11 Novembre 2023
Ne L’ospite di Emma Cline Alex, ma potrebbe essere un qualunque altro nome, è una ventenne abbastanza alta da sembrare bella e abbastanza fortunata da aver capito presto di non poter fare la modella. Sta con Simon, un generico adulto molto ricco con cui si è fidanzata e di cui abita la casa lussuosa e la vita agiata modellandosi in ciò che lui pretende che lei sia. È in fuga da Dom, un generico mascalzone a cui deve dei soldi, ma questo a Simon non lo racconta (in effetti, Alex non racconta niente di sé né a coloro che incontra né ai lettori).
Una sera però la ragazza cade in tentazione: invece di assecondare le volontà altrui, per la prima (e ultima) volta asseconda le proprie. Nell’Eden delle dimore vacanziere dei milionari americani che Alex attraversa come uno spettro di un altro mondo a cui certi luccicanti beni terreni non apparterranno mai, una sera flirta con un ragazzo, giovane come lei. Simon li ritrova fradici in una piscina – cos’hanno in comune una piscina e una mela? La tensione perfetta e lucente delle loro superfici prima che il desiderio di qualcuno le sciupi, quindi tutto. Simon lascia Alex (come se la stesse licenziando), e ad Alex non resta che diventare la protagonista di un romanzo picaresco: le sue disavventure prendono le mosse dal suo peccato originale, i suoi incontri rivelano un mondo più che ostile inaccessibile, mentre il suo obiettivo dichiarato è tornare da Simon e farsi aprire nuovamente le porte di una vita al cui interno una governante prepara recipienti colmi di ciliegie e ghiaccio per gli ospiti che desiderano bighellonare in spiaggia.
Ma lo desiderano davvero, sembra chiedersi Cline, oppure è proprio la rimozione del desiderio a cui aspiriamo quando sogniamo di essere ricchi? La ricchezza come lo specchio turchese di una piscina in cui nessuno nuota, come la pelle splendida di una mela che nessuno assaggia. Simon compra ad Alex abiti beige, verde oliva, gonne lunghe, quiet luxury, Loro Piana: abiti per chi ha la fortuna di non avere nulla da desiderare.
Quindi: Alex viene sputata fuori da casa di Simon, ma si convince che lui la riprenderà di lì a qualche giorno, in occasione di una festa già fissata da tempo. Deve solo cavarsela fino ad allora, cercando al contempo di non farsi trovare da questo misterioso Dom, il cui nome compare minacciosamente sullo schermo del suo telefono rotto ogni qualvolta riesce a caricarlo e ad accenderlo. Come cavarsela, quindi? Indossando di volta in volta una maschera diversa: si accoda a un gruppo di ragazzetti in treno di cui si finge conoscente per poter trascorrere almeno una notte nella casa che hanno affittato per fare festa, il giorno successivo chiede all’aiutante domestico di amici di Simon se può dormire a casa di questi stessi amici finché Simon non sarà tornato a casa, si finge babysitter di prole milionaria a uno stabilimento balneare dove conosce e si insinua a casa di una sua coetanea dal viso triste e gli occhi imploranti, infine seduce lo struggente diciassettenne Jack, l’adolescente più solo al mondo, come tutti.
“‘Stai piangendo?’, Alex allungò una mano per toccargli la faccia umida. “Mi sa che stai piangendo”. Voleva dirlo in modo scherzoso ma le uscì un tono serio. Lui le mise la testa sul petto. Lei gli passò le mani tra i capelli: aveva la cute calda e sudata. Lo faceva anche con Simon, gli grattava la testa con le unghie. Simon. Simon non l’amava. Era ovvio. Ma era qualcosa di abbastanza simile. E andava bene così. Stava succedendo molto in fretta. La sua nuova vita. Si sollevava come un’onda davanti a lei.
‘Mi sento molto vicino a te’, disse . ‘Vicinissimo’.
‘È l’effetto della droga’, disse lei, ma aveva la voce troppo flebile: lui non la sentì o fece finta di niente. Si lasciò ricadere all’indietro in modo da non guardarlo in faccia.
‘Dove sei?’ disse lui. La sua voce vibrò nella stanza. ‘Perché sono così solo?’
Jack è figlio di padre ingombrante e più che benestante, ha la peluria bionda al posto dei baffi e i brufoletti sulla schiena. La differenza tra lui è Alex è: lei non lo ama e lo sa, lui non la ama e non lo sa. Insieme trascorrono dei giorni sospesi in dependance disabitate, giocano con i cavalloni, adottano un cane che poi, come in un sogno, scompare.
Più si avvicina la data della festa di Simon più la tensione drammatica cresce, ma lo fa di soppiatto, senza che il lettore abbia modo di accorgersene, preso com’è a guardare le dune bianche, le case di cemento armato e vetro, le gibigiane scintillanti degli specchi d’acqua sulle pareti chiare. Alex è convinta, bisogna solo arrivare alla data della festa illesa e tutto le sarà perdonato, Dom smetterà di perseguitarla, Simon la aiuterà, Jack scomparirà una volta che avrà esaurito la sua funzione. Ma il fatto è che, per chi non è ricco, tutto rimane tristemente piantato nella realtà. E allora pare che per l’autrice germini un altro lusso dalla ricchezza, oltre all’assenza di desideri: la facoltà di non occuparsi mai di nulla, di non sciupare il vetro nitido della propria vita con gli aloni delle azioni compiute in passato.
Così Dom diventa ciò che Alex non affronta e si rifiuta di vedere, e ciò che la spinge ad allontanarsi sempre di più da sé stessa, la cui verità nucleare affiora tra le pagine non sotto forma di resoconti traumatici o scavi archeologici nel passato (Alex non ha traumi, Alex non ha passato) ma come sensazioni passeggere che evaporano senza avere il tempo di guidarla, di fungere da bussola.
“Niente. Il cane era sparito. Se n’era proprio andato. Una tristezza improvvisa e perforante le riempì gli occhi di lacrime. Ma poi, quasi altrettanto in fretta, l’assenza del cane le apparve come un semplice dato di fatto, un’altra cosa che lei non poteva né cambiare, né evitare”.
I libri di Cline si riconoscono perché giungono al lettore sotto mentite spoglie. Libri che parlano di ragazze bianche con le gambe lunghe, di ricchi, di flûte di champagne e sesso squallido, di alberghi, di sette, di amiche favolose e terribili. A una prima occhiata paiono libri semplici – ho da poco scoperto che sul terribile Goodreads esiste la categoria “sad hot girl” – che scorrono allegramente, lo stile assolutamente austero dell’autrice non vuole far sospettare di star leggendo qualcosa di complesso e stratificato, così come le sue protagoniste non cercano mai di sedurre attraverso il dolore o l’intimità confessata.
Ma una volta svestiti dei loro abiti di seta leggeri, ecco che si rivelano per ciò che sono: i romanzi di un’autrice il cui talento e la cui vastissima conoscenza letteraria permettono di volta in volta un rimescolamento di generi sapiente, uno schema drammatico perfetto, uno sguardo acuminato su ciò che sta succedendo oggi, nel mondo occidentale, che prende vita grazie alle sue protagoniste, la cui superficialità spumeggiante è tesa a distrarre dal bisbiglio che si insinua nella mente del lettore e gli sussurra la verità dalla quale non c’è scampo o per la quale non c’è soluzione, ossia che la vita è, pure quando agghindata per apparire altrimenti, semplicemente tragica.
Irene Graziosi
Irene Graziosi è autrice, scrittrice e vicedirettrice di Lucy. Il suo ultimo romanzo è Il profilo dell’altra (Edizioni E/O, 2022).
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