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Francesca Santolini

La rete capillare dietro l’editoria di estrema destra

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L'estrema destra si sta costruendo una nuova base culturale che attinge a idee del passato riaggiornandole per i tempi che corrono. La casa editrice più importante in questo senso è la Arktos Media. Il socio di maggiornaza è Daniel Friberg, la cui foto segnaletica, nel 1999, lo definiva uno dei sei nazisti più pericolosi di Svezia.

Nel 1999 la foto segnaletica di Daniel Friberg viene pubblicata dai principali quotidiani svedesi tra i sei nazisti più pericolosi del Paese. 

Dopo la frequentazione di circoli neonazisti locali e un periodo di brevi detenzioni, l’ex skinhead Friberg, cresciuto in un ricco sobborgo di Göteborg, abbandona le lotte radicali e dagli skinhead passa a frequentare influenti uomini d’affari. Tra questi c’è il milionario svedese Patrick Brinkmann, proprietario di una compagnia di estrazione dell’oro e grande finanziatore di movimenti neofascisti in tutta Europa – come aveva scritto allarmato il quotidiano tedesco «Der Spiegel» all’epoca in cui Brinkmann aveva preso la residenza a Berlino. E Brinkmann è anche il fondatore della Continent Europe Foundation, che annovera tra i suoi membri le più alte sfere dell’estrema destra europea: un circolo di nostalgici del “sangue e suolo” che sogna una civiltà paneuropea bianca, ripulita dall’immigrazione e dall’americanismo. 

Oggi Daniel Friberg oltre ad essere un magnate dell’imprenditoria svedese, è il fondatore, amministratore delegato e socio al 50 per cento della Arktos Media, una delle più importanti case editrici dell’estrema destra. 

Registrata a Londra nel 2009 da un avvocato danese di stanza in India, la casa editrice ha avuto uffici a Mumbai, Bangalore e Goa, finché nel 2012 Friberg ne è diventato azionista di maggioranza, e nel 2016 ne ha spostato la sede, probabilmente non a caso, in Ungheria.

La traiettoria da seguire per capire la rinascita delle destre radicali soprattutto in Europa, è proprio quella delle case editrici e in particolare della Arktos Media. Dal suo catalogo si comprende come questa sottocultura abbia una continuità ideologica con le formazioni politiche di estrema destra, una sorta di laboratorio nel quale il pensiero reazionario prova ad aggiornarsi rispetto ai temi sociali, economici, ambientali, ma solo per proporre soluzioni a un tempo impraticabili e aberranti.

A oggi, la Arktos ha in catalogo più di duecentocinquanta titoli di una cinquantina di autori diversi, tra i quali, ad esempio, anche il filosofo Aleksandr Dugin, esponente di spicco del nazionalismo russo, vicino al presidente Putin e amico di lunga data della Lega.

Il lavoro editoriale della Arktos ruota intorno a un tema prioritario da divulgare, come sintetizza Tess Owen su «Vice»: “La civiltà occidentale è minacciata dall’immigrazione e dal liberalismo e potrebbe essere spazzata via se non si fa qualcosa al riguardo, e al più presto”.

Si tratta di un esempio emblematico di riconfezionamento dell’ideologia di estrema destra in un linguaggio attento e ponderato, che non inviti (troppo) esplicitamente alla violenza. Benché le idee che i libri di Arktos rappresentano e promuovono siano profondamente violente, grazie al suo strategico riposizionamento soft, l’azienda è stata in grado di eludere le politiche dei social media che vietano i discorsi di odio.

Oltre all’ampia distribuzione attraverso i venditori tradizionali, i libri della Arktos possono contare sulla promozione online: ai podcast su Spotify e iTunes e a una presenza solida su Facebook si sono aggiunti l’omonimo giornale digitale, un’università online e l’organizzazione di conferenze, avendo Arktos ridefinito sé stessa come think tank, secondo quanto si legge nella presentazione sul sito.

Ma è nel sottobosco online che molti degli autori della Arktos sono celebrati. Come in una serie di matrioske, ogni link ne contiene altri che procedono verso quel mondo virtuale di mezzo tra l’internet di superficie e il deep web. I pdf dei libri della Arktos sono in bella mostra su 4chan, a pochi clic di distanza dagli estratti dei discorsi di Hitler e i manuali per la costruzione di bombe. 

Quando Friberg diventa amministratore delegato, la Arktos cresce, lo staff si amplia, le pubblicazioni raddoppiano. È il 2016: sia in Europa che negli Stati Uniti, una crisi che va dall’economia, all’immigrazione, al terrorismo islamico, è stata benzina sul fuoco del populismo, mentre suprematisti e razzisti affollano gli spalti dei raduni di Donald Trump per le elezioni presidenziali. Ed è proprio un trumpiano sfegatato il socio di Friberg alla Arktos. Richard Spencer, uno dei piú famigerati nazionalisti degli Stati Uniti. Probabilmente a causa di questa liaison Friberg è stato anche tra i partecipanti al violento raduno “Unite the Right” di Charlottesville nell’agosto 2017: sfilava con le centinaia di suprematisti bianchi, neoconfederati, neonazisti, membri del Ku Klux Klan provenienti da almeno 39 Stati, quando un manifestante neonazista ha ucciso una donna e ferito piú di venti persone scagliandosi in auto a tutta velocità su un corteo di residenti antifascisti che dimostravano contro il corteo.

Ciò che contraddistingue la Arktos è il suo radicamento internazionale. I suoi autori provengono da oltre 19 Paesi diversi e alcuni dei loro titoli sono stati tradotti in ben 11 lingue, inclusi il lettone, il bulgaro e il greco. La pubblicazione di così tanti autori europei e americani ha aiutato a diffondere le idee piú radicali in diverse parti del mondo. Ed è anche grazie a progetti come la Arktos che l’estrema destra diventa sempre di piú un movimento internazionale interconnesso. Al di là del camouflage lessicale per passare il controllo che vieta i contenuti di odio online, infatti, il tentativo della Arktos è quello di provare a creare un vero e proprio genere letterario per fornire una parvenza di legittimità intellettuale alle idee piú deprecabili e utilizzarle per il reclutamento e la fidelizzazione. 

“Spesso il primo passo può essere: ‘Leggi questo libro’, spiega Keegan Hankes, ricercatore al Southern Poverty Law Center, per l’“Intelligence Project” che monitora e previene le manifestazioni di odio e razzismo negli Stati Uniti. 

Friberg all’inizio della sua avventura editoriale era solo un azionista di minoranza, insieme a diverse altre persone, tra cui l’americano John Morgan che firma regolarmente editoriali per il sito di un’altra casa editrice di estrema destra, questa volta americana. Altro punto di riferimento dell’alt-right è «Counter-Currents», webzine e casa editrice, che peraltro commemora regolarmente figure come la sacerdotessa di Hitler, Savitri Devi e il fascista inglese e pioniere dell’agricoltura biologica Jorian Jenks, per fare solo due esempi.

Il caporedattore di «Counter-Currents» è il suprematista Greg Johnson, autore del White Nationalist Manifesto (“Il Manifesto del Nazionalismo Bianco”), in cui scrive che il multiculturalismo è un esperimento fallito: “La diversità non è fonte di forza”.

La Counter-Currents è una casa editrice che ha molto a cuore il tema dell’ambiente. Celebra regolarmente la Giornata della Terra, e in occasione di quella del 2012 è stata pubblicata un’intervista a Johnson, il quale ha parlato del principio chiave della fede ecofascista, ossia “la centralità della natura” – terminologia presa con destrezza dal biocentrismo dell’ecologia profonda –, a differenza della visione “molto incentrata sull’uomo e quindi antinaturale” della moderna società liberale. Dalla prospettiva biocentrica, ha detto Johnson, “segue una organica e gerarchica visione della società, il rifiuto dell’egualitarismo, il rifiuto della tecnologia moderna e del capitalismo”. Poi cita Savitri Devi, la sacerdotessa che aveva un sogno: un mondo con molte razze e ogni razza con un suo posto preciso sul pianeta in cui vivere secondo la propria natura. Senza mescolamenti.

Questa visione, che è poi quella degli “etno-Stati”, riecheggia il lavoro della Nuova Destra europea, il cui principale filosofo Alain de Benoist, altro punto di riferimento dell’estrema destra, ha espresso il concetto quasi identico di etnopluralismo, o “diritto alla differenza razziale”.

Le destre radicali sognano oggi di riportare in auge queste categorie e trovano terreno fertile in frange nazional-populiste che, con un lavoro piuttosto sotterraneo, ma capillare, grazie anche ai molti canali d’informazione virtuali, propongono sintesi nere come la pece e pericolosamente pronte all’uso. 

Un repertorio ideologico che viene da lontano, e in particolare proprio da quel Julius Evola che spopola presso gli ambienti della destra radicale, grazie anche al battage della Arktos, di cui abbiamo visto la potenza di fuoco. L’ideologo fascista italiano Julius (Giulio Cesare Andrea) Evola, morto nel 1974, è uno degli autori piú venduti della Arktos.  La sua influenza oggi si estende dai troll di 8chan e 4chan, fino a importanti figure politiche come Steve Bannon che nel 2014 fece riferimento a Evola in un discorso in Vaticano che ha poi fatto il giro del mondo, una volta che lo stratega sovranista è diventato il guru ideologico del presidente Trump. 

Il merito, dicevamo, è anche della Arktos che ha continuato a mettere sul mercato le opere di Evola: a oggi la casa editrice di Budapest ha tradotto nove suoi libri in inglese, contribuendo così a trasformare un pensatore marginale e velleitario in una sorta di eroe filosofico dell’estrema destra, con gli utenti dei canali online che citano ripetutamente i suoi libri. Da Note sul Terzo Reich, in cui Evola “riconosce alcune buone qualità nel Reich” attribuendogli il merito “di aver saputo inculcare un solido spirito guerriero e il senso del sacro al popolo tedesco”, alla Metafisica della guerra, una raccolta di scritti sull’etica guerriera da applicare “anche in epoca di pace”.

Ma Evola è solo un esempio di come alcune figure, diventando snodi, strumenti trasversali, svolgano una funzione di collante all’interno di un movimento politico apparentemente eterogeneo. 

Del resto, il riferimento a Evola da parte delle nuove correnti di estrema destra non è semplicemente il tentativo di associarsi a conservatori tradizionali per dare dignità alla propria attività politica. Si inserisce in una linea di pensiero precisa che, fra l’altro, ridefinisce il concetto stesso di razzismo e di una concezione aristocratica degli esseri umani. Questo tipo di reazionario non può che rimpiangere gli antichi (presunti) valori della comunità (anche etnica), della ruolizzazione dei sessi, della religione di Stato ecc. 

La mitizzazione di Evola rappresenta uno dei vari modi in cui gli intellettuali di estrema destra hanno sviluppato un approccio culturale alla politica e spesso, un approccio politico alla cultura.

Maurizio Murelli oggi è l’editore di AGA Editrice e il fondatore della rivista «Orion», punti di riferimento della destra radicale italiana, ma negli anni di piombo era un militante di estrema destra, condannato a diciotto anni di carcere per concorso in omicidio, eseguito da Vittorio Loi, dell’agente di polizia Antonio Marino, ucciso da una bomba durante una manifestazione politica del 12 aprile 1973, il famoso “giovedì nero”. Nel 2004, in occasione del trentennale della morte di Evola, Murelli ha organizzato una scalata per commemorarlo insieme a un gruppo di militanti, nei luoghi dove il filosofo aveva voluto far disperdere le proprie ceneri. 

Con la AGA Editrice, Murelli non ha pubblicato solo opere di Evola, ma anche almeno una dozzina di libri del filosofo russo Aleksandr Dugin, che è anche tra gli autori della Arktos, noto per le sue opinioni antioccidentali e antiliberali.

Esistono infatti anche tentativi della destra italiana di allineare la lettura dei problemi di oggi ad alcune di queste correnti di pensiero. Tali tentativi utilizzano il consueto armamentario nazionalista, cercando in pensatori del passato e in pensatori stranieri l’attrezzatura teorica e ideologica. 

“Passaggi al bosco”, è il nome della casa editrice di ispirazione fascista presente alla Fiera della piccola e media editoria “Più libri, più liberi”, ma è anche un’espressione del filosofo tedesco Jünger. Nel Trattato del ribelle, Jünger definisce il Waldgänger, il ribelle che si sottrae alla pressione del potere ritirandosi nel “bosco”. Un gesto pensato come difesa della libertà interiore che, in molte letture successive, diventa invece rifiuto della modernità liberale, vista come forma di totalitarismo diffuso.

La linea di pensiero che unisce Jünger, Evola, Ordine Nuovo e le principali case editrici dell’estrema destra italiana non è dottrinaria, ma simbolica.  Al centro c’è un immaginario che esalta l’individuo separato, l’aristocraticismo antiegualitario e l’idea di un’élite spirituale chiamata a resistere alla modernità democratica, descritta come degenerata o oppressiva. 

E dentro questo intreccio di editori, icone e dottrine, ciò che colpisce è il tentativo di normalizzazione di idee estreme, piccoli o grandi centri di produzione che fabbricano teorie come se fossero virus, attraverso un linguaggio politico condiviso: un lavoro sotterraneo che cerca di plasmare l’opinione pubblica prima ancora dei partiti veri e propri. Un’operazione culturalmente fragilissima ma politicamente pericolosa, che sarebbe un grave errore sottovalutare.

Francesca Santolini

Francesca Santolini è giornalista esperta di temi ambientali e collabora con «La Stampa» e la trasmissione di Rai 1 «Unomattina». Il suo ultimo libro è Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno (Rubbettino Editore 2019).

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