Le grandi battaglie femministe degli ultimi dieci anni - Lucy
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Iconografie XXI

Le grandi battaglie femministe degli ultimi dieci anni

Negli ultimi anni i movimenti femministi in giro per il mondo hanno guidato un cambiamento inevitabile iniziato già nel XX secolo. Nel mondo occidentale le donne sono sempre più libere, più forti, più arrabbiate, e determinate a riprendersi ciò che è stato tolto loro per millenni.

Le alternative a un mondo maschile, bianco, eterosessuale e cisgender esistono. Con ogni probabilità sono sempre esistite, ma negli ultimi venticinque anni si sono anche rivelate al nostro sguardo. Grazie ai nuovi media e agli spazi aperti nel dibattito pubblico dai movimenti femministi, le donne e le identità non maschili hanno potuto usare le loro penne, tastiere, microfoni o megafoni per mandare un messaggio chiaro: “ciao maschio”, inteso come addio a quell’idea di mascolinità che ha detenuto finora il potere nella società, danneggiando sia le donne sia gli uomini.

Anche se non occupa i titoli dei giornali quanto le questioni di geopolitica, l’emancipazione dal maschile è uno dei maggiori processi sociali e politici in corso nel mondo contemporaneo. La storia però ci insegna che non c’è progresso sociale senza una spinta altrettanto intensa ma di segno opposto. Parallelamente alle lotte per parità di genere– una parità che riguarda i salari, la dignità, la sicurezza ecc.  – si è sviluppata  anche una risposta reazionaria da parte di coloro che non accettano il cambiamento. Una reazione che ha preso la forma del massacro di Isla Vista, la strage misogina commessa dal ventiduenne Elliot Rodger nel 2014 da cui è scaturito il successivo hashtag #NotAllMen, tuttora usato per sminuire a livello politico e sociale i femminicidi; dell’omicidio di Giulia Cecchettin del novembre 2023 come della sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che nel giugno 2022 ha ribaltato la Roe vs Wade, rendendo molto più complesso l’accesso all’aborto.

Oakland, Stati Uniti, giugno 2020.

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Attivista e storica militante delle Pantere nere e del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, Angela Davis è uno dei volti più conosciuti del femminismo intersezionale. Ha raggiunto la notorietà internazionale all’inizio degli anni Settanta, quando è stata arrestata per il suo presunto coinvolgimento nel sequestro del giudice Harold Haley; una volta assolta è diventata un’ icona del femminismo marxista, individuando attraverso i  suoi scritti – tra cui il celebre Donne, razza, classe (Alegre, 2018) – l’interconnessione tra le diverse oppressioni sociali. Angela Davis e le sue teorie sono ancora preziose e amate, come dimostra il momento in cui, nel giugno 2020, è stata riconosciuta e acclamata dalla folla mentre partecipava a una protesta del movimento Black Lives Matter a Oakland, in California.

Strasburgo, Francia, febbraio 2023. 

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Una delle più recenti e popolari  battaglie del femminismo occidentale riguarda il superamento del binarismo di genere, il superamento del dualismo biologico tra maschio e femmina e il riconoscimento del diritto a definire la propria identità di genere al di fuori di questa dicotomia. Questa lotta, legata a quella sull’uso del“linguaggio inclusivo”, cerca di agire negli spazi delle relazioni interpersonali online e offline, ma anche e soprattutto in quelli della burocrazia. Ed è qui che ha trovato un’alleata inaspettata: Alessandra Mussolini, nipote di Benito ed europarlamentare del Partito Popolare Europeo. Nel febbraio 2023 Mussolini ha rifiutato il lasciapassare per i deputati del Parlamento europeo perché tra le opzioni sul genere c’era solo una scelta binaria maschio-femmina: “L’Europa dovrebbe servire a superare gli steccati. Se io accetto una cosa di questo tipo significa che non avanziamo”, ha commentato la nipote del Duce, eletta negli anni con partiti di destra o neofascisti.

Teheran, Iran, ottobre 2022.

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Nel settembre 2022 l’Iran è stato teatro di importanti proteste antigovernative, andate avanti per mesi. A scatenarle è stata la morte di Mahsa Amini, ventiduenne arrestata a Teheran dalla polizia religiosa per aver violato la legge sull’obbligo del velo – secondo i poliziotti non lo portava nel modo corretto –  e deceduta mentre si trovava in custodia della polizia. Le proteste femministe che sono seguite alla sua morte sono state le più importanti in Iran da oltre un decennio, e hanno visto protagoniste soprattutto le donne, anche giovanissime: inizialmente scese in piazza contro i metodi violenti della polizia religiosa, sono poi passate a chiedere maggiori libertà e diritti per le donne, per finire con la pretesa di rovesciare la Repubblica Islamica. In molti casi, le manifestanti  hanno bruciato in pubblico i loro veli. Anche se le proteste sono andate scemando, si è trattato comunque di una notevole crisi di legittimità per il regime iraniano, tutta racchiusa nell’immagine delle studentesse senza velo che mostrano il dito medio ai ritratti a Khomeini e Khamenei, le due guide supreme dell’Iran.

Lima, Perù, luglio 2023

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Barbie di Greta Gerwig, uscito nei cinema di tutto il mondo alla fine del luglio 2023, è stato uno dei film più discussi degli ultimi anni. Un po’ per la “competizione” con Oppenheimer, un po’ per la lunga incubazione, un po’ per il calibro degli attori (Margot Robbie e Ryan Gosling). Barbie per settimane è stato qualsiasi cosa: elemento di discussione inevitabile online e durante gli aperitivi, oggetto di tensioni internazionali tra Vietnam e Cina (una mappa che compare nel film è stata interpretata come raffigurante le rivendicazioni territoriali cinesi nel Mar cinese meridionale), l’ispirazione per alcune azioni di movimenti femministi in giro per il mondo. Alcune studentesse peruviane scese in piazza a Lima per manifestare contro il governo di Dina Boluarte, ad esempio, si sono travestite dalla versione Barbie della presidentessa: Barbie dictadora e Barbie genocida.

Poncitlàn, Messico, maggio 2021. 

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Le donne single e senza figli, ovvero quelle senza maschi tra i piedi, sono il sottogruppo della società più felice in assoluto – almeno secondo uno studio della London School of Economics che ha seguito nel tempo l’evoluzione della felicità e soddisfazione in un gruppo di giovani uomini e donne. Ciò significa non solo che gli indicatori tradizionali della felicità – matrimonio e figli – oggi potrebbero non essere più validi per le donne, ma anche che il mondo del lavoro e i costumi della nostra società hanno subito un’evoluzione notevole. È in questa ottica che risultano un po’ superate e cringe diverse abitudini che abbiamo ereditato dal mondo di ieri: l’uomo che paga al ristorante, la mimosa per la festa della donna, oppure i narcos messicani che distribuiscono regali e fiori alle madri di Poncitlàn, nello stato messicano di Jalisco, in occasione delle festa della mamma.

Raqqa, Siria, giugno 2017. 

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Negli ultimi decenni alcuni gruppi femministi hanno fatto del radicalismo e di una concezione di “lotta” più tangibile – a volte direttamente  armata – il loro obiettivo. I due esempi più emblematici sono l’organizzazione militare curda YPJ e il movimento transnazionale Ni una menos. Il primo, acronimo del curdo Yekîneyên Parastina Jin e traducibile in italiano con Unità di Protezione delle Donne, è l’ala femminile della milizia curda YPG, che ha preso parte alla guerra civile siriana. Nel 2014, in seguito alla vittoria nella battaglia di Kobanê contro lo Stato Islamico, le YPJ sono diventate il simbolo della resistenza delle donne alla violenza e all’oppressione patriarcale. Il secondo, nato nel 2015 in Argentina in seguito al femminicidio della quattordicenne Chiara Paez, si è diffuso nell’ultimo decennio prima in Sudamerica e poi in tutto il mondo, Italia compresa, affermandosi come guida di vari movimenti femministi. Nella foto qui sopra, scattata a Raqqa, in Siria, la testimonianza della solidarietà tra i due movimenti. 

Naypyidaw, Myanmar, maggio 2021.

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Nel 2013 Htar Htet Htet era una giovane modella che sognava di ritagliarsi il proprio spazio nel mondo delle passerelle nel sud-est asiatico. Aveva rappresentato il suo paese, il Myanmar, nel concorso di bellezza Miss Grand International, svoltosi in Thailandia. Poi la sua vita è cambiata. Nel febbraio 2021, infatti, un colpo di stato militare ha interrotto il percorso travagliato del Myanmar verso la democrazia. Tantissimi birmani si sono mobilitati contro il golpe e in sostegno della presidente Aung San Suu Kyi, dapprima pacificamente, poi con le armi. Nel maggio 2021, Htar Htet Htet ha deciso di unirsi alla resistenza. Dopo aver concluso un periodo di addestramento con la Karen National Defence Organisation, l’ex reginetta di bellezza è diventata una combattente. Sul suo profilo Twitter ha pubblicato alcune foto che la ritraggono armata, con una didascalia che cita Che Guevara: “La rivoluzione non è una mela che cade quando è matura. Devi farla cadere”.

Helsinki, dicembre 2019 – giugno 2023.

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Giovane e donna, la prima ministra finlandese Sanna Marin ha incarnato un certo tipo di “girl power” che ha esaltato molti e lasciato perplessi altri. Eletta a fine 2019, Sanna Marin ha mostrato come le posizioni di potere in Europa fossero ormai aperte non solo alle donne, ma alle donne del XXI secolo. I video in cui balla scatenata alle feste in casa con gli amici, le foto in cui va a un festival musicale, la sua storia di donna cresciuta in una famiglia omogenitoriale hanno scandalizzato e suscitato simpatia, e sono state il più netto “ciao maschio” pronunciato dalla politica europea. A prescindere dal contenuto politico del suo governo.

Mosca, Russia, febbraio 2024.

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Uno degli elementi chiave della narrazione che vede una totale sovrapposizione tra Vladimir Putin e la Russia, tra i russi e i putiniani, è quella relativa alla mancanza di opposizione interna rispetto alla guerra contro l’Ucraina. Eppure di proteste contro la guerra in Russia ce ne sono state, e di vario tipo – anche qui, molto spesso guidate dalle donne. Dall’artista e musicista Aleksandra Skochilenko, condannata a sei anni di colonia penale per aver sostituito le etichette con il prezzo dei prodotti in un supermercato di San Pietroburgo con delle etichette che riportavano statistiche sulla guerra in Ucraina, al movimento delle madri, mogli e sorelle dei soldati, che hanno prima chiesto  la turnazione  tra gli uomini al fronte ma che poi, ignorate dal governo, hanno cominciato a chiedere il ritiro completo: “ci siamo stancate di fare le brave ragazze”, ha detto una delle leader del movimento, Maria Andreeva, al Guardian

Barcellona, Spagna, aprile 2022.

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Il percorso di smantellamento del dominio maschile passa anche dal portare il femminile in discorsi e contesti prettamente maschili. Lo sviluppo del calcio femminile in Italia ha avuto un’impennata nel quinquennio 2015-2020, quando diversi club di Serie A hanno fondato le loro sezioni femminili, spesso rilevando il titolo sportivo di altre squadre storiche del campionato italiano (ad esempio il Brescia Calcio Femminile acquistato dal Milan, o il Cuneo dalla Juventus). Questo processo ha rappresentato un notevole passo in avanti per il calcio femminile italiano. Anche a livello internazionale il calcio femminile sta dando i suoi frutti, come dimostrano le nuove icone sportive tra cui la la spagnola Aitana Bonmatí o l’australiana Samantha Kerr, e l’inserimento del calcio femminile in videogiochi come FIFA o Football Manager (previsto dall’edizione 2025) e i record di presenze negli stadi: la finale di Champions League tra Barcelona Femeni e Wolfsburg giocata nell’aprile 2022 al Camp Nou di Barcellona ha visto presenti 91.648 tifose e tifosi.

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