Quand’è che siamo diventati tutti complottisti? - Lucy sulla cultura
articolo

Roberto Paura

Quand’è che siamo diventati tutti complottisti?

La teoria del complotto è un tratto così tipico della contemporaneità che sono in molti a ritenerla un’invenzione del nostro tempo. In realtà i complottismi hanno una storia di lungo corso che affonda le radici nel Settecento e, dopo vari rivolgimenti e colpi di scena, si è evoluta fino a oggi.

E se tutto ciò a cui abbiamo creduto finora non fosse che una menzogna, anzi meglio, il frutto di una cospirazione? Questo sospetto, che sembra essere diventato mainstream nel XXI secolo, è vecchio invece di almeno trecento anni. Lo avanzò tra i primi, verso la fine del Settecento, un predicatore protestante, docente a Lipsia di filologia ecclesiastica, che si chiamava Karl Friedrich Bahrdt. Intorno a quegli anni Bahrdt, allora trentenne, perse la fede: i suoi studi sui vangeli lo avevano convinto che tutta la vita di Gesù era stata il frutto di una cospirazione. Espose le sue idee in undici volumi, sotto il titolo Esposizione del disegno e dello scopo di Gesù (1784). Il complotto era stato ordito da Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, i discepoli “nascosti” di Gesù membri del Sinedrio che in realtà appartenevano alla setta degli Esseni. Gli Esseni, secondo Bahrdt, avrebbero avuto esponenti in tutta l’alta società della Palestina di allora, con un preciso obiettivo: mettere fine alle attese apocalittiche che scuotevano l’ebraismo del Secondo Tempio e il proliferare di falsi messia, favorendo l’elevazione della religione verso un piano spirituale superiore. Per riuscirci, occorreva trovare un finto messia il cui fallimento fosse tanto plateale da scoraggiare chiunque dal riprovarci: Gesù. Indottrinato dagli Esseni alla sapienza di Socrate e Platone, spinto a disprezzare il giudaismo della sua epoca, addestrato da medici persiani a guarire le malattie agli occhi e le nevrosi, Gesù mette in scena con i suoi complici i miracoli più improbabili: per ottenere la moltiplicazione del pane, i cospiratori ammucchiano in una caverna segreta grandi quantità di pane che poi passano di nascosto a Gesù, che lo fa distribuire ai discepoli; per camminare sulle acque viene fornito di una trave galleggiante, una sorta di tavola da surf ante-litteram; le resurrezioni sono compiute su casi evidenti di morte apparente. Intorno a Gesù nasce un ordine composto da tre gradi: i battezzati, i discepoli e gli eletti. Solo questi ultimi, ovviamente, sono a conoscenza del vero piano: la crocifissione non è che una montatura, Gesù viene calato dalla croce prima di spirare e guarito dai rimedi del medico Luca, resta per tre giorni nel sepolcro per poi fare la sua uscita drammatica quando si riprende. Dalla grotta segreta dell’ordine dove si stabilisce, farà ancora qualche ulteriore apparizione, l’ultima a Paolo sulla via di Damasco, per poi vivere il resto della sua esistenza in clandestinità.

Il complotto non doveva comunque essere andato per il verso giusto, se nei secoli successivi intorno alla pretesa messianica di Gesù andò costruendosi la più grande religione del mondo. Ma per Bahrdt, l’intera storia serviva a giustificare una società segreta che aveva nel frattempo fondato ad Halle, in Sassonia, col nome di Unione Tedesca. Scopo di tale società doveva essere quello di abbattere l’impostura religiosa e realizzare il programma degli Esseni, di cui il vangelo di Giovanni rappresentava la principale espressione in seno al cristianesimo: una religione fondata sulla morale in grado di elevare i suoi adepti a livelli superiori di conoscenza. Era una idea di moda nella Germania di quegli anni. A portarla avanti era tutto un sottobosco di logge occulte e società segrete che, al di là delle differenze di rituali, statuti e gradi, si riconosceva sotto il più generico nome di massoneria. 

“Il nostro mondo è minato da passaggi sotterranei”

La massoneria fu un fenomeno rilevante e di moda nel Settecento. Era sorta, nella sua forma moderna, agli inizi del secolo in Inghilterra, diffondendosi rapidamente in tutta Europa. All’interno delle logge, i massoni inglesi potevano portare avanti con più disinvoltura i loro discorsi deisti a favore di una generica “religione naturale”, dotandosi di fantasiosi miti di fondazione che facevano discendere le origini della massoneria nientemeno che ad Adamo. Il loro modello era quello della Royal Society, una società di filosofi naturali fondata nel 1660 che non era segreta, certo, ma che riteneva necessaria una certa riservatezza nella circolazione delle nuove scoperte, nella convinzione che andassero condivise solo tra “iniziati”. A sua volta la Royal Society si ispirava a una misteriosa società segreta con cui in molti, nel corso del Seicento, avevano sperato di entrare in contatto (tra gli altri anche Cartesio), senza mai riuscirci: la confraternita dei Rosa-Croce. 

Divulgata in Germania per tramite di manifesti e pamphlet anonimi, la leggenda dei Rosa-Croce solleticava l’immaginazione di quanti si attendevano l’imminente tramonto dell’epoca delle imposture religiose e l’avvento di un’era nuova basata sulla rivelazione dell’antica e dimenticata saggezza, la prisca theologia, come veniva chiamata nel Rinascimento. Una società segreta per abbattere il complotto dei Tre Impostori, come li definiva un celebre trattato che circolò molto tra Sei e Settecento: Mosè, Gesù, Maometto, ciascuno dei quali aveva abusato della credulità dei contemporanei per instaurare un regime politico prima che spirituale, portato avanti nei secoli da astuti ministranti per conservare il loro potere sulle masse. Da un complotto erano nate le grandi religioni organizzate; solo un complotto di segno opposto avrebbe potuto rovesciarle.

Era questa l’idea di Bahrdt, condivisa in quegli anni con molti altri suoi conterranei. La sua Unione Tedesca includeva infatti numerosi esponenti di una società segreta destinata a ben maggiore notorietà: quella degli Illuminati. Quando l’aveva fondata a Ingolstadt, in Baviera, nel 1776, Adam Weishaupt aveva le idee chiare: occorreva creare un’organizzazione che potesse contrastare il grande complotto dei Gesuiti, ai quali Weishaupt attribuiva la perdita della sua cattedra universitaria. Scrisse Umberto Eco in un suo saggio, La forza del falso: “Perché ritenere assurda la credenza nella cospirazione e nel complotto, quando ancor oggi viene usata per spiegare il fallimento delle proprie azioni, o il fatto che gli eventi abbiano preso una piega diversa da quella voluta?”. Così fu per Weishaupt, che non trovò nulla di meglio che attribuire i propri insuccessi accademici a un complotto su larga scala per infiltrarsi nelle istituzioni politiche di tutta Europa e controllarle, al fine di conservare il potere della Chiesa in un secolo di crescente secolarizzazione. 

La Compagnia di Gesù era stata formalmente soppressa tre anni prima dal papa, dopo che le corti di mezza europea ne avevano già espulso i rappresentanti, accusati di eccessiva interferenza politica. Ma Weishaupt e gli Illuminati non credevano che se ne fossero andati davvero: anzi, probabilmente i Gesuiti si erano infiltrati nelle logge massoniche per controllarle e portare avanti attraverso di esse il loro piano segreto, qualunque esso fosse. Un’autentica paranoia anti-gesuitica si diffuse per il continente. I massoni tedeschi, in particolare, erano atterriti dalle strane correnti filo-cattoliche all’interno delle logge. Uno dei principali esponenti degli Illuminati, Christoph Bode, fanatico protestante, pubblicò nel 1781 uno scritto nel quale sostenne che la massoneria stessa sarebbe stata fondata dai Gesuiti in Inghilterra per contrastare la diffusione del protestantesimo, sostenendo la causa dei cattolici Stuart e nascondendo dietro i diversi gradi iniziatici delle logge i loro piani eversivi. Gli Illuminati dovevano mettere un freno a tutto ciò, assumendo il controllo di tutte le logge massoniche per estirparne i cripto-gesuiti che Bode e i suoi vedevano ovunque: a un certo punto il barone Adolph von Knigge, il vero artefice del successo degli Illuminati, arrivò a sospettare che lo stesso Weishaupt fosse in realtà un gesuita, che aveva fondato la setta al solo scopo di screditare l’illuminismo razionalista. La paranoia era al parossismo. Goethe, massone di lungo corso, scrisse al suo confratello Lavater nel 1781 una lettera rivelatoria:

“Ho dei sospetti, per non dire delle certezze, su una gran massa di menzogne che striscia nell’oscurità e di cui Tu non sembri aver ancora alcun presentimento. Credimi, il nostro mondo morale e politico è minato da passaggi sotterranei, cavità e cloache come una grande città, mentre nessuno pensa e riflette alle condizioni e alla situazione dei suoi abitanti. Eppure a chi ne sa qualche cosa apparirà molto più comprensibile perché qua improvvisamente la terra sprofondi, mentre là s’innalza da una gola una colonna di fumo e ancora qui si odono voci misteriose”.

“Si è molto vicini a credere a tutto quando non si crede a niente”

Non c’è da meravigliarsi che la cospirazione di Weishaupt ebbe vita breve: già nel 1783 Carlo Teodoro di Baviera mise fuori legge gli Illuminati, allarmato da voci che davano la setta vicina all’Austria, che aveva mire di conquista sul ducato bavarese. Ma nel luglio 1785 un fulmine uccise sul colpo Jakob Lanz, nome in codice “Socrate” (gli Illuminati si davano nomi greci e romani per nascondere le proprie identità, e il loro organo di governo era chiamato Areopago come quello ateniese), mentre passeggiava con Weishaupt: nelle tasche interne le autorità rinvennero documenti altamente compromettenti, tra cui i nomi dei membri della setta che Lanz stava per incontrare. Come pensavano avessero fatto i Gesuiti, gli Illuminati avevano solo finto di sciogliersi, continuando in clandestinità i loro maneggi. La documentazione sequestrata a uno dei loro leader, Franz Xavier von Zwack, a Monaco, e subito fatta pubblicare con il titolo Alcuni scritti originali dell’Ordine degli Illuminati, provocò un’ondata di panico in tutta Europa e persino oltreoceano: George Washington in persona dovette smentire le voci insistenti di logge degli Illuminati che si sarebbero infiltrate nel nuovo governo degli Stati Uniti. 

“E se tutto ciò a cui abbiamo creduto finora non fosse che una menzogna, anzi meglio, il frutto di una cospirazione? Questo sospetto, che sembra essere diventato mainstream nel XXI secolo, è vecchio invece di almeno trecento anni”.

Il complottismo prese tuttavia forme diverse a seconda del credo religioso: a Berlino, per esempio, facevano ancora più paura i Gesuiti, e si sosteneva che dietro la massoneria continentale ci fossero loro, non gli Illuminati. I cattolici tedeschi ritenevano invece necessario ripristinare la Compagnia di Gesù come strumento per arginare il complotto di Weishaupt. Nel mentre, molte logge massoniche erano rimaste vittime di un mito di fondazione che faceva derivare la massoneria dai Templari e dai Rosa-Croce, cosicché per anni i massoni si misero spasmodicamente alla ricerca dei misteriosi Superiori Incogniti, i presunti veri leader della massoneria depositari delle conoscenze esoteriche a cui nemmeno i gran maestri avevano accesso. Il futuro re di Svezia Carlo di Sudermania e il duca Ferdinando di Brunswick, capi della massoneria detta di Stretta Osservanza, fedele al mito templare, e al contempo affiliati agli Illuminati, credettero a un certo punto di aver individuato nel pretendente al trono inglese, Carlo Edoardo Stuart, un esponente dei Superiori Incogniti, forse persino il vero capo della massoneria. Ma quando Carlo di Sudermania gli scrisse nella speranza di ricevere lumi sui veri scopi del loro ordine, lo Stuart cadde dalle nuvole e dovette ammettere di non sapere nulla di tutta quella storia. 

Questa ossessiva ricerca per i capi segreti della massoneria fece cadere molti dei suoi esponenti nelle truffe più imbarazzanti: una pletora di imbroglioni e ciarlatani riuscì a conquistare, tra agli Sessanta e Ottanta del XVIII secolo, le principali logge europee, dal conte di Saint-Germain all’illusionista Johann Georg Schröpfer, dal barone di Gugomos al conte Cagliostro. Tale clima di creduloneria in pieno secolo dei Lumi può sorprendere, ma è forse tanto distante da quello che viviamo oggi? Secolarismo e progresso scientifico da un lato, irrazionalismo e pseudoscienza dall’altro. Terreno fertile per il complottismo, perché proprio attraverso la demolizione delle incrollabili verità delle religioni rivelate si avverava la massima di Chateaubriand: “Si è molto vicini a credere a tutto quando non si crede a niente”. 

Lo dimostra il successo che il complottismo ottenne negli anni della Rivoluzione francese, quando la paranoia toccò i massimi livelli. Un ex massone come il barone von Starck, che anni prima aveva alimentato la leggenda della filiazione templare della massoneria, reagì alla notizia della presa della Bastiglia esclamando: “Ma questa è opera degli Illuminati!”. La setta di Weishaupt, in effetti, aveva coltivato ambizioni sovversive, passando dall’incredulità all’ateismo e da qui al radicalismo politico di stampo repubblicano. Sebbene non avesse affatto la forza necessaria per realizzare un complotto su larga scala, allo scoppio della Rivoluzione si cominciò a sostenere che dietro i Giacobini francesi si nascondessero proprio loro, gli Illuminati.

“Ecco gli uomini divenuti ciò che io volevo”

Iniziò il marchese di Luchet con il suo Essai sur la secte des Illuminès, pubblicato proprio nel 1789: le sue grottesche descrizioni dei rituali d’iniziazione degli Illuminati, piene di scheletri, tombe, fantasmi e uccisioni rituali, devono molto al gusto allora di moda del romanzo gotico, ma vennero prese sul serio da molti e anni dopo Alexandre Dumas le avrebbe riciclate per la scena di apertura del suo Giuseppe Balsamo (1853: Giuseppe Balsamo era il vero nome di Cagliostro), in cui immagina un sabba dei capi degli Illuminati vent’anni prima della Rivoluzione che promettono di rovesciare i troni di tutta Europa per realizzare la vendetta di Jacques de Molay, il Gran Maestro dei Templari che Filippo il Bello aveva fatto morire sul rogo quattrocento anni prima. A Roma scrittori e giornalisti papalini alimentarono la macchina complottista. La Rivoluzione era il frutto del complotto massonico, scriveva Luigi Cuccagni, direttore del «Giornale ecclesiastico di Roma», una macchinazione contro troni e altari che durava da secoli e che era stata portata avanti nelle varie epoche dai più svariati gruppi ereticali, dai manichei ai catari.

Queste commistioni avevano molto seguito  perché una volta postulata l’esistenza di un complotto, come non cedere alla tentazione di cercarne ovunque le prove? Le teorie del complotto soffrono di questa tendenza all’ipertrofia, partono con l’obiettivo di spiegare un evento ben preciso e poi rapidamente sconfinano, debordano, travalicano i limiti: tutto viene fatto rientrare in un più grande e perverso disegno, come è accaduto all’epoca del Covid con le teorie no-vax, rapidamente ricondotte a un più vasto complotto per il depopolamento e il governo mondiale. Ecco allora che nelle Masques arraches (“Le maschere strappate”) del 1791, il drammaturgo Alexandre-Louis-Bertrand Robineau fece rientrare nel complotto anche i Gesuiti, suggerendo che dopo la loro soppressione non avessero fatto altro che cambiar nome, assumendo quello di Illuminati (aveva allora ragione Knigge: l’anti-gesuita Weishaupt era in realtà un gesuita!).  Lo scritto anonimo Lo spirito del secolo XVIII scoperto agl’incauti (1790) buttò nel calderone anche giansenisti e filosofi illuministi. Le Proofs of a Conspiracy di John Robison fusero la leggenda nera gesuitica con i Giacobini, affermando che gli stuardisti e i Gesuiti avevano fondato la massoneria come organizzazione al servizio del pretendente al trono inglese e della curia romana. 

E poi arrivò Augustin Barruel, ex gesuita a sua volta, le cui Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme (1798-99) divennero il best-seller complottista dell’epoca (Eco lo definirà “un libro apparentemente storico che però si legge come un romanzo d’appendice”). Con straordinaria dote narrativa, attenzione ai dettagli e paziente raccolta di fonti e testimonianze, Barruel unì tutti i fili, “tutti i complotti delle Logge contro i Re, tutte le bestemmie di Weishaupt contro Dio, contro i Re, contro la Patria e la Società”. Attribuì la Rivoluzione francese ai giacobini che in realtà erano massoni, che in realtà erano Illuminati, che in realtà erano Templari, che in realtà erano membri della setta degli Assassini, che in realtà erano manichei. L’Unione Tedesca di Bahrdt, rivelava Barruel, era controllata da ventidue adepti provenienti dalle file degli Illuminati e in essa Cagliostro avrebbe ricevuto l’iniziazione e il compito di portare in Francia i loro ordini, infiltrando la massoneria controllata dal duca d’Orléans. Barruel arrivò a immaginare Weishaupt evocare, dal suo nascondiglio, lo spirito del Vecchio della Montagna, il capo della setta manichea degli Assassini, che a sua volta avrebbe evocato nientemeno che Satana in persona, il quale avrebbe così commentato compiaciuto l’esito del vasto e millenario complotto: “Ecco gli uomini divenuti ciò che io volevo”.

“Finiscono le novità, le sorprese, le rivelazioni”

Da allora quelle che il sociologo Michael Barkun ha chiamato “super-teorie del complotto” non hanno fatto altro che diffondersi e trasformarsi, sempre però tradendo la matrice originaria. Il “panico satanico” che si diffonderà a ondate nei paesi occidentali a cavallo del millennio, partendo dagli Stati Uniti negli anni Ottanta per arrivare in Italia tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, dimostra che il complottismo cambia volto ma in fondo cerca sempre gli stessi colpevoli. Gli Illuminati saranno ripescati a partire dagli anni Settanta nel sottobosco paranoico americano, assumendo nuove forme, dal Gruppo Bilderberg al World Economic Forum. I loro capi diventeranno nel corso del tempo Rotschild, Soros, Bill Gates. I massoni lasceranno gradualmente il posto agli ebrei, cosa che farà per primo lo stesso Barruel: un giorno un suo lettore, un sedicente militare sabaudo, il capitano Simonini, gli fece notare che al suo mirabile affresco mancava una tessera fondamentale, gli ebrei appunto. Era uno spunto interessante, tanto più che la Rivoluzione francese li aveva emancipati. E se, dopotutto, dietro l’intero complotto ci fossero in realtà proprio loro? Nella successiva edizione del 1803 Barruel aggiungerà una nota a piè di pagina: “Da quando ho scritto questa nota ho acquisito conoscenze ben altrimenti importanti sul ruolo degli ebrei nella massoneria”. Il resto è storia nota.

C’è però, in conclusione, qualche lezione da trarre. Quando Karl Friedrich Bahrdt iniziò a immaginare le trame degli Esseni dietro la storia di Gesù, era mosso da una motivazione molto prosaica: ai dogmi religiosi veniva attribuita, da più parti, l’arretratezza della società e della cultura europea, imprigionata nella morsa del moralismo e della superstizione, del bigottismo e del fanatismo. La Rivoluzione, in effetti, non sarebbe mai avvenuta se nel corso dei decenni le fondamente apparentemente granitiche dei troni e degli altari non fossero state erose da una letteratura polemica e scandalistica, che nelle teorie del complotto trovava uno strumento per insinuare il dubbio e il sospetto. Il complottismo, paradossalmente, se è vero che si alimenta nei momenti di mutamento e instabilità sociale, trova le sue ragioni nei momenti di stasi e immobilismo, perché viene usato come grimaldello contro i “poteri forti”. Questa forma degenerata e metastatizzante di coscienza politica è in qualche modo un motore del mutamento storico. Dobbiamo accettarla nella misura in cui è destinata ad accompagnare l’intera esperienza umana, la quale a un certo punto non può fare a meno di inventare qualche strana storia a cui credere, perché l’alternativa è decisamente peggiore. Così avrebbe rivelato il conte di Saint-Germain, ormai vecchio, durante una crociera sul Mar Rosso, nel Gog di Giovanni Papini (1931): “Il mondo è monotono, gli uomini non imparano nulla e ricascano a ogni generazione negli stessi errori ed orrori, gli avvenimenti non si ripetono ma si somigliano, quel che c’erano da sapere s’è avuto il tempo d’impararlo: finiscono le novità, le sorprese, le rivelazioni”.

Roberto Paura

Roberto Paura è giornalista scientifico e culturale. Dirige la rivista «Futuri» ed è vicedirettore di «Quaderni d’Altri Tempi».

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