento squando deciderà di dare una svolta alla sua vita, intraprendendo una parabola di mitomania che la trascinerà in una messinscena così convincente da essere lei stessa la prima a non riconoscerla più come tale. La realtà da lei immaginata e è quella di una donna che, assurgendo a vittima più amata e importante degli attentati del 13 novembre 2015, esce finalmente dall’anonimato, diventando : la Diva del Bataclan.
Con Audrey ho cercato di costruire un personaggio agli antipodi del patetismo. Non voglio che lo spettatore provi compassione per lei, anzi, voglio che la consideri intrigante e accattivante e che attivi tutte quelle dinamiche di attrazione che ci spingono ad amare quei personaggi che sono espressione di una ribellione alla morale e alle convenzioni. Un personaggio che riscrive le regole, mettendo in discussione le categorie di “bene” e “male”, , lanciandosi in quei luoghi inesplorati e brumosi situati al di là della verità. La storia di Audrey è la sintesi di alcuni dei comportamenti più – concedetemi il termine – “interessanti” messi in atto dalle false vittime degli attentati del 13 novembre. Per citarne alcune: c’è la finta vittima che approda a un talent show con una canzone dedicata al suo migliore amico morto nell’attentato; c’è quella che telefona al fratello di una delle vere vittime fingendosi il suo migliore amico, che era con lui mentre moriva. Poi c’è quella che ha spacciato una vecchia cicatrice per la ferita provocata dal colpo di kalashnikov di un terrorista, e quella che ha iniziato una relazione online con una vera sopravvissuta.
E poi c’è la forma: il musical drama è quella scelta per rappresentare al meglio l’universo interiore di una narcisista patologica. Dalla prigione in cui è rinchiusa, Audrey ripercorre la sua vicenda attraverso la recitazione, il canto e la danza (i riferimenti a Dancer in the Dark, Chicago e Kiss of the Spider Woman non sono casuali) in un perturbante cortocircuito tra un genere artistico enfatico e scintillante e la brutalità della storia narrata: quella di un’emarginata della società che, per il raggiungimento dei propri obiettivi, tenta un atto deplorevole e disperato.
Il 13 novembre 2015, al Bataclan, stavano suonando gli Eagles of Death Metal. La comunità che si era radunata quella sera al Bataclan era quindi una comunità di appassionati di hard rock,. Audrey (interpretata da Claudia Marsicano) è una performer trascinante, una rocker su di giri, che vuole incantare il pubblico attraverso uno spettacolo-concerto destabilizzante: un personaggio che cercherà in tutti i modi di farsi amare, nonostante tutto.
”La Diva del Bataclan” scritto e diretto da Gabriele Paolocà, debutterà in prima nazionale al Romaeuropa Festival dal 28 al 30 ottobre al Teatro Vascello di Roma (per una corealizzazione con La Fabbrica dell’Attore). Ad interpretare Audrey è l’attrice Claudia Marsicano mentre le musiche originali sono state realizzate dal compositore Fabio Antonelli. Lo spettacolo è prodotto da Cranpi, SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione e il Romaeuropa Festival, con il sostegno del Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt)e il Teatro Biblioteca Quarticciolo.
Gabriele Paolocà
Gabriele Paolocà è regista, autore e attore di teatro e cinema. Rientra inoltre tra i membri fondatori della compagnia VicoQuartoMazzini.
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