Due topografe sono incaricate di trovare e sorvegliare una misteriosa miniera d'oro in Galles. Ma la miniera nasconde inquietanti segreti...
16 Luglio 2024
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La natura nasconde misteri inconoscibili all’uomo. È il privilegio di chi abita la Terra da molto tempo, da quando la nostra specie non era nemmeno ancora pensata.
È normale che la Terra abbia dei segreti: i vecchi li hanno e non ci tengono a rivelarli ai giovani, che non saprebbero che farne, incapaci di comprenderli appieno.
Questo scarto, pieno di malintesi, tra natura e uomo – tra forze arcane, infere e modernità – ha stimolato il pensiero, la fantasia, il dubbio, le speculazioni e dato origine a molte opere d’arte di valore.
Andando avanti veloce: nel cinema, ad esempio, basti pensare al prologo de L’esorcista di William Friedkin. In Iraq, tra le rovine della città di Hatra, gli scavi archeologici fanno riemergere un’entità antica e oscura: Il Male, che preesiste all’uomo, ne abita la mitologia e gli incubi, ne orienta l’agire, in una tensione che lo porta ad abbracciarlo e a rifuggirlo, a rimuoverlo e a esorcizzarlo.
Il cortometraggio Orchard di Federico Barni mette in scena un conflitto simile.
Il film è ambientato nel parco nazionale di Snowdonia, nel nord del Galles, dove fiori selvatici e boschi secolari coesistono con i resti di miniere abbandonate. Grotte e cavità disegnate dalla natura incrociano i tunnel scavati dall’uomo, in una topografia che racconta di una convivenza quasi mai armonica e spesso dolorosa.
Wyn e Dara sono due topografe incaricate di trovare una miniera d’oro abbandonata. Di questa miniera si sa poco, solo lo stretto necessario: l’ubicazione.
Quello che non si sa, di questa miniera, genera una sottile angoscia: se una delle due la manifesta, l’altra la reprime, trincerandosi dietro il dovere – questa cosa va fatta perché è lavoro, senza farsi troppe domande.
Ma questa miniera, via via che vi si addentrano in essa, è molto diversa dalle altre: l’angoscia, da sottile, si fa intensa e persistente. Suoni eerie e una generale atmosfera di inquietudine lasciano presagire un’irragionevole tesi: c’è vita – una vita profonda, misteriosa e non beneagurante – tra quei cunicoli.
Cosa fare di fronte a un’evidenza che non è spiegabile attraverso dati e parametri e che la ragione non può ricondurre a un senso?
Nelle parole del regista, il film è un tentativo di immaginare cosa significa relazionarsi a un’entità pre-umana e più che umana, a qualcosa che ci è incomprensibile e che, forse, anche solo per un attimo, può non esserlo più.
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