Elena Colonna
Ne abbiamo parlato con lo scrittore Daniel Schulz, autore del romanzo "Eravamo come fratelli", edito da Bottega Errante Edizioni.
È il 1989, il Muro di Berlino sta per cadere, e in una cittadina di provincia della Germania Est quattro bambini arrampicati sull’ “albero di Tarzan” – un albero dove ci si arrampica per giocare – pianificano una guerra contro la Germania Ovest. “Rubare la pistola, andare di là, a Berlino Ovest, fare fuori uno a caso. Poi quelli rispondono al fuoco, ed è guerra”: il protagonista ha letto nell’Enciclopedia per bambini che “nell’Occidente vivono gli imperialisti” e “gli imperialisti proteggono i fascisti. Anzi, in realtà sono loro stessi fascisti, solo che non lo ammettono”.
Inizia così il romanzo Eravamo come fratelli di Daniel Schulz, pubblicato in Italia da Bottega Errante Edizioni. Racconta l’infanzia e l’adolescenza di un ragazzo cresciuto in Germania Est a cavallo della dissoluzione della DDR e durante i cosiddetti “anni delle mazze da baseball” (Baseballschlägerjahre), in cui in Germania emerge l’estremismo di destra. In un clima di violenza pervasiva, di paura e intimidazione costante, in cui le bande fasciste uccidono i barboni e attaccano le strutture in cui sono ospitati i richiedenti asilo, il protagonista vede i suoi amici rasarsi i capelli e sviluppare idee razziste e antisemite, troppo spaventato per opporsi. “È così che me l’immaginavo, quella volta sull’albero di Tarzan: che avremmo travolto i fascisti. Adesso si aggirano da queste parti come se niente fosse”.
La questione dell’estremismo di destra in Germania è più attuale che mai. Alle elezioni di domenica 23 febbraio, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto il il 20,8% dei voti, risultando come secondo partito nel Paese dietro alla CDU. AfD è un partito nazionalista e conservatore, con posizioni radicali contro l’immigrazione – tra cui quella di espellere in massa gli stranieri dalla Germania, e alcuni esponenti vicini a movimenti di estrema destra e neonazisti. Nonostante AfD abbia aumentato significativamente i suoi consensi in tutto il Paese, ottenendo buoni risultati anche nelle regioni occidentali, è nella Germania dell’Est che è particolarmente radicato: AfD è stato il partito più votato nelle regioni della ex DDR. Già alle elezioni europee dello scorso giugno, AfD era risultato il primo partito in quasi tutti i territori della Germania dell’Est e a settembre ha vinto le elezioni regionali in Turingia. Un successo che ha scioccato molti, ma che non nasce dal nulla.
“Gli anni ‘90 sono stati una sorta di fondamento: per capire la Germania oggi, devi sapere qualcosa degli anni ’90” dice Schulz. “Ci sono più parallelismi tra la situazione attuale e gli anni ‘90 in Germania di quelli che la gente voglia credere. Forse si può dire che c’è meno violenza in strada – anche se starei molto attento a dire questa cosa da persona bianca – ma l’estrema destra oggi ha molto più potere politico. Eppure, i meccanismi sono gli stessi, ovvero distruggere la cultura dissidente”, aggiunge Schulz “adesso, quando AfD prende il potere in una città, la prima cosa che fa è demolire le iniziative culturali, il teatro.” D’altronde, se anche la violenza in Germania non ha raggiunto i livelli degli anni delle mazze da baseball, ha subito una crescita preoccupante. Nel 2024, sono stati oltre 40mila i crimini compiuti da estremisti di destra.
“Nel mio romanzo ho cercato di raccontare un’aspetto che è stato spesso ignorato in questo dibattito: ovvero che il fascista, l’estremista di destra, il razzista, non sono qualcosa che puoi esternalizzare in qualche terra lontana. In Germania giochiamo a questo gioco delle accuse: è un problema dell’est o dell’ovest?” dice Schulz, “non molte persone si chiedono: che cosa c’entra tutto questo con me? Che cosa c’entro io con tutto questo? Qual è la connessione tra me e loro?”. Continua Schulz: “questo comportamento razzista, questo estremismo di destra. Perché si sta ripetendo ancora e ancora e ancora?”
“Al contempo, ho voluto raccontare una storia locale perché vedo una responsabilità particolare nella Germania dell’Est”in questo gioco di accuse”, prosegue Schultz. “Ci diciamo che tutti i partiti di estrema destra vengono dalla Germania dell’Ovest. Sì, ma la nostra gente vota per loro. Quindi questo non ci libera dalla responsabilità.”
In Eravamo come fratelli, sullo sfondo delle violenze c’è una società in cui la crescita economica è diseguale e accanto a chi si arricchisce e trasferisce in una nuova villa c’è chi perde il lavoro e si rifugia nell’alcol, in cui gli adulti sono disorientati e smarriti, e hanno perso i riferimenti. La disuguaglianza economica tra Est e Ovest, la sfiducia nei partiti tradizionali sono considerati alcuni dei motivi per cui AfD ha trovato così tanto consenso ad Est. “Molto spesso al centro di questo tipo di movimenti ci sono persone che hanno paura di peggiorare la loro situazione o di perdere qualcosa” dice Schulz, “la promessa del fascismo è: renderemo la vita di altri peggiore in modo che tu possa rendere migliore la tua”. Eppure, il fascismo nel romanzo non ha classe sociale, è fascista il ricco e il povero, l’intellettuale e l’ignorante. “Sei di destra?” chiede il protagonista al suo amico di infanzia Uwe, che risponde “Di destra! Sono normale”.
A fare da sfondo al romanzo ci sono anche l’indifferenza delle autorità e dei passanti alle violenze, un sistema educativo che parla di responsabilità storica ma non riesce a comunicare con gli studenti, i nonni che non riescono a fare i conti con il passato e con le responsabilità individuali del nazismo. “In Germania, ancora oggi, ci raccontiamo questa bugia del ‘non sapevamo niente’ e ‘non ha niente a che fare con noi’. Che era qualcosa di distante, che c’era un gruppo dirigente che ha sedotto le masse. Questo è chiaramente falso” afferma Schulz. “Con tutto questo parlare di affrontare il passato, ancora non capiamo i meccanismi più semplici, ancora adesso ci chiediamo ‘oh wow cosa sta succedendo?’ Manca la presa di coscienza permanente che la promessa fascista ci è in qualche modo vicina e che dobbiamo farci i conti”. Il protagonista del romanzo scopre, a un certo punto, che il suo bisnonno era nel Partito Nazista. Non per ideologia, non per convinzione, ma per un semplice ragionamento utilitaristico: per costruire una casa bisognava essere nel Partito. Spiega Schulz: “Anche per il protagonista c’è un vantaggio: ha amici, può andare alle feste, è in un certo senso protetto dalla violenza”. Quindi anche lui, per il beneficio personale che ne ricava, è disposto a chiudere gli occhi davanti al fascismo. “Spesso è difficile venire a patti con noi stessi e così esternalizziamo il nazista in un posto lontano”.
Oltre alla paura, anche la codardia è centrale. Si può dire che la storia cerchi di rispondere alla domanda: fino a dove un individuo, una società, può arrivare prima di opporsi al fascismo? Qual è il punto di rottura? Quanto tempo ci vuole per superare la paura? Nella lettura si è frustrati quando il protagonista non riesce a rispondere alle battute razziste dei suoi amici. “Volevo che il lettore pensasse: Dio, prendi una decisione. Fai qualcosa. Perché non stai facendo qualcosa? Perché sei così rigido? Fai qualcosa” si infervora Schulz. “Volevo che il lettore sentisse proprio la sensazione fisica di quando il fascismo ti sta sopraffacendo. E che se non sei preparato, non ti comporti in modo eroico ma diventi opportunista”. Aggiunge Schulz: “Non dire niente ha un prezzo. Devi disconnetterti, rimanere in silenzio, guardare altrove. Devi ingozzarti delle cose che vorresti dire, ed è come se ti bruciassero nello stomaco. E infine ti dimentichi di come parlare. È davvero un processo fisico”.
Secondo Schulz, nel panorama politico attuale, “la minaccia del fascismo non riguarda tanto i fascisti in sé. Loro sono pericolosi, sono violenti. Sono intelligenti. Sono così normali, così gentili, sai? Possono essere persone molto gentili. La domanda è con chi sono gentili e con chi non lo sono. Ma sono, diciamo, il 20% o più. Ma riguarda il resto di noi, la maggioranza. La maggioranza è un termine vuoto se non lo riempi di qualcosa, se non ti organizzi, se non discuti insieme su come come affrontare queste persone. È la maggioranza che mi preoccupa.”
Elena Colonna
Elena Colonna ha studiato scienze politiche ed economia a Sciences Po. Adesso vive a Parigi e lavora come giornalista. Scrive soprattutto di politica internazionale, conflitti, diritti e disuguaglianze.
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