L'intelligenza artificiale è l'arma definitiva dei populisti - Lucy
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Pietro Minto

L’intelligenza artificiale è l’arma definitiva dei populisti

Rapida e immediata nel diffondere immagini stereotipiche, l’intelligenza artificiale è sempre più uno strumento di cui i partiti di destra si stanno dotando a scopi propagandistici. Ma c’è di più: qualcuno ritiene che grazie all’IA la destra stia oggi ricreando anche una propria “estetica del fascismo”.

Lo scorso 26 febbraio gli account social ufficiali di Donald Trump hanno pubblicato un video generato con le intelligenze artificiali che mostrava la Gaza del futuro. Il filmato iniziava tra le macerie e le bombe, con una musica enfatica di sottofondo, per arrivare alla promessa di un mondo migliore e più sicuro, senza pericoli e “senza tunnel”, in riferimento al sistema di passaggi sotterranei e bunker di Hamas. Poi spuntava il sole e dalla disperazione di oggi Gaza si risvegliava diventando la “Riviera” tanto promessa da Donald Trump, che nel video compare due volte: sorridente insieme a Benjamin Netanyahu, mentre prendono il sole in spiaggia; e sotto forma di statua dorata, in ricordo del suo piano miracoloso per Gaza e il Medioriente.

A inizio mese, si è diffuso un altro video in cui sembrava che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky attaccasse fisicamente Trump nel corso del loro fallimentare incontro a Washington, DC. In questi giorni, infine, sono circolate immagini “sintetiche”, come vengono dette quando sono generate dalle AI, che mostravano Papa Francesco in condizioni critiche all’ospedale.

Negli ultimi anni il dilagare nei social media di contenuti generati ha ispirato un nuovo termine: slop (‘brodaglia’, ‘sbobba’). Non tutta questa “brodaglia” è di natura politica, ovviamente: nella maggior parte dei casi, si tratta di immagini create per suscitare una reazione forte e diffondersi online, come nel caso della finta rissa tra Trump e Zelensky. Uno dei casi più bizzarri è quello del “Gesù gambero”, una serie di immagini che lo scorso anno sono diventate virali su Facebook, in cui Gesù Cristo veniva rappresentato sotto forma di gambero. Il sito 404 Media, che per primo denunciò il fenomeno, ha ricostruito l’origine di queste immagine, che provengono da pagine Facebook che pubblicano decine di immagini e video al giorno adattandosi alle preferenze dell’algoritmo. Molte di queste hanno a che fare con la religione e l’iconografia cristiana, che viene spesso rappresentata in modo bizzarro: oltre al Gesù fatto di gamberi si vedono anche Gesù coperti di bottiglie di plastica. Molti di questi contenuti ricevono molti commenti e like, diventando virali.

Quella di Trump su Gaza può essere quindi interpretata come una miscela inedita di propaganda e AI (slopaganda?). Come ha ricostruito il «Guardian», in realtà, il video originale era stato creato da un videomaker israelo-statunitense come “satira” dell’“idea megalomane” di Trump; ma nel momento in cui Trump stesso se ne è appropriato pubblicandolo  (senza citarne l’autore), è diventato parte del suo messaggio politico, della sua propaganda.

Il rapporto tra tecnologia, politica e propaganda ha ovviamente una lunga storia. Gli esempi più eclatanti sono lo sfruttamento di stampa e radio da parte dei regimi totalitari della prima metà del Novecento, o l’odierna censura presente online in paesi come Cina, il cui traffico web è protetto dal Golden Shield Project, un progetto di censura e di sorveglianza che blocca dati provenienti dai paesi stranieri ed è gestito direttamente dal Ministero di pubblica sicurezza cinese. Sandro Morachioli, docente di Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha raccontato come anche il grande successo delle caricature satiriche nei giornali della metà dell’Ottocento fu favorito da fattori tecnologici, in particolare la litografia e l’incisione su legno di testa.

“Il rapporto tra tecnologia, politica e propaganda ha ovviamente una lunga storia. Gli esempi più eclatanti sono lo sfruttamento di stampa e radio da parte dei regimi totalitari della prima metà del Novecento, o l’odierna censura presente online in paesi come Cina, il cui traffico web è protetto dal Golden Shield Project”.

È interessante notare come, in questo caso, siano politici e movimenti politici di estrema destra a sfruttare i contenuti sintetici a fini di propaganda o elettorali. Durante la campagna per le elezioni europee del 2024, ad esempio, la Lega Nord ha realizzato una campagna molto discussa. All’interno uno dei manifesti mostrava una donna barbuta incinta (chiaro riferimento al dibattito sulle persone transgender) accanto a una famiglia sorridente e caucasica. In un altro si vedeva un gruppo di uomini dalle fattezze musulmane dare fuoco a una copia de La divina commedia di Dante Alighieri, accanto al profilo del poeta. In tutti questi casi l’obiettivo era sottolineare il contrasto tra le politiche dell’Unione europea e la tradizione italiana; e in tutti i casi, si trattava di immagini generate con le intelligenze artificiali.

Leonardo Bianchi, giornalista esperto di estrema destra e autore della newsletter “Complotti!”, ritiene che le AI vengano impiegate dai politici sia per la loro comodità d’uso che per la rapidità di propagazione, specie su social come X e Truth Social, dove la moderazione dei contenuti è pressoché assente. Al tempo stesso, spiega, “l’IA permette di costruire una vera e propria estetica, nel senso che trasforma concetti e parole in immagini o video, e questo naturalmente ha un impatto diverso che il ‘vecchio’ manifesto con uno slogan scritto”. Un esempio sono le immagini generate dai sostenitori di Trump durante la scorsa campagna elettorale, in cui il candidato era circondato da giovani neri sorridenti, facendo intendere fosse molto popolare in quella fascia demografica. A rendere queste immagini più potenti di un’illustrazione o una caricatura è il loro realismo, e il rischio di essere scambiate per vere da alcune persone.

Valentina Tanni, storica dell’arte e autrice di Exit Reality e Memestetica, due saggi sull’estetica della cultura digitale editi da Not, nota come l’estrema destra sia diventata sempre più veloce a sfruttare le novità tecnologiche, soprattutto online: “In un certo senso, sta usando le immagini generate esattamente come in passato ha sfruttato la memetica”, ovvero per produrre “propaganda aggressiva, polarizzante e più interessata a diffondere il caos che a convincere le persone del valore di determinati ideali o dell’efficacia di certe scelte politiche”. Sin dal 2015-2016, con l’ascesa della alt-right statunitense, l’estrema destra si è dimostrata in grado di usare i memi e la cultura digitale a suo favore, spesso appropriandosi di contenuti (o di battaglie culturali come quella contro il politicamente corretto) per fare breccia su un pubblico iperconnesso e giovane.

Rimanendo in Europa, il partito che più si è distinto nello sfruttamento di questa tecnologia è Alternative für Deutschland (o AfD), l’ala dell’estrema destra tedesca. Basta visitarne il sito per trovare immagini generate con le AI che mostrano minatori, famiglie numerose e giovani studenti, tutti bianchi e sorridenti, simboli di un passato glorioso e idealizzato. Secondo Marcus Bösch, ricercatore dell’Università di Amburgo intervistato da «Politico», questi contenuti “funzionano come macchine per la nostalgia e amplificatori di cliché emozionali, con immagini che ricordano le estetiche del XIX e XX secolo”. Il richiamo a un passato glorioso e idealizzato, oltre che vago, è ben sintetizzato dallo slogan trumpiano “Make America Great Again”, la cui eco si ritrova nella nostalgia diffusa, in Europa, per decenni come gli anni Ottanta e Novanta.

Ma le AI possono servire anche a rappresentare i pericoli e i nemici della società tradizionale tedesca: “Nei profili social ufficiali (e ufficiosi) dell’AfD,” racconta Bianchi, “compaiono ex ministri della sanità in manette per il loro ruolo ‘tirannico’ durante la pandemia di Covid-19, orde minacciose di migranti nelle città, oppure persone di origine nordafricana messe su aerei di linea per realizzare il programma di ‘remigrazione’”.

Il fatto che questi strumenti siano così utilizzati da una parte politica rischia di rendere le immagini sintetiche parte integrante dell’estetica dell’estrema destra. Secondo alcuni, anzi, starebbe già succedendo. Lo scorso agosto, il giornalista dell’Atlantic Charlie Warzel ha definito il Partito Repubblicano statunitense “il partito dell’AI slop”. “Per quanto nessuna ideologia abbia un monopolio dell’arte fatta con le AI,” ha scritto, “l’aspetto a basso costo delle immagini generative sembra si stia fondendo con l’estetica amante dei meme del movimento MAGA”.

Anche la rivista di sinistra britannica «New Socialist» ha raccontato questa “nuova estetica del fascismo”, notando come l’aspetto freddo delle immagini generate giochi a favore di questi movimenti politici. Con questi strumenti, infatti, “si può produrre arte nel modo in cui piace ai conservatori: dipinti alla Thomas Kinkade, cartoni animati 3D senz’anima in stile DreamWorks, immagini prive di profondità che offrono solo l’interpretazione voluta dal loro creatore”.

Anche secondo Tanni “l’estetica che risulta dall’uso di default di questi generatori, caratterizzata da uno stile derivativo e spesso kitsch, ben si sposa con la retorica della destra contemporanea”. Queste tecnologie, inoltre, si basano sulla statistica per ottenere il risultato ritenuto più “giusto”, e tendono quindi ad adeguarsi alla media, allo stereotipo, risultando molto utili a questo tipo di comunicazione politica.

Nonostante i punti di contatto tra destra e brodaglia da AI, però, ritiene che si stia facendo confusione sull’argomento, specie quando si parla dello slop come fosse un movimento artistico: “Ho letto paragoni a dir poco azzardati con il Futurismo, il Surrealismo e altre correnti del Novecento”, forse dovuti all’uso del termine “AI art” che crea qualche fraintendimento. “L’alleanza che va individuata”, conclude, “non è tra arte e politica, ma tra industria tecnologica e politica”.

Pietro Minto

Pietro Minto è scrittore e giornalista. Dal 2014 cura una delle più diffuse newsletter italiane, «Link Molto Belli». Il suo ultimo libro è Cosa sognano le IA (UTET, 2024).

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