MAGA, Dark MAGA, millenaristi della Silicon Valley: alleanze inaspettate (e pericolose) si stanno formando grazie all’intreccio tra religione e tecnologia.
“Gli dei sono una necessità biologica”, spiegava nell’ultima fase della sua vita, verso la metà degli anni Cinquanta, il matematico, fisico e informatico John von Neumann: una delle più importanti personalità scientifiche della sua epoca, ideatore dell’architettura informatica che ne prende il nome (e che ancora oggi è alla base del funzionamento dei computer) e figura apicale nella progettazione della bomba atomica sperimentata a Los Alamos.
Secondo quanto ricostruisce Benjamin Labatut nell’opera di non-fiction Maniac (Adelphi), giunto al termine della sua vita e gravato da una condizione mentale che si stava facendo sempre meno stabile, von Neumann iniziò a riflettere sull’importanza della religione in un’epoca in cui la sua forza e capacità di dare un senso alla collettività stavano venendo meno – e sulla possibilità che altre discipline colmassero questo vuoto.
“La sola e unica candidata a riuscire in questa strana trasformazione esoterica era la tecnologia: la nostra conoscenza tecnica in continua espansione era l’unica cosa che ci distinguesse dai nostri progenitori, dato che in fatto di etica, filosofia e pensiero generale non eravamo meglio”, scrive ancora Labatut riportando il pensiero di von Neumann.
I progressi tecnologici raggiunti già all’epoca “avrebbero fatto tremare dalla paura i Titani che un tempo terrorizzavano la terra”. Il mondo degli dei, di conseguenza, era ormai passato. “Perciò adesso avrebbero dovuto essere la scienza e la tecnologia a fornirci una versione migliore di noi stessi, un’immagine di quel che potevamo diventare”.
Pur senza mai emergere del tutto in superficie, e spesso senza essere esplicitamente riconosciuta come tale, questa visione della tecnologia come unica “fonte” in grado di conferire “forza, potere e significato” alla nostra epoca secolarizzata ha attraversato i decenni che ci separano da von Neumann ed è arrivata fino a oggi, diffondendosi con vigore crescente.
In particolare negli ultimi decenni, il settore delle nuove tecnologie – e il racconto di esse – è sembrato l’unico in grado di immaginare (e plasmare) il futuro, cosa che un tempo faceva la religione e, in epoche più recenti, la politica. La tecnologia non sta però soltanto sostituendo la religione e la politica, ma ma le sta inglobando al suo interno.
È la teoria sostenuta, tra gli altri, dal filosofo Émile P. Torres e che rappresenta probabilmente la chiave di lettura migliore per comprendere gli strani intrecci che, tra misticismo e transumanesimo, stanno plasmando una nuova ideologia, il cui successo è confermato dal crescente potere politico che i suoi sostenitori stanno conquistando. Basti pensare al movimento MAGA che ruota attorno a Donald Trump.
Prima di arrivare ai più recenti e inquietanti esiti politici di questo intreccio tra tecnologia e religione, è però utile fare un passo indietro. E capire come abbiano potuto incontrarsi due mondi all’apparenza non solo lontani, ma addirittura antitetici. Ma è davvero così? In verità, “l’intreccio tra tecnologia e religione è vecchio di secoli, per quanto le persone continuino a pensare che la scienza sia oggettiva e separata dalle questioni religiose. Ma non è mai stato così”, ha spiegato il docente di Studi religiosi Robert Geraci.
In effetti, già pensatori del Medioevo come Giovanni Scoto Eriugena ritenevano di poter restituire all’essere umano la perduta perfezione tramite le “arti meccaniche”, che esse – come anche le arti liberali – fossero “il collegamento tra l’essere umano e la divinità” e che coltivarle costituisse un mezzo per la salvezza. È una tensione che si mantiene nei secoli successivi, quando l’essere umano e il suo ingegno diventano, con l’Umanesimo, il centro di tutto, e mentre scienza e tecnica assumono un ruolo via via più centrale, consentendo scoperte che rivoluzionano la nostra concezione del mondo. Lungo questa scia si inserisce, nei primi del Novecento, il gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin, che teorizzò l’esplosione di complessità e intelligenza abilitata dalla tecnologia da lui battezzata “Punto Omega”.
Attraverso vari passaggi, questo concetto è stato infine rielaborato in quella che il futurologo e ingegnere di Google Ray Kurzweil ha definito “singolarità tecnologica”: il momento in cui il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprensione e previsione degli esseri umani, superandola rapidamente di vari ordini di grandezza. La singolarità, che in altre interpretazioni prevede anche la fusione tra essere umano e macchina, è oggi il fondamento teorico alla base delle aspettative quasi messianiche nei confronti dell’innovazione tecnologica, che più di ogni altra si sta prestando a un’interpretazione millenarista: l’intelligenza artificiale (destinata a evolvere prima in intelligenza artificiale generale – ovvero di livello almeno pari a quello umano – e poi in superintelligenza artificiale).
“Quando verrà creata l’intelligenza artificiale sarà, di fatto, un dio… Non un dio nel senso che provoca fulmini o uragani. Ma se esiste qualcosa un miliardo di volte più intelligente dell’essere umano più intelligente, come altro lo definiresti?”, diceva nel 2017 l’ex ingegnere di Google e Uber Anthony Lewandosky, fondatore dell’associazione tecno-religiosa Way of the Future (chiusa nel 2021 e risorta nel 2023).
Si potrebbero liquidare queste parole come le iperboli di un ingegnere – come già avvenuto in altri casi – che subisce una fascinazione eccessiva nei confronti dei software informatici che lui stesso sta contribuendo a sviluppare, se non fosse che la metafora del “dio digitale” è stata fatta propria da moltissimi futurologi, imprenditori e investitori del settore: da Elon Musk a Gavin Baker, da Sam Altman a Yuval Noah Harari e tantissimi altri.
Questa visione dell’innovazione tecnologica tradisce la propria volontà messianica: l’intelligenza artificiale è infatti un’entità sovrannaturale il cui avvento trasformerà per sempre il destino dell’essere umano, portandoci alla salvezza (curando il cancro, sconfiggendo “senza troppe difficoltà” la crisi climatica e “risolvendo la fisica”, per usare le parole del fondatore di OpenAI Sam Altman) oppure all’apocalisse del tipo Terminator, in cui le macchine si ribellano all’umanità riducendola in schiavitù (ragion per cui, citando Elon Musk, sviluppare l’intelligenza artificiale è come “evocare il demonio”).
È una forma di escatologia tecnologica che ha portato Sigal Samuel – giornalista che da anni si occupa dell’intreccio tra scienza e religione – ad affermare: “Più ascolti i discorsi della Silicon Valley sull’intelligenza artificiale, più senti l’eco della religione”. Ed è una eco che risuona anche nell’idea che l’avvento di una superintelligenza artificiale non rappresenti una possibilità (al momento peraltro remota), ma sia invece inevitabile.
“A meno di non autodistruggerci prima, l’intelligenza artificiale di livello superumano si concretizzerà”, aveva per esempio affermato sempre Sam Altman già nel 2017. “Come ormai sappiamo, il progresso scientifico prima o poi si verifica, se le leggi della fisica non lo impediscono”. Ma abbiamo davvero imparato una cosa del genere? Siamo sicuri che sia un’affermazione fondata? Ed entro quale tempistica dovrebbe verificarsi qualcosa che è possibile soltanto perché “le leggi della fisica non lo impediscono”?
È probabile che, almeno in parte, i circoli della Silicon Valley stiano dando giustificazioni di stampo millenarista a questioni invece soprattutto materiali ed economiche. Promettere l’avvento di un “dio digitale” è estremamente utile se si devono convincere gli investitori a riversare esorbitanti quantità di denaro in un settore – l’intelligenza artificiale generativa in stile ChatGPT – che fino a questo momento non ha prodotto ritorni significativi (ma che ha invece costi immensi).
Promettere la creazione di un “dio digitale” torna molto comodo anche per giustificare le continue pressioni politiche, sempre da parte dei colossi tecnologici, affinché il settore dell’intelligenza artificiale venga deregolamentato, in modo da non ostacolarne l’innovazione (e per non intralciare la diffusione incontrollata di questa tecnologia, limitando i potenziali profitti).
“È probabile che, almeno in parte, i circoli della Silicon Valley stiano dando giustificazioni di stampo millenarista a questioni invece soprattutto materiali ed economiche. Promettere l’avvento di un ‘dio digitale’ è estremamente utile se si devono convincere gli investitori a riversare esorbitanti quantità di denaro in un settore”.
Interpretare in chiave economica le “ambizioni divine” della Silicon Valley spiega però solo in parte il fervore quasi mistico che innerva il mondo dell’intelligenza artificiale. Se si possono avere dubbi sul fatto che Elon Musk, Sam Altman, Dario Amodei (fondatore di Anthropic), Demis Hassabis (fondatore di Google DeepMind), Ilya Sutskever (co-fondatore di OpenAI) e altri siano realmente convinti che la AGI (Artificial General Intelligence, l’AI di livello umano) sia prossima e che la sua comparsa rappresenterà una svolta epocale, c’è almeno un “tech-bro” la cui visione millenarista sembra assolutamente sincera: “L’intelligenza artificiale generale è come un biglietto della lotteria cosmica: se vinciamo, otteniamo l’utopia; se perdiamo, Skynet ci sostituisce facendoci sparire dalla faccia della Terra”, scriveva nel suo saggio Zero to One (2014) il fondatore di Palantir e potentissimo investitore Peter Thiel.
Peter Thiel non è soltanto l’ennesimo esponente del “millenarismo tecnologico”. È l’uomo grazie al quale questo mondo si congiunge con l’estrema destra statunitense e con le frange più radicali del mondo MAGA (il cosiddetto Dark MAGA). Sostenitore di Donald Trump già in tempi non sospetti (è stato finanziatore della sua campagna elettorale per le presidenziali del 2016), Peter Thiel è uno dei guru dell’estrema destra statunitense, e ha contribuito a diffondere in questo ambiente la sua particolare visione escatologica.
Nella visione di Thiel, la più grande minaccia non è l’intelligenza artificiale (che, come visto, rappresenta invece un necessario azzardo), ma ciò che lui stesso ha definito “l’Anticristo”, ovvero una “dittatura sovranazionale” (del tipo Nazioni Unite o Unione Europea), in grado di ostacolare, a colpi di regolamentazioni e di politiche green, l’innovazione tecnologica e, più in generale, l’avanzata tecno-capitalista. L’Anticristo, quindi, è tale secondo Thiel perché rischia di impedire l’avvento del “dio digitale”, che per materializzarsi necessita di una totale deregolamentazione, in modo che il potere trasformativo del turbocapitalismo sia sprigionato senza freni.
È la corrente che – rifacendosi al filosofo Nick Land, che per primo ha seminato ciò che oggi Thiel e altri raccolgono – viene chiamata “accelerazionismo efficace”, che predica la totale deregolamentazione dello sviluppo tecnologico per velocizzare il più possibile l’ingresso della nostra civiltà nella fase post-umana.
Peter Thiel, insomma, funge da cerniera: unisce, tra le inevitabili contraddizioni, il millenarismo tecnologico sempre più diffuso nella Silicon Valley al conservatorismo MAGA. I due mondi hanno in comune parecchi obiettivi: la difesa del libero mercato, la deregolamentazione (anche fiscale), l’odio per ogni forma di vincolo sovranazionale (percepito come ostacolo alla sovranità del mercato) e una visione apocalittica della storia, secondo cui solo un’accelerazione radicale potrà salvare l’Occidente dal declino. È un’accelerazione tecnologica nel caso della Silicon Valley, ma molto più politica nella visione Dark MAGA, che auspica esplicitamente la fine della democrazia e una dittatura trumpiana o post-trumpiana.
Questi due mondi sono però anche rivali: il volto più noto dei Dark MAGA, l’ex consigliere di Trump Steven Bannon, ha più volte affermato di disprezzare Elon Musk, le élite della Silicon Valley e quello che definisce “tecnofeudalesimo transumano”. In effetti, come possono stare sotto la stessa bandiera dei tecnomiliardari atei che ambiscono a creare un “dio digitale” (o ad uploadare il cervello nel cloud per vivere per sempre) e dei tradizionalisti religiosi – spesso evangelici, ma anche cattolici come JD Vance o lo stesso Steve Bannon – che inevitabilmente disprezzano l’idea stessa di transumanesimo o post-umanesimo (visto che l’essere umano creato da Dio è già perfetto)?
Se per Peter Thiel e i suoi sodali l’Anticristo è rappresentato dalle regolamentazioni che rischiano di temperare il capitalismo più sfrenato, per Steve Bannon e il mondo MAGA l’anticristo è invece (anche) l’intelligenza artificiale e l’avvento di una divinità creata dall’essere umano (invece che il contrario).
Da una parte l’AI come (possibile) salvezza, dall’altra l’AI come (certa) dannazione. La rivalità tra Bannon e Musk, con Peter Thiel in mezzo, sembrerebbe impedire un’alleanza tra il mondo conservatore e il mondo accelerazionista: un’inconciliabilità che, se emergesse in superficie, potrebbe indebolire il movimento che oggi supporta Donald Trump e che alimenta l’avanzata globale delle destre.
“E se invece queste visioni del mondo fossero più simili di quanto appaiono a prima vista?”, si domanda in una lunga analisi il già citato Émile P. Torres. “Se potessero fondersi in una singola visione sincretica del futuro, basata su fantasie utopistiche di paradiso rese possibili dall’avanzamento di tecnologie come l’intelligenza artificiale?”. Questo apparente paradosso, segnala Torres, si sta in realtà già verificando: “I tradizionalisti MAGA stanno abbracciando elementi del transumanesimo, mentre alcuni transumanisti MAGA si stanno convertendo al cristianesimo”.
I due mondi, insomma, stanno convergendo: “La narrazione transumanista e quella cristiano-apocalittica sono in realtà così simili che bastano solo uno o due passi affinché si uniscano”, prosegue Torres. “Molti transumanisti sostengono che, se l’intelligenza artificiale generale non darà vita a un’utopia cosmica, quasi certamente distruggerà il mondo. […] È uno dei modi in cui l’Armageddon può verificarsi, ed è praticamente identico alla preoccupazione di Bannon, secondo cui l’Anticristo che combatterà contro Gesù nella battaglia finale sta venendo costruito nei laboratori delle aziende che sviluppano AI”.
Due mondi apparentemente inconciliabili finiscono in realtà per percorrere la stessa traiettoria: per i transumanisti, l’intelligenza artificiale porterà all’utopia o alla fine del mondo, ma vale la pena tentare l’azzardo in questa “lotteria cosmica” (per dirla con Thiel) perché i possibili benefici sono immensi e perché è questa l’unica strada per approdare al futuro post-umano che rappresenta il “destino manifesto” dell’umanità. Per i conservatori Dark Maga, l’intelligenza artificiale generale potrebbe invece essere l’Anticristo. Se però anche fosse, ciò non farà che accelerare l’Armageddon che precede la rinascita.
Se i punti di partenza sono praticamente opposti, il traguardo è lo stesso. E considerando che queste visioni escatologiche – in quello che Naomi Klein ha recentemente chiamato “fascismo della fine dei tempi” – dovrebbero essere almeno in parte metaforiche, i due mondi non avranno grandi difficoltà a conciliare le loro differenze e a riunirsi sotto la bandiera di Donald Trump, della difesa dei valori tradizionali dell’Occidente, della battaglia alle politiche green e “woke”, dell’avversione alla regolamentazione governativa o sovranazionale.
La convergenza è confermata anche dal fatto che il vicepresidente JD Vance (esponente del mondo conservatore tradizionale) considera Peter Thiel il suo mentore; mentre Elon Musk ha recentemente temperato il suo proclamato ateismo, definendosi un “cristiano culturale” che crede profondamente negli insegnamenti di Gesù.
Ciò che era partito come un modo per colmare, per via tecnologica, il vuoto lasciato dalla religione, sta invece prendendo la forma di un sincretismo tecno-apocalittico, in cui entrambi gli schieramenti possono trovarsi a proprio agio. Un match “made in heaven” che evita inutili rivalità e, soprattutto, consente di mantenere ben salda la presa del potere, prolungando il più possibile l’attesa della fine dei tempi.