Pimpa amica del mondo - Lucy
articolo

Alice Sagrati

Pimpa amica del mondo

19 Marzo 2025

Compie 50 anni la cagnolina rossa di Altan, il cui universo morbido e colorato è ancora il migliore possibile.

Quando da bambini, a scuola, la maestra ci chiedeva di disegnare una casa, la facevamo così: un piccolo quadrato sormontato da un triangolo un po’ irregolare, rosso il tetto, azzurre le finestrelle. Quella nostra fantasia stilizzata, morbida e bidimensionale è la stessa che muove la mano di Altan nelle sue vignette per bimbi e bimbe. La sigla della prima serie tv sulla Pimpa inizia proprio così, con l’immagine di una casetta deliziosa in una piccola vallata verde. Da questa casetta fa capolino una cagnolina bianca a pois rossi, che – la lingua di fuori, lo sguardo vispo – schizza fuori e corre rapida sulla collina. Proprio quando è arrivata in cima, Armando, un uomo baffuto con una grande cravatta rosa, si affaccia dalla porta e la richiama. La cagnolina torna pazientemente indietro, l’uomo le porge un cappello arancione con un pon pon sopra, lei se lo infila, dà un dolce bacio ad Armando e poi riparte. La camera stringe ancora su di lei, Pimpa rompe la quarta parete, ci fa l’occhiolino. È pronta per una nuova avventura. 

Il personaggio della Pimpa nasce un po’ per caso un po’ per fortuna dalla mente di Francesco Tullio-Altan per “fare compagnia” alla figlia Francesca detta Kika prima di andare a dormire. Il nome Pimpa lo rubano a una cugina che sbagliava a pronunciare la parola “bimba” e finiva sempre per dire “pimpa, pimpa”. È impossibile non pensare a Gianni Rodari e ai suoi errori creativi, a quando scriveva nella sua Grammatica della Fantasia: “Sbagliando s’impara è un vecchio proverbio. Il nuovo potrebbe dire che sbagliando s’inventa”. Dopotutto la Fantastica, la disciplina che studia i meccanismi creativi legati alla fantasia, funziona così: nasce dall’imprevisto, dalla capacità di attivare il proprio sguardo sugli scarti della realtà. Rodari e Altan lavoreranno insieme per molti anni, il fumettista illustrerà la maggior parte dei suoi libri editi da Einaudi Ragazzi con gli stessi tratti malleabili, colori cangianti e gli sguardi curiosi.

La prima storia della Pimpa esce il 13 luglio 1975 sul Corriere dei Piccoli e si intitola Pimpa e la luna e fa già intuire l’impostazione delle strisce future. Pochissime vignette, frasi semplici e dirette: “è bella la notte” dice Pimpa, “la notte è fatta per dormire” ribatte Armando, ma nell’ultimo disegno vediamo Pimpa seduta sul suo letto a guardare incantata la luna fuori dalla finestra. Pimpa è curiosa, allegra, vuole conoscere il mondo intorno a sé. Ogni vignetta ha la stessa struttura: Pimpa e Armando fanno colazione insieme, qualche raccomandazione, poi Pimpa si avventura nel mondo (ma anche nell’universo o al centro della terra), poi si rincontrano per cena e Pimpa racconta cosa è successo durante la sua giornata. È sempre qualcosa che ha dell’incredibile. Armando è nato insieme alla Pimpa, è padre, amico e padrone e “si comporta, secondo me, come un genitore dovrebbe comportarsi sempre: far fare tutto quello che la Pimpa vuole, sorvegliandola da lontano senza intromettersi, e poi facendo finta di credere alle cose che lei gli racconta. Che, però, forse, sono anche vere” dice Altan. 

Il fascino di Pimpa è proprio nel suo approccio unico alla realtà che la circonda: tazze, bicchieri, poltrone, tende, il burro e il pane, i fiori d’arancio come il sole parlano. È un mondo in cui ogni cosa – viva o animata – ha una propria voce e una propria identità. Questo universo in cui tutto può parlare e interagire è una rappresentazione perfetta di un animismo infantile, in cui l’oggettività si trasforma in soggettività attraverso lo sguardo curioso e attento della protagonista. Come sottolineato dallo stesso Altan: “Pimpa pone domande e ciò che fino a quel momento era chiuso in una silenziosa identità, improvvisamente acquista parola e comincia a parlare”. Gli oggetti si risvegliano grazie allo sguardo attivo della Pimpa, lo stesso che avevamo noi da bambini: chi è che non parlava con gli oggetti di casa? chi è che non dava nomi propri alle cose intorno a sé? c’è chi lo fa ancora, scrive Shirley Jackson: “Sono convinta che la piastra per le cialde, se non viene tenuta sotto controllo, strangolerà il tostapane, e che l’elettricità emanata dalle prese di corrente ti si riverserà sulla testa; niente riuscirà a farmi cambiare idea”. Il materiale per l’accesso a un mondo fantastico è già tutto intorno a noi, c’è solo bisogno di fare quello scarto di cui parlava Rodari.

“Quando da bambini, a scuola, la maestra ci chiedeva di disegnare una casa, la facevamo così: un piccolo quadrato sormontato da un triangolo un po’ irregolare, rosso il tetto, azzurre le finestrelle”.

Pimpa è circondata da tanti amici, alcuni ricorrenti (la gatta Rosita, Coniglietto e i piccolini, il cagnolino blu Tito, Colombino e lo Zio Gastone) e altri che incontra nelle singole avventure. Il suo rapporto con l’ambiente e tutti gli altri personaggi esprime quello che Giovanna Zoboli definisce un “mondo gentile”, dove ogni problema è risolto con semplicità: “Se qualcuno ha freddo, lo si riscalda; se ha fame, lo si nutre; se ha sonno, gli si prepara un letto; se ha voglia di parlare, lo si ascolta; se vuol compagnia, lo si accompagna; se ha paura, lo si conforta. È un universo gentile, dove le cose si prendono cura le une delle altre e che funziona grazie a questa intima e diffusa intelligenza che lega tutte le cose fra loro in mirabile equilibrio”. Anche se le storie raccontate sono estremamente semplici e comprensibili per i bambini, la narrazione non scade mai nel didascalico e anzi tiene sempre un tono naturalmente surreale. Tutte le storie della Pimpa non nascono dal classico incidente scatenante che porta a un conflitto, ma da quella che potremmo chiamare una “curiosità scatenante” che porta sempre alla scoperta di qualcosa di nuovo. Come racconta Altan: “La Pimpa è amica del mondo: di Armando, del sole, della luna. È una condizione insita nel personaggio. Il mondo in cui vive è senza conflitti, da scoprire e l’unico adulto che incontriamo è Armando, che è una garanzia per la sua libertà”.

Nel 1983 la Pimpa appare per la prima volta in televisione. La serie è composta da ventisei episodi da soli cinque minuti l’uno e vengono trasmessi inizialmente all’interno del programma Tandem. La prima puntata si intitola “Arriva la primavera” ed è un esempio di come un’animazione molto semplice, ricalcando perfettamente le vignette di Altan, riesce a mantenere un tono completamente surreale. In ordine vediamo: alberi che fanno ginnastica e poi si fanno la doccia (grazie a una nuvola gentile!), una mela che fa una gara di corsa e le spuntano quattro belle ruote per correre meglio, la trasformazione di un bruco in una farfalla colorata. C’è persino una brevissima scena psichedelica, nella quale la Pimpa guarda incantata la bellissima farfalla, le sue pupille si trasformano in cerchi concentrici, lo sfondo si riempie gradualmente di un rosa intenso. Nell’ultima immagine Pimpa vola in cielo sopra la mela trasportata dalla farfalla. Tutte le puntate della serie saranno simili, brevi avventure surreali animate dall’occhio attento ed essenzialista di Osvaldo Cavandoli, ideatore di La linea, e reduce dalla lunghissima esperienza a Carosello. 

Da lì in poi la Pimpa diventerà un nuovo classico per i bambini e le bambine e ogni decennio avrà la propria Pimpa. La seconda stagione si intitola Le nuove avventure della Pimpa e viene affidata a Enzo D’Alò, fresco dell’esperienza dell’amatissima Freccia Azzurra (tratto dal racconto di Gianni Rodari, ritorna l’incontro tra i due autori) e soprattutto animatore del cortometraggio su Kamillo Kromo, il mitico camaleonte rosso disegnato sempre da Altan. In questa nuova stagione, l’impostazione visiva e la narrazione rimangono le stesse ma i colori si accendono, il tratto si fa più preciso, i contorni più definiti, la sigla più lunga. D’Alò riesce a mantenere il tono fantastico: nella prima puntata intitolata “In India con il tappeto volante” vediamo un serpente a sonagli uscire dalla televisione che sta guardando la Pimpa e diventare il suo compagno di avventure, un tappeto imparare a volare, un mammut non essersi mai estinto. La serie esce nel 1997, in un periodo storico in cui c’è grande attenzione per l’animazione d’autore. Lo studio torinese Lanterna magica, nel quale lavora D’Alò, è tra i produttori della Pimpa e di alcune delle animazioni più importanti degli anni successivi come La gabbianella e il gatto o la sigla della primissima Melevisione

Negli ultimi anni il personaggio di Pimpa è tornato sia in televisione (sono state prodotte altre due stagioni, la prima nel 2010 e la seconda nel 2015 con la regia di Altan) che sui social, soprattutto su Instagram: sull’account @pimpa_official viene pubblicata, dal 2020, una vignetta al giorno. Come aveva già notato Anna Ferri, da lì in poi proliferano immagini della Pimpa ovunque, molto spesso decontestualizzate, détournement che la rendono un’icona post-marxista, quindi meme per la causa gkn, per un approccio femminista intersezionale, pro palestina; ma anche risignificazioni più intime e sognanti. Sotto i vari post ci sono solo commenti di amore, la Pimpa non ha haters, perché come sottolineano vari utenti “Noi come la Pimpa”. È semplice immedesimarsi nelle sue avventure. La Pimpa è come noi, o meglio, è come vorremmo essere, perché la sua è una vita senza lavoro, senza sfruttamento, in armonia con la sua comunità sempre in espansione, e l’unica cosa che sembra produrre è l’esperienza stessa della realtà. Una cagnolina che zampetta in un tempo liberato e conseguentemente anti-capitalista. Quando hanno chiesto ad Altan come riesce a trattenere insieme due mondi così diversi (quello della Pimpa e quello di Cipputi, il suo cinico uomo comune) ha risposto che il mondo di Cipputi è com’è nella realtà, il mondo della Pimpa è come dovrebbe essere. Allora per forza “noi come la Pimpa”, perché la Pimpa riesce a fare un gesto di risignificazione fantastica in cui il mondo prende una forma diversa, più giusta per tutti e tutte. 

“La Pimpa è stata inventata cinquant’anni fa ma non ha cinquant’anni: ogni mattina è pronta per una nuova avventura”.

Sul sito ufficiale della Pimpa ci sono tanti modi per esplorare il mondo della cagnolina: giochi e attività, le guide della città, le biografie dettagliate dei personaggi e una nuova sezione “Pimpa50”, nella quale si possono seguire tutte le iniziative in giro per l’Italia. Il 30 marzo inaugura la mostra ufficiale alla Biblioteca Salaborsa di Bologna e ci sarà una proiezione speciale al Cinema Modernissimo con la presenza di Altan. 

La Pimpa è stata inventata cinquant’anni fa ma non ha cinquant’anni: ogni mattina è pronta per una nuova avventura, Armando non ha nessun capello bianco, Tito è sempre piccolo, la sveglia sul comodino segna sempre la stessa ora, che è quella dell’infanzia. Un tempo, un luogo, una postura nel mondo con la quale ci si può guardare curiosamente intorno, si può chiedere “cosa c’è da mangiare” al proprio frigo, si può osservare il rapporto tra le proprie scarpe (certi lunedì la sinistra sembra arrabbiata con la destra), si può chiedere scusa alla porta se si sbatte troppo violentemente, si può leggere una storia della Pimpa prima di andare a letto.  

Allora non possiamo altro che augurarti: buon compleanno Pimpa! E grazie per la compagnia!

L’immagine appartiene a ©Altan / Quipos, che ringraziamo per la gentile concessione.

Alice Sagrati

Alice Sagrati è autrice e sceneggiatrice. Scrive per diverse riviste e ha fondato «Rivista Stanca».

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