Diamo la pillola anticoncezionale agli uomini - Lucy
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Gabriella Grasso

Diamo la pillola anticoncezionale agli uomini

13 Marzo 2024

Tra gli insegnamenti che una ragazza deve apprendere durante la crescita ce n'è uno molto importante: evitare gravidanze indesiderate. Ai maschi non è richiesto di pensare alle conseguenze delle loro azioni, anche se hanno tutti gli strumenti per farlo. Come mai? Forse perché il discorso della responsabilità non si può esaurire con una pillola.

Nel settembre del 2018 Gabrielle Blair, designer statunitense già nota sui social come @designmom, postò su Twitter un thread nel quale esordiva così: “Ho sei figli e sono mormone”. Pochi caratteri dopo aggiungeva: “Sono convinta che gli uomini non abbiano alcun interesse a fermare gli aborti. Ecco perché…”. Seguivano 62 tweet che diventarono virali. Al terzo la designer – che nonostante il provocatorio statement biografico iniziale era, ed è, pro-aborto affermava: “Tutte le gravidanze indesiderate sono causate dall’eiaculazione irresponsabile degli uomini”. 

Il lungo thread continuò a girare, suscitando consensi e dissensi, risposte e approfondimenti. Quando le proposero di scrivere un libro era ormai un’esperta. Eiaculate responsabilmente è uscito negli Usa nel 2022 ed è stato venduto in dodici Paesi tra cui l’Italia, dov’è appena stato pubblicato da Feltrinelli (traduzione di Elena Cantoni, euro 16). 

L’esortazione alla popolazione maschile contenuta nel titolo è il punto focale della sua tesi: se si volessero davvero evitare gravidanze indesiderate (e, quindi, il ricorso all’aborto) bisognerebbe smetterla di concentrarsi sul corpo femminile e ragionare su un semplicissimo dato biologico, ovvero che le donne sono fertili 24 ore al mese e gli uomini 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno.

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Un dato che, elaborato con una logica di base, porterebbe alla conclusione che la contraccezione sia, in realtà, un tema maschile – se non del tutto, quantomeno in parte. Invece: “Abbiamo costruito un’intera industria di prevenzione delle gravidanze indesiderate sulla base del breve, elusivo momento di fertilità femminile, e niente, assolutamente niente di anche solo paragonabile che si occupi della persistente fertilità maschile”. 

In effetti – così riporta Blair – il 90 per cento del mercato statunitense dei contraccettivi, stimato nel 2019 in 8 miliardi di dollari, è rappresentato da metodi acquistati dalle donne (incluso il 30 per cento dei preservativi). Consapevole che non bastano qualche numero e un richiamo alla logica per scardinare un sistema di convinzioni, l’autrice non teme di essere brutale e scrive: “Gli spermatozoi andrebbero considerati fluidi corporei pericolosi, capaci di provocare sofferenze, di interferire nelle vite altrui e, in alcuni casi, persino di uccidere. Gli spermatozoi possono generare un essere umano. O ucciderne uno. Sono la causa delle gravidanze, e gravidanza e parto possono determinare problemi fisici e mentali per una donna, oltre che avere un impatto negativo sul suo status sociale, professionale ed economico. Un uomo che sta per eiaculare nel corpo di una donna dovrebbe essere fortemente consapevole di ciò che quegli spermatozoi potrebbero farle, e agire di conseguenza, cioè in modo responsabile. Ogni volta che fa sesso. Le conseguenze sono troppo devastanti per comportarsi in altra maniera”.

Brutale, iperbolico, ma in fondo tutto vero. E sebbene nel suo testo Blair faccia riferimento alla società americana, quasi chiunque può ritrovarsi. La pressione che la società mette su noi donne quando si tratta di prevenire una gravidanza non è minimamente paragonabile a quella che subiscono gli uomini. Noi andiamo dal ginecologo a farci prescrivere la pillola. Noi ci facciamo inserire la spirale. Noi sopportiamo, spesso con dignitoso – patriarcale? – silenzio, gli eventuali effetti collaterali del metodo contraccettivo scelto. Noi assumiamo quella botta di ormoni che è la pillola del giorno dopo. Noi ci sottoponiamo a un aborto. Noi sappiamo che dobbiamo proteggerci. Perché si tratta del nostro corpo e occuparcene è una conquista che non si mette in discussione. 

“Le donne sono già responsabili al cento per cento del proprio corpo. È grazie a loro se ogni giorno si evitano milioni di gravidanze indesiderate”, mi dice Blair via zoom dalla Francia, dove si è trasferita da qualche anno. “Quello che io chiedo è che anche gli uomini inizino a essere responsabili al cento per cento del loro corpo. Perché sì, è la donna che resta incinta. Ma nel processo è coinvolto un uomo con il suo sperma. E gli basterebbe veramente poco – indossare un preservativo – per evitare una gravidanza”.

“La pressione che la società mette su noi donne quando si tratta di prevenire una gravidanza non è minimamente paragonabile a quella che subiscono gli uomini”.

Mi racconta anche che molti uomini, quando superano la diffidenza iniziale e leggono il libro, si trovano d’accordo con lei. “La verità è che spesso sono inconsapevoli: non hanno idea di quanto la contraccezione femminile possa costare – in termini di salute, impegno e soldi – così come non immaginano quanto sia pesante per noi gestire un partner che non vuole usare il condom”, aggiunge. Già. Perché al momento i metodi a disposizione dei maschi sono solo due: vasectomia e preservativo. (Della pillola parleremo dopo).

Sono sincera: prima di scrivere questo articolo non sapevo granché della vasectomia. Blair la presenta come un’operazione facile e altamente reversibile (“Negli Usa, in alcuni centri medici all’avanguardia la reversibilità è arrivata al 95 per cento. E comunque chi si sottopone all’intervento raramente chiede di tornare indietro”, mi dice), ma nel dubbio ho preferito interpellare Nicola Macchione, urologo e andrologo (@md_urologist). “In Italia la vasectomia è ancora oggetto di uno stigma risalente al fascismo, quando era vietata perché la “virilità” del maschio era intoccabile. Oggi non è illegale, ma resta burocraticamente complesso praticarla: per questo, oltre che per questioni culturali, se ne fanno poche. Si tratta di un intervento facile e sicuro che non riduce né il desiderio, né l’erezione, e solo minimamente l’eiaculazione. Tuttavia la reversibilità non è affatto scontata. Motivo per cui io la consiglio a chi è davvero convinto di non volere figli (o non più) ma se me la chiedesse un ventenne lo esorterei a usare il preservativo”, mi spiega.

Ed eccoci al vero punto della questione. Come scrive Blair – e come potrebbe confermare qualunque donna – gli uomini, se possono, lo evitano. In Italia i dati più recenti sono quelli del 2023 dell’Osservatorio giovani e sessualità di Durex. Riguardano ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 24 anni e tracciano un quadro poco rassicurante: il 62 per cento si affida esclusivamente al coito interrotto; solo il 43 per cento usa il preservativo. L’Istat, che in tempi meno recenti ha monitorato l’intera popolazione, conferma (42 per cento). E pure l’andrologo: “La maggior parte dei miei pazienti afferma di non usarlo. Perché? Per i motivi più svariati: non riescono a tenere l’erezione, non ‘sentono’ abbastanza, lo percepiscono come una mancanza di fiducia da parte della partner”, conferma Macchione.

Francesco Ferreri, antropologo, educatore e consulente sessuale (@antropoche) aggiunge: “Poiché per indossarlo bisogna fermarsi, molti uomini ritengono che ‘sporchi’ la sessualità, percepita come un viaggio senza soste verso il piacere. Devo precisare che la resistenza nasce anche dall’ignoranza: spesso non sanno come si usa. Anche a trent’anni, se magari prima hanno avuto una relazione stabile con una partner che assumeva anticoncezionali”.

Accostiamo queste evidenze empiriche alla percentuale di donne che prende la pillola (tra il 16 e il 24) e ne ricaveremo il ragionevole sospetto che, nonostante la sua risaputa, scarsissima efficacia e il parere contrario di qualunque sessuologo, medico di base o semplice persona di buon senso, in Italia si ricorra ancora troppo al coito interrotto. (Di certo più che nel 17 per cento dei casi, come dicono i dati ufficiali).

In cerca di elementi in più ho chiesto a un amico di sondare il terreno nello spogliatoio del calcetto. Quale posto migliore, ho pensato. Lui invece – ignoro se per eccesso di pudore o di efficienza – ha ricavato dalle mie domande un sondaggio di Google e lo ha condiviso nella chat del calcetto. Hanno risposto una ventina di uomini tra i 29 e i 58 anni: un campione scientificamente irrisorio, ma sufficiente a fornire spunti interessanti.

Alla domanda se avessero mai fatto ricorso al coito interrotto hanno risposto quasi tutti di sì (con un genio di 29 anni che ha voluto precisare: “Sì, con una ragazza che non prendeva contraccettivi”); alla domanda se avessero mai pensato che rischiare non fosse così grave perché esistono la pillola del giorno dopo e l’aborto, hanno risposto quasi tutti di no (anche qui, un genio cinquantenne: “Ho pensato non fosse grave perché facevo molto affidamento sull’efficacia del coito interrotto”). Alla generica domanda sul ricorso abituale al preservativo si sono divisi equamente tra sì e no, quasi tutti ammettendo di non essere dei fan.

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Le vecchie scuse sulla vestibilità, però, non reggono più. Come scrive l’autrice di Eiaculate responsabilmente e come può facilmente verificare chiunque entri in farmacia o passi davanti a un distributore automatico, il mercato offre una tale scelta in termini di dimensioni, materiali e livelli di lubrificazione, da rendere praticamente impossibile non trovare quello giusto. Certo, bisogna andare per tentativi. Noi, con i nostri metodi, lo facciamo. Perché non vale lo stesso per gli uomini? E perché permane – come mi suggerisce Blair – l’idea che sia da “veri maschi” convincere la partner a farlo senza? 

“La responsabilità è della narrazione che si fa dei corpi e dei genitali maschili e femminili. Da un punto di vista antropologico, il pene eretto è il simbolo supremo della potenza maschile, dunque può risultare difficile pensare di imbavagliarlo con un preservativo”, mi spiega Francesco Ferreri. “Figuriamoci, poi, mettersi alla ricerca di quello giusto: implicherebbe riconoscere la necessità di frenare la propria virilità e accettare una condizione percepita come disagevole. Oltretutto ricordiamoci che lo sperma è associato a un’idea di possesso, marchiatura, conquista. Senza questa narrazione simbolica non riusciremmo a spiegarci qualcosa come lo stealthing, la pratica (illegale in molti Paesi, ndr) di sfilarsi il preservativo senza avvisare la partner”.

Quanto l’eiaculazione sia fantasticata come esercizio di dominio lo si intuisce anche dai testi di alcune canzoni rap, che possono contenere frasi come: Vengo a scoparmi tua madre senza preservativo oppure Vado a trans senza preservativo o ancora Il preservativo lo sfilo sborrando. Questa insistenza sull’assenza del condom dovrebbe suggerirci che non è ripetendo quanto sia importante usarlo che modificheremo le abitudini: “è la narrazione che va cambiata», sottolinea Ferreri. “Quando si chiede a un uomo di essere responsabile di se stesso e dei propri fluidi, gli si chiede qualcosa che gli è totalmente estraneo: considerarsi corpo. Le donne sono abituate, l’uomo no. Esistono soggettività maschili che vivono decenni senza mai pensare al proprio corpo: sono le stesse che, davanti alla possibilità di non usare il preservativo, colgono al volo l’occasione”.

La pillola maschile potrebbe costituire una svolta. Dopo essere stata testata con successo sui topi, negli scorsi mesi per la YCT-529 è iniziato il processo di sperimentazione sugli umani. Il fatto che si tratti del primo tentativo con buone probabilità di successo, mentre di anticoncezionali femminili ne esistono centinaia, potrebbe non essere (interamente) colpa del patriarcato: “Senza negare le questioni culturali, bisogna considerare un dato biologico: la donna ha una fertilità ciclica, più semplice da inibire rispetto alla spermatogenesi. La ricerca si è concentrata sulle pillole per donne anche perché era più facile”, afferma Nicola Macchione. “I primi esperimenti sugli uomini sono stati fallimentari perché agivano a livello ormonale, e sopprimendo la produzione di testosterone si avevano effetti collaterali molto dannosi sull’apparato cardiocircolatorio, sui muscoli, sulla densità ossea. Si è iniziato, quindi, a studiare altre molecole coinvolte nella fertilità maschile e finalmente se n’è trovata una in grado di inibire la formazione degli spermatozoi e bloccare temporaneamente la fertilità”. Per capire se funziona ci vorrà qualche anno.

“La pillola maschile potrebbe costituire una svolta. Dopo essere stata testata con successo sui topi, negli scorsi mesi per la YCT-529 è iniziato il processo di sperimentazione sugli umani”.

Nel frattempo: il profilattico. Riflette Blair: “A volte penso che anche quando è stato introdotto l’obbligo delle cinture di sicurezza in auto c’è voluto del tempo per iniziare a considerarle imprescindibili. Forse i governi dovrebbero investire in campagne di comunicazione per arrivare allo stesso risultato”. 

Quando l’ho contattata sapevo già che presentare se stessa come “Madre di sei figli e mormone” era stata una scelta strategica. Un’esca per la readership più conservatrice, incline a ignorare o avversare qualunque discorso progressista e/o femminista. L’apparente incoerenza tra biografia e pensiero, però, mi incuriosisce, così prima di salutarla chiedo a Gabrielle Blair cosa significa essere mormoni e come si concili con le sue tesi.

“Similarmente ad altre religioni, anche per noi c’è l’obbligo di arrivare vergini al matrimonio e molti lo prendono sul serio; non esiste però alcuno stigma sull’uso della contraccezione. L’aborto è consentito solo in casi eccezionali e su questo, come ho scritto, io la penso in maniera diversa. Credo, però, che proprio le persone religiose dovrebbero apprezzare il mio messaggio: se volessero davvero, come dicono, limitare gli aborti dovrebbero capire che renderli illegali non serve. Eiaculare responsabilmente, sì”. 

Gabriella Grasso

Gabriella Grasso è giornalista e traduttrice. Scrive soprattutto di libri, tematiche femminili e interculturali.

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