Cover Dicembre

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Il dono

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Ogni dono che riceviamo porta con sé una serie di interrogativi. Cosa significherà? Come dovremmo reagire? Ci aspettavamo di più?, di meno?, proprio niente? Lo stesso, a parti inverse, avviene quando a fare un dono siamo noi. Cosa vogliamo comunicare? Sarà gradito? Sarà abbastanza? Rispecchierà quello che proviamo, o almeno quello che dobbiamo dimostrare? Insomma, che la si viva da destinatari o da mittenti, alla consegna di un dono c’è sempre un istante in cui lasciamo entrare qualcosa di nuovo nella nostra vita, o spingiamo una parte di noi nella vita di un altro. Perché donare crea un legame, apre uno spazio e pretende – anche quando fingiamo di no – una risposta.

A dicembre, su Lucy, proveremo a indagare tutto questo. Racconteremo il dono come promessa e come consuetudine, come bella sorpresa e come delusione, come eredità e come salto nel vuoto. Lo cercheremo nei miti, nei gesti quotidiani, nelle dinamiche economiche, nei rapporti familiari, nella spiritualità. Nella gratitudine e nel debito. Nel desiderio di essere visti e nella paura di essere fraintesi.

Perché i doni ci definiscono: sono quello che offriamo, ma anche quello che accettiamo di prendere. E ci interrogano: cosa vogliamo di più? E cosa siamo disposti a lasciar andare?

Questo è il numero di dicembre di Lucy. Questo è Il dono.

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33

Famiglia

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Si pensa che la famiglia, baluardo di una supposta tradizione, sia immodificabile e sia sempre stata identica a se stessa o quasi. Ovviamente non è così: la famiglia è molto cambiata nel corso dei secoli e continua a cambiare. Solo che spesso è difficile accorgersene.

Oggi, nelle società occidentali, la tecnologia, i flussi migratori, i tassi demografici, la stagnazione economica, i grandi cambiamenti culturali contribuiscono a modificare la famiglia, il valore che le attribuiamo e i legami emotivi tra i suoi membri.

A questi cambiamenti, oggetto anche di una parte consistente della produzione letteraria e artistica contemporanea, è dedicato il nuovo numero di Lucy. Che cos’è oggi la famiglia? Cercheremo di scoprirlo assieme.

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32

Parola alla lingua

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Secondo Konrad Lorenz grazie al linguaggio “è sorta una comunanza, una comunanza del sapere e quindi del volere mai prima esistita”.

E lo stesso in fondo sostiene Lévinas secondo cui “Il linguaggio non si riferisce alla generalità dei concetti ma getta le basi di un possesso comune”.

Il numero di ottobre di Lucy è dedicato all’esplorazione dei linguaggi proprio perché è solo attraverso di essi che possiamo davvero conoscere i mondi a cui apparteniamo e quelli che creiamo.

Lo faremo a partire dall’uso che della lingua hanno fatto gli artisti, i modi in cui si è evoluta nel corso del tempo, i linguaggi di internet, quelli del sesso o della politica. Approfondiremo le grammatiche affettive e i dialetti, le parole che più ci appartengono e quelle che più ci influenzano: tutti gli umori di cui ci nutriamo, cioè, quando scegliamo di parlare o di scrivere.

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31

Metamorfosi

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La metamorfosi è un fluire che attraversa ogni aspetto della nostra vita: il corpo che cambia, le idee che si trasformano, il modo in cui raccontiamo noi stessi e il mondo. Da sempre filosofi e poeti hanno osservato questo divenire, consapevoli che nulla resta fermo, che ogni identità è fatta di passaggi e trasformazioni.

Le conversioni improvvise, le mode che segnano epoche, il viaggio interiore dei romanzi di formazione sono modi in cui la metamorfosi prende forma nelle nostre vite e nelle nostre narrazioni. Allo stesso tempo, la trasformazione si manifesta anche nelle tensioni del progresso: non tutto ciò che cambia è miglioramento, e spesso i mutamenti nel nostro rapporto con il corpo o con la morte raccontano le contraddizioni di un tempo complesso.

Questo numero si propone di indagare la metamorfosi come processo stratificato e ambivalente, fatto di acquisizioni e perdite, di continuità e rotture, riflettendo su come il cambiamento plasmi non solo ciò che siamo, ma anche il modo in cui pensiamo noi stessi e il mondo che abitiamo.

Questo è il numero di settembre di Lucy. Questo è il tempo della metamorfosi.

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30

Mari, monti e altri luoghi

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Il numero di Lucy d’agosto ha per titolo un tema che allude a un altrove: “Mari, monti e altri luoghi”. Abbiamo scelto la congiunzione “e” perché non vogliamo costringervi al trito bivio tra mare o montagna, città o campagna. In questo agosto di Lucy, c’è spazio per tutti: per chi parte, per chi resta – e pure per chi trova una terza via.

Durante l’estate lo spostarci tra mari e monti ci porta inevitabilmente a interrogarci sulla nostra presenza, sulla nostra solitudine, e magari a metterci in prospettiva al cospetto della natura da cui invece di solito fuggiamo nei mesi invernali. 

Per questo mese su Lucy cercheremo allora di andare oltre la superficie dell’acqua, di non rimanere ai piedi della cima, di non arrestarci al primo confine o sentiero interrotto. Autori e autrici ci parleranno di vette e spiagge, di isole remote o catene montuose impervie – oppure di paesi e città per guardarli, però, da una prospettiva nuova.

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29

Il respiro del mondo

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Respirare è la prima cosa che facciamo venendo al mondo e l’ultima quando lo lasciamo. In mezzo, dimentichiamo quanto sia essenziale. Come la Terra, che respira a modo suo: attraverso il vento, le stagioni, i mutamenti del cielo e della luce. È grazie a quei fenomeni che capiamo che il pianeta vive. E che il suo respiro ci precede.

Da sempre cerchiamo di capire la natura. Ma come si può comprendere davvero ciò che è casa, madre e figlia allo stesso tempo? La natura ci incanta, ci sfida, ci nutre. Ma non ci appartiene.

Col tempo, abbiamo trasformato doni in risorse, le dimore in paesaggi. E stiamo smettendo di cercare le stelle, che ci hanno guidato per millenni. Ma sotto le nostre città, il mondo continua a parlarci.

Gli antichi lo sentivano, e lo rispettavano. E oggi è il nostro turno. Perché la Terra non è solo lo spazio su cui “brevemente risplendiamo”, come scriveva Ocean Vuong, ma una presenza viva. Che, a sua volta, ci tiene in vita.

Questo è il numero di luglio di Lucy. Questo è Il respiro del mondo.

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28

Europa anno zero

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Oggi l’Europa è spaesata, incerta, in crisi. È una crisi economica, demografica, ambientale, politica – con l’estrema destra che cresce elettoralmente quasi dappertutto e rapporti complicati con gli Stati Uniti. È una crisi anche morale: troppo poco è stato fatto per fermare il genocidio di Gaza e molto è ancora da fare per evitare l’annessione dell’Ucraina ad opera della Russia. 

 

Proprio quando dovrebbe costruire ponti, l’Europa chiude i confini. E sembra incapace di perseguire con decisione obiettivi comuni, vittima degli interessi particolari dei singoli stati membri. 

 

Ma forse è proprio nella crisi – intesa come capacità di mettersi in discussione, di interrogarsi sul proprio ruolo all’interno di un mondo che cambia – che l’Europa può ricostruirsi. Ritornare alla filosofia, alla razionalità, alla compassione. Includere, aprirsi. Perché oggi, gli unici che sembrano vedere davvero le potenzialità dell’Europa sono quelli che vorrebbero farne parte e a cui è negata – o resa difficile – questa possibilità. 

 

Proveremo questo mese a fare luce sull’Europa, su cosa significa essere europei e su cosa l’Europa dovrebbe fare per non soccombere; è un tema, questo, che ci riguarda tutti.

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27

Di moda

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La moda è parola che penetra in italiano dal francese. Prima ancora viene dal latino “modus” (‘foggia, modo, maniera’).
È un aspetto su cui, più di quanto si creda, la letteratura ha iniziato a riflettere sin dagli albori, e soprattutto in ragione della sua transitorietà.
Giacomo Leopardi, in una delle sue Operette Morali forse più belle, fa dialogare in forma d’emblemi la Morte e la Moda.
Entrambe, nel corso della loro conversazione, si accorgono di somigliarsi più di quanto sembri. E d’altra parte in fondo all’operetta le due entità scoprono di avere la stessa madre, la caducità.
Qualcosa di non molto diverso, in fondo, diceva un secolo prima il giornalista e scrittore Leo Longanesi quando, nel discorrere di quest’argomento col consueto acume che egli possedeva nel maneggiare argomenti di costume, affermava laconico: “c’è una sola grande moda: la giovinezza.”

In ragione di questa natura effimera e transitoria spesso la letteratura ha snobbato la moda. E in effetti pochi scrittori, è il caso di Bret Easton Ellis, hanno avuto il coraggio di inserire marchi nei propri libri. Marchi che forse, in futuro, parleranno a pochi. Eppure è una sfida che la vale la pena provare cogliere.

Come scrive Bontempelli la moda non è solo un capriccio ma in essa “si cela qualche cosa di fugace, ma non perciò meno vero ed esatto, dell’anima collettiva ch’essa è destinata a rappresentare nella sua continuità”. È quello che proveremo a raccontare nel prossimo numero monografico di Lucy.

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26

Tradire

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Tradire viene dal latino tradere, ossia “consegnare ai nemici”. È il gesto che compie Giuda alle radici della nostra civiltà quando, assecondando le profezie, tradisce Gesù conducendolo ai suoi esecutori. Un gesto che ancora oggi ci affascina per il suo squilibrio. Trentatré denari per il figlio di Dio. Non è solo il prezzo a rendere assurdo il gesto, forse, ma il senso di autodistruzione che lo guida: il vile ma pur sempre coraggioso atto di partecipare alla storia.

Il nostro non è più il tempo di profeti e di imperi. Non sono molti i templi da dissacrare, gli idoli da truccare, i compagni a cui voltare le spalle.

Il tradimento, se resiste, lo fa magari in qualche retorica patriottarda dove l’enfasi, però, supera di misura la posta in gioco.

A farsi strada, tuttavia, esiste un diverso tradimento, più individuale e privato, più etico e meno morale e non è detto che le ragioni del biasimo superino oggi quelle dell’ammirazione da parte di chi vi assiste.

Del resto, in una fase poco incline alle condanne e più propensa alle sfumature, il poeta Giovanni Giudici scriveva:

“C’è più onore in tradire che in esser fedeli a metà”.

Tradire è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a capire chi sono oggi i traditori, quali sono i tradimenti, cosa significa tradire e, soprattutto, se un atto tanto grande è oggi, in fondo, ancora possibile.

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25

Maschere e volti

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La parola “maschera” è densa di significati, come dimostra la sua etimologia sfaccettata. Forse deriva dalla masca pre-indoeuropea, un volto annerito, uno spettro di fuliggine. In latino tardo, il termine designava le streghe, mentre in Piemonte le masche erano donne dai poteri arcani, tramandati in segreto. In antico tedesco e provenzale, la masca era lo stregone. Poi il significato si è spostato sposta: dalla strega che si cela al fantasma che si mostra per spaventare. Curioso: c’è chi usa la maschera per nascondersi e chi per rivelarsi. 

Il lato festoso delle maschere sembra derivare dall’arabo, dove maschara indicava la burla. Così, tra inganno e gioco, la maschera è divenuta simbolo di inquietudine e festa, di trasgressione e verità. L’arte, il teatro, la politica ne fanno uso per svelare ciò che a volto scoperto risulterebbe osceno. E nella vita quotidiana? Quando cambiamo atteggiamento tra lavoro, amicizie e famiglia, indossiamo maschere o stiamo solo mostrando frammenti del nostro volto autentico?

In questo mese del Carnevale, festa erede di riti arcaici, anche da Lucy le maschere sovvertono l’ordine per creare un nuovo equilibrio. È il momento in cui le identità si dissolvono nella collettività, Dioniso danza tra i vivi, e il confine tra reale e fantastico si assottiglia un attimo prima dell’arrivo della primavera, che rigenera il mondo. 

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Animali e noi

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C’è una parola che, a seconda del contesto e dell’interpretazione che le diamo, parla di noi e del contrario di noi. Quella parola è “animali”.

Noi umani siamo animali, anche se più di ogni altra cosa ci piace pensare di non esserlo. Ed è in questa curiosa forma di negazione che riveliamo la nostra vera natura. Ci commuoviamo per cani e gatti che ci hanno fatto compagnia abitando le nostre case, e nel frattempo mangiamo creature poco dissimili da quelle che ci sono accanto. Quando sono distanti, o in foto, o addirittura in gabbia, ammiriamo la grazia di volatili variopinti e piccoli predatori, salvo poi correre ai ripari se si riversano nelle città ed esercitano la libertà  di viverne gli spazi tanto quanto noi. Cerchiamo di preservare gli animali a rischio ricorrendo a tecniche assieme estreme e affascinanti come la clonazione, ma per salvare noi stessi usiamo i loro corpi per la sperimentazione.

Perché crediamo di avere il diritto di possedere, comandare, controllare, istruire, allevare, persino uccidere le specie diverse dalla nostra.

Questo desiderio di distinzione, di elevazione dalla natura, si manifesta in ogni ambito della nostra esistenza: dalle geometrie delle città – che allontanano i macelli ma accolgono la carne – agli sforzi individuali quotidiani tesi a reprimere gli istinti e le pulsioni più feroci, fino alla costruzione di strutture sociali volte a farci convivere gli uni accanto agli altri, senza ferirci.

Tutto, pur di non tornare a essere animali. 

E così il rapporto irrisolto che da sempre abbiamo con gli animali dice quasi tutto della nostra specie, del nostro stare al mondo, delle nostre idee e dei nostri orizzonti. Per questo, ciò che verrà davvero esplorato in questo numero di Lucy sono, in fondo,  gli esseri umani.

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23

Generazioni

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Il grande scrittore Gesualdo Bufalino sosteneva che “Nessuna ingratitudine è pari a quella di ciascuna generazione nei riguardi della precedente”.

Se forse è proprio grazie a questa ingratitudine e conflittualità che il confronto tra gli esseri umani è stato produttivo nel corso della Storia, non è sempre detto che qualcosa cambi in meglio.

Samuel Butler ha paragonato l’avvicendarsi delle generazioni al succedersi delle onde del mare.

La generazione precedente serve a preparare la successiva che, sosteneva lo scrittore inglese, “avanza con moto ondoso finché essa pure s’infrange”.

E quindi: il confronto tra generazioni è più simile a una spinta migliorativa o a un conflitto perenne destinato a farci soccombere? E ancora: quando smettiamo di percepirci come la generazione destinata a succedere e diventiamo quella che precede?

Generazioni è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a rispondere a questi interrogativi, a fare i conti con chi ci ha preceduto e a prepararci meglio per l’onda che è in arrivo alle nostre spalle.

 

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22

Devozione

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La parola devozione deriva dal latino “devovere”, ossia fare un voto. L’idea che siamo soliti associare alla devozione, però, non sta tanto nel gesto quanto nella continuità con cui lo si compie.

Nel corso della storia, in base al culto, sono mutati i modi in cui si era soliti dimostrare devozione: statue, ceri, cupole, sacrifici animali o umani. Eppure, sin dalla sua origine, dalla parola non si è staccato un senso: quello di atto perpetuo, ciclico e costante. 

Lucrezio Caro, poeta-filosofo latino, non credeva agli dèi, riteneva anzi che fossero la proiezione delle paure degli uomini. Ciò nonostante ambiva alla devozione che per lui coincideva con un stato di serenità.

 

È devozione quella con cui ogni giorno si estirpa la malerba da un giardino; è devozione l’ordine che vige nel tempio; devozione la fiducia che affidiamo, costanti, al nostro idolo artistico.

 

Devozione è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a capire cosa ci dà pace amare, cosa ammiriamo con immancabile costanza e, quindi, cosa è sacro per noi.

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21

Ascese e declini

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Il filosofo Søren Kierkegaard in Aut Aut scriveva che “Chi striscia sulla terra non è esposto a cadere tanto facilmente come chi sale sulle cime delle montagne”.
A rendere interessanti certe traiettorie c’è proprio il senso di precarietà che le guida: al successo e alla grandezza momentanea può corrispondere una discesa tanto più rovinosa. Dietro una grande opera d’arte può nascondersi un grande bluff e dietro una fase di felicità e ispirazione può celarsi il vuoto.
La nostra contemporaneità, così accelerata nei suoi saliscendi, ci ha ormai abituati ad altalene sempre più frenetiche davvero in ogni campo, in ogni carriera: l’arte, la fama, la politica, lo sport con il paradosso che, nel frattempo, le nostre vite si sono allungate. Ma anche il consumismo a cui siamo ormai assuefatti fa sì che un oggetto duri una stagione, che passi subito la moda, e che molti ritrovati fondamentali nel Novecento abbiano ormai perso di senso oggi.
Ascese e declini è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a capire cosa c’è dietro questo movimento incessante che fa ondeggiare l’altalena e cosa sta risalendo la montagna un attimo prima di crollare.

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20

La testa a posto

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Mai come in questi ultimi anni, complice la pandemia, la salute mentale è stata oggetto di dibattito. Il clima culturale è cambiato e ha portato non solo a una maggiore consapevolezza sul tema, ma anche alla graduale remissione di un tabù, facendo sì che un numero sempre più ampio di persone, finalmente, ammettesse (o riconoscesse) il proprio disagio.

Il nesso che già gli antichi avevano tracciato tra salute della mente e salute del corpo ha trovato oggi nuove e sempre più convincenti conferme. Il filosofo Mark Fisher, per esempio, aveva notato come “la chimico-biologizzazione dei disturbi mentali”, propria della nostra società, fosse proporzionale alla loro “depoliticizzazione”. Insomma, secondo Fisher per comprendere la condizione delle nostre menti occorre guardare fuori.

È quello che proviamo a fare con La testa a posto, il nuovo numero di Lucy. Attraverso i contributi di cui si compone, ci siamo interrogati su ciò che ci fa sta stare male o bene, provando a perderci nel gioco di specchi fra caos interiore ed esteriore – con la speranza di risolvere entramb

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19

Lavorare cambia

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Quando nel 1936 esce la raccolta di poesie Lavorare stanca, nemmeno il suo autore, Cesare Pavese, avrebbe potuto immaginare che quel titolo sarebbe stato destinato a grande successo, tanto da diventare un luogo comune. 

Da allora, il lavoro non si è fatto meno stancante, anzi; ha ottenuto una centralità ancora maggiore nelle nostre vite. Il Sessantotto, le grandi lotte sindacali, il “benessere” degli anni Ottanta, le crisi economiche, la disoccupazione, la rivoluzione digitale sono solo alcune fasi del rapporto complesso e in continuo mutamento che abbiamo col lavoro, capace di incidere su di noi fino a cambiarci. Oggi, che si parla tanto di grandi dimissioni e quiet quitting, come guardiamo al lavoro e cosa cerchiamo in esso?

Lavorare cambia è il nuovo numero di Lucy che affronta un tema destinato a metterci a contatto con l’ineguaglianza, l’ingiustizia, ma anche con i nostri desideri e ambizioni.

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18

L’estate affollata

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Robert Louis Stevenson, già nell’Ottocento, definiva il turismo “l’arte della delusione”. Nel tempo l’umanità ha perfezionato quest’arte approdando su atolli solitari (che conoscono tutti) e scalando eremi isolatissimi (di cui molti, però, hanno raggiunto la cima). Oggi, che è più semplice viaggiare, il turismo sembra essere diventato più faticoso e meno sorprendente: il suo impatto sull’ambiente, sulle comunità e sulle economie locali è enorme e spesso deleterio. Dovremmo smettere di viaggiare? Farlo in modo più sostenibile? Cosa siamo venuti a fare, lontano da casa? L’estate affollata è il nuovo numero di Lucy, quello in cui ci chiediamo come cambierà il turismo e cosa ci spinge a partire tutti per gli stessi luoghi.

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17

Potere

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Secondo Elias Canetti, il potere dà alla testa a tutti, anche a chi non ne possiede. Eppure, se è semplice individuare chi vuole essere potente, sempre più complesso è diventato individuare chi è potente davvero. Cercare di capirlo è utile anche per problematizzare il potere, per esprimere critiche nei confronti di chi lo esercita e per cercare di correggere le storture che provoca. “Potere” è il nuovo numero di Lucy: quello in cui proviamo a indagare chi c’è davvero dietro quello che facciamo, da cosa siamo animati ma, soprattutto, cosa possiamo fare – oggi e nel futuro.

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16

Il desiderio ha molti nomi

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Per Goffredo Parise la mancanza di desideri segnava la fine della gioventù.
Da quando le nostre vite si sono allungate, però, sembra che non si smetta mai davvero di desiderare. Ma cosa desiderare in un mondo che, almeno a parole, ci suggerisce che che tutto ciò che vogliamo può essere, potenzialmente, nostro?
Il desiderio ha molti nomi è il nuovo numero di Lucy, quello in cui proviamo a raccontare le molte forme che hanno assunto nel tempo le nostre aspirazioni per tentare, finalmente, di fare i conti con ciò che ci tiene vivi.

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Il senso del cibo

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Già nell’Ottocento il filosofo Ludwig Feuerbach, rifacendosi a un motto popolare, affermava: “Siamo ciò che mangiamo”. Diversi studi hanno poi confermato questa intuizione dimostrando come il cibo non influenzi soltanto il corpo, ma anche il nostro modo di pensare.

Il cibo è sempre stato al centro delle nostre vite: già da piccioli condiziona le nostre paure e plasma i nostri desideri, e il significato che abbiamo dato a certi ingredienti, certi sapori, non ci abbandona mai.

È forse per questo che non smettiamo di cercarlo.

Ma oggi cercare il senso del cibo significa provare a capire meglio il mondo – e noi stessi.

Il senso del cibo è il nuovo numero di Lucy che esplora il nostro rapporto con il cibo, interrogandosi su cosa mangeremo in futuro e su quello che invece è già parte del nostro modo di nutrirci e, dunque, di essere.

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14

Corpi estranei

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Da sempre l’essere umano ha un rapporto ambivalente col proprio corpo. Se gli antichi ritenevano un corpo in salute la condizione unica per il benessere mentale, il Medioevo ha martoriato i corpi percependoli come inutili zavorre per la propria anima. Oggi il corpo sembra essere diventato un tempio da curare e venerare, ma di questo culto, tra palestra, chirurgia, filtri social, sembriamo ignorare la vera natura. Il corpo è ancora, in parte, un mistero.

Nel nuovo numero di Lucy, “Corpi estranei”, proviamo a fare davvero i conti con la parte più esposta e ingombrante di noi stessi.

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Ciao maschio

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Oggi, che le pensatrici femministe più radicali vorrebbero disfarsi dei generi, molte delle pose e delle costruzioni associate alla mascolinità continuano a sopravvivere: machismo, ruoli predeterminati, violenza sulle donne in varie forme. La questione va affrontata con urgenza: servono nuovi modelli, nuove relazioni tra i generi e soprattutto una spietata autocritica da parte degli uomini che, sollecitati dalle molte riflessioni prodotte dalle donne a vari livelli, devono dire addio al maschio tossico che sopravvive in loro. Ciao maschio è il nuovo numero di Lucy, dove si racconta come sta cambiando l’uomo e come invece è rimasto uguale a se stesso nella prospettiva delle donne, nella speranza di un superamento finalmente decisivo.

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12

Di cosa hai paura?

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Anche persone molto diverse tra loro hanno spesso reazioni simili di fronte alle paure.
C’è chi ne fugge, chi ci convive (più o meno volentieri) e chi, come da precetto buddista, le paure le attraversa in prove di coraggio o distacco.
Da un po’ di tempo, però, abbiamo anche iniziato a riconoscerci nelle nostre paure, a identificarci nelle nostre fobie, persino a definirci attraverso le nostre angosce.

Di cosa hai paura? è il nuovo numero di Lucy, quello in cui tentiamo di capire cosa ci spaventa davvero e, magari, anche cosa ci fa paura di noi.

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11

Diventare bambini

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Da sempre l’essere umano ha provato ad allontanarsi dal sé bambino. Cerchiamo di superare l’infanzia con prove di abilità o coraggio, raccontiamo quel passaggio nelle nostre storie di formazione. Eppure, c’è qualcosa di inaccessibile, in ciò che siamo stati, che ci rende impossibile recidere quel vincolo – forse perché siamo i primi a non volerlo.

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10

La percezione delle cose

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La nostra percezione delle cose è sempre più il metro attraverso cui siamo soliti leggere i fenomeni; la nostra coscienza è il solo luogo in cui stare, a cui tornare. Eppure, l’avvio delle intelligenze artificiali, i nuovi studi sugli animali, l’ingresso di nuove soggettività nel dibattito, stanno dimostrando come ogni sguardo o ricordo sia parziale, limitato, alterabile. Resta da fare ciò che immaginava William Blake: “Se si pulissero le porte della percezione,  ogni cosa apparirebbe all’uomo come essa veramente è, infinita”.

La percezione delle cose è il decimo numero di Lucy, che esplora le nostre prese di coscienza sull’esterno per comprendere se possiamo fidarci di noi stessi o se invece è ancora il tempo di affinare lo sguardo.

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9

Perdere il controllo

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La perdita del controllo è immediatamente associata all’incapacità di dominare i propri istinti: è quindi giudicata negativamente. Se è giusto non incoraggiarla in alcuni contesti e cercare di scongiurarla in altri, a volte può avere però valore positivo: è rimozione di complessi e condizionamenti, è abbandono a un ritmo e fiducia nell’altro, è il riconoscimento di un limite, da superare o meno. Nel controllo e nella sua mancanza si intrecciano dimensione privata e collettiva e si scrive anche il nostro futuro.

Perdere il controllo è il nono numero di Lucy, che esplora il caos in cui siamo immersi per cercare di capire se è meglio dominarlo o abbracciarlo.

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8

Autunno caldo

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Proteste di piazza, tensioni sindacali, la nascita di nuovi movimenti politici extraparlamentari: l’autunno del 1969 è ricordato in Italia come “Autunno caldo”. Oggi che lo scenario politico, sociale e soprattutto ambientale è profondamente mutato, le prospettive sembrano essere però egualmente incendiarie. Saremo in grado di affrontare le sfide che ci attendono o ci mancano gli strumenti anche solo per analizzarne la complessità?

 

Autunno caldo è l’ottavo numero di Lucy, dove ci si chiede quanto sarà incandescente il mondo che abiteremo.

 

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7

Le città invivibili

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Da anni ormai la popolazione urbana ha superato quella rurale. Nelle città si concentrano potere economico, politico, culturale. Le città cambiano e, con loro, anche le nostre abitudini, le nostre aspettative e la qualità delle nostre vite. Un dubbio: ma se stessero cambiando in peggio? Le città invivibili è il settimo numero di Lucy, dove si esplorano le città del mondo e si cerca di capire come le abiteremo. 

 

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6

La messa in scena

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Relazionarci con l’altro (e con noi stessi) ci porta spesso a celare qualcosa, enfatizzare altro, dissimulare. Perché non possiamo fare a meno di metterci in scena? 

La messa in scena è il tema del sesto numero di Lucy e cerca di raccontare perché ci rappresentiamo.

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5

L’invenzione della mente

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Oggetto di riflessione filosofica, neuroscientifica, biologica e antropologica, la mente è però ancora un mistero. 

Come funziona quella umana? E quella di altre specie? 

Oggi, parte di quello che sappiamo, è forse destinato a essere superato. 

L’invenzione della mente, tema del quinto numero di Lucy, racconta come abbiamo cercato di definire quello che ci definisce davvero. 

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4

Ho fatto un sogno

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Il sogno è una magia che tutti abbiamo sperimentato e che, da sempre, indaghiamo per carpirne l’essenza.

Nel sogno cerchiamo indizi sul nostro futuro, rivelazioni, un dialogo con chi non c’è più e con l’altrove.

È nel sogno che torniamo bambini ed è nel sogno che diventiamo adulti.

Ho fatto un sogno è il tema del quarto numero di Lucy e racconta quello spazio liminale dove le nostre paure prendono forma e dove impariamo a conoscerci meglio. 

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3

L’amore è un’altra cosa

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L’amore è difficile da riconoscere, elaborare, raccontare; ha tante sfumature, cambia col tempo e ci rende diversi – a volte anche irriconoscibili a noi stessi.

Quindi, che cos’è l’amore? È più facile forse dire che cosa non è. 

L’amore è un’altra cosa è il tema del terzo numero di Lucy e parla di un sentimento che ci è molto familiare e allo stesso tempo ci è alieno.

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2

L’impossibile possibile

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Ci sono cose che non dovrebbero succedere e che invece succedono; altre che non sembravano possibili ma sono già realtà; scoperte che parevano impensabili ma che oggi non lo sono più.

L’impossibile possibile è il tema del secondo numero di Lucy e racconta degli scenari bizzarri e imprevedibili in cui siamo immersi.

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Quello che non so di te

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Quello che non so di te è il primo numero di Lucy ed esplora limiti e possibilità della conoscenza. 

Perché spesso a definirci non è quello che sappiamo, ma quello che ignoriamo e che cerchiamo di scoprire. 

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